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LIBANO. L’incredibile sito archeologico di Baalbek.

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Quello di Baalbek è uno dei siti archeologici più importanti presenti sul vasto spazio terrestre. Si trova nella fertile valle della Beqa in Libano, a circa 65 km ad est della capitale Beirut. Le monumentali rovine di Baalbek sono solitamente attribuite all’Impero Romano, poiché per un certo periodo esso vi stanziò e vi costruì alcuni importanti monumenti.
La storia di Baalbek però è molto più antica e abbraccia vicende che si susseguirono per più di 5.000 anni. Si sa ad esempio che nel 2.000 a.C. Baalbek era abitata dai Cananei, identificati dai greci come i Fenici, che costruirono vari monumenti tra cui un altare e un santuario dedicato al dio Baal. Baal era la divinità principale appunto dei Fenici ed una delle più importanti in assoluto di tutto il vicino Oriente antico. Esso era Dio della tempesta, dei tuoni, della fertilità e dell’agricoltura. Era anche il signore indiscusso della Valle della Beqa, che è ancor oggi una delle principali zone di agricoltura di tutto il Libano. I Cananei erano soliti dedicare a Baal rituali di vario genere come anche sacrifici, per aggiudicarsi i favori del dio, poiché era comune convinzione che in questo modo Baal avrebbe inviato nella zona con continuità abbondanti piogge in modo da rendere fertile e rigogliosa la valle stessa.
baalbekNel 334 a.C. Alessandro Magno, noto anche come “Alessandro il Grande”, conquistò Baalbek ed iniziò il processo di ellenizzazione dell’area. Dopo la morte di Alessandro Magno furono i Tolomei d’Egitto ad occupare Baalbek e ribattezzarla col nome di Heliopolis, “la Città del Sole”.
Furono proprio i Tolomei ad identificare il dio Baal con il dio egizio Ra e il dio solare Helios, creando così una forma ibrida di culto del dio Giove, conosciuto in quel periodo come “Giove Eliopolitano”.
I Tolomei costruirono anche un importante tempio al cui all’interno veniva ospitato un santuario in cui si facevano oracoli a scopo di divinazione. Durante l’epoca ellenica fu costruito anche un podio che doveva ospitare un altro piccolo tempio che però non venne mai portato a termine. Fu in epoca romana infine che Baalbek raggiunse il suo massimo splendore.
Nel 47 a.C. Giulio Cesare si stabilì nella città e ordinò la costruzione di tre grandiosi templi che furono eretti in onore delle principali divinità del “Pantheon” romano, ovvero Giove (Dio del cielo e del tuono), Bacco (Dio dell’agricoltura e del vino) e Venere (Dea dell’amore e della bellezza). Non troppo lontano dalla città, sulla cima di una collina, fu installato un piccolo tempio in onore del Dio Mercurio, divinità molto cara ai Romani.
baalbekUno dei più grandi misteri del sito di Baalbek riguarda le fondamenta che servirono d’appoggio al monumento principale, il “Tempio di Giove”. Questo elegante e sofisticato tempio poggia infatti su un colossale terrazzamento di circa 465.000 metri quadri, costituito da tre mastodontici blocchi di pietra che misurano 5 metri di altezza, 20 metri di lunghezza, 3,6 di larghezza e dal peso superiore alle 800 tonnellate ciascuno.
Lo strato di supporto in pietra presenta sotto ai tre megaliti è costituito anch’esso da un elevato numero di blocchi dal peso di 350 tonnellate ciascuno e larghi oltre 11 metri. Questi impressionanti megaliti, tagliati e squadrati in un modo che non trova spiegazioni logiche nemmeno oggi, sono stati posti ad un’altezza di oltre 10 metri. Nonostante l’immane dimensione, sono stati lavorati ed uniti l’uno accanto all’altro all’interno del basamento su cui è stato eretto il tempio di Giove con un livello di precisione tecnologica così alta che, se non fosse per la presenza visibile dei tagli della pietra, sarebbe quasi impossibile distinguere la fine di un blocco e l’inizio di un altro.
Il terrazzamento conosciuto come “Trilithon” è probabilmente opera di una civiltà dalle avanzatissime capacità tecnologiche in campo edilizio, la quale anticipò di svariati millenni i successivi stanziamenti operati dalle altre culture che costruirono anch’esse i loro monumenti nel sito, così come precedette di svariati millenni anche la costruzione dei templi (seppure anch’essi di grande impatto) costruiti dai Romani.
È noto in primo luogo che i Romani non erano assolutamente dotati di attrezzature tali da poter tagliare, spostare, alzare e assemblare pietre da 800 e più tonnellate ciascuna. In secondo luogo, è ampiamente riconosciuto che questo grande impero nella sua millenaria storia (che a noi è ben nota per altri e familiari motivi) non costruì mai architetture megalitiche in nessuna parte del mondo.
baalbekI più grandi “misteri” di Baalbek però riguardano senza ombra di dubbio tre impressionanti blocchi di pietra che furono scoperti nei pressi del sito a più riprese nel corso del tempo. Uno di questi è il famosissimo blocco di pietra lavorato e squadrato che si trova ancora parzialmente attaccato ad una cava di calcare, dove fu abbandonato a 1 km. di distanza dal tempio di Heliopolis, diverse migliaia di anni fa. Questo gigantesco blocco, la cui lunghezza è di 22 metri e il cui peso è all’incirca di 1000 tonnellate (ci sono stime molto differenti tra di esse che vanno dalle 1.000 alle 2.000 tonnellate, ma di sicuro si tratta di qualcosa di mostruosamente pesante) viene comunemente chiamato dagli estimatori occidentali “Monolito di Baalbek”, mentre per le popolazioni di lingua araba essa è “Hajjar el-Houble”, ovvero “La roccia della partoriente”, ed è sicuramente uno tra i più grandi blocchi di pietra che siano mai stati lavorati nella storia della Terra.
Nel 1990, in uno scavo archeologico condotto nella stessa cava, fu rinvenuto un secondo monolite dalla forma perfettamente rettangolare, e con un peso stimato di 1.242 tonnellate, così da renderlo addirittura più pesante della già impressionante “Roccia della partoriente”. Ma quello che ha lasciato sbigottiti e increduli i ricercatori e più in generale gli osservatori di tutto il mondo è senza dubbio il terzo monolite ritrovato in ordine cronologico ma non di importanza, rinvenuto nell’estate del 2014 grazie ad una spedizione archeologica voluta e organizzata dal dipartimento di orientalistica del “Deutsches Archäologisches Institute”: questo sensazionale e smisurato reperto chiamato “La Pietra di Janeen” è lungo 20 metri, largo 6 e profondo 5 metri, dal peso incredibile di 1.665 tonnellate, ed è ad oggi, per quanto ne sappiamo, il più grande blocco di pietra esistente sulla faccia della Terra. Purtroppo la divulgazione scientifica e la storiografia ufficiale non sapendo come manipolare questo ed altri scomodi reperti hanno affibbiato loro il termine di “misteri”, un’operazione sicuramente abile ed astuta ma certamente alquanto scorretta. La presenza dei megaliti di Baalbek, così come quella di moltissime altre opere architettoniche sparse in ogni punto del pianeta, sono un mistero soltanto per chi vuole ritenerli tali, ma in realtà la presenza di reperti storici realizzati con una tecnologia avanzata millenni prima dell’era cosiddetta “moderna” non è affatto un mistero, bensì la prova reale e tangibile dell’esistenza di avanzatissime società antidiluviane che abitarono la Terra millenni prima della comparsa delle nostre culture perfino le più antiche. Una realtà tenacemente negata e taciuta dalla storiografia ufficiale che come al solito cerca di occultare, mistificare, nascondere, interpretare e falsificare (vedere le tante false attribuzioni illogiche operate dall’Accademia stessa) per mantenere a tutti i costi a galla alcuni dogmi che si dimostrano più filosofici che scientifici ma razionalmente nonché materialmente infondati, costruiti a tavolino nel lontano Settecento senza però sottoporli alla necessaria verifica che non può essere divisa dalla dura e faticosa ricerca sul campo. Il risultato è che i dati di realtà – storici, archeologici, della tradizione letteraria e della stessa esperienza dei siti di monumenti – sconfessano quella stessa faticosa costruzione storiografica. Insomma, se la realtà smentisce clamorosamente la ricostruzione storica qualcosa di strano ci dev’essere.

Autore: Giuseppe Di Re

Fonte: www.immagineperduta.it, 25 mar 2017

Vedi anche il filmato: Baalbekhttps://www.youtube.com/watch?v=X68piYCpsHA
ed anche: https://www.youtube.com/watch?v=KjsmaZi1ErU
ed anche “Risolto uno dei maggiori enigmi legati al colossale Tempio di Giove a Baalbek”https://www.adnkronos.com/archeologia-risolto-lenigma-del-tempio-di-baalbek_5XRh8HZdNA4u1I06BHrkxe
che riporta:

Si tratta di un tempio famoso in tutto il mondo per le sue dimensioni e la sua architettura megalitica ma numerosi misteri ancora lo avvolgono. Oggi però grazie ad uno studioso italiano, è stato risolto il mistero, uno dei più grandi legati all’antichissimo edificio, che riguarda la posa delle sue fondamenta e la datazione precisa delle fasi di costruzione.
baalbekI romani sicuramente eressero le 12 mastodontiche colonne nel 60 d.C. circa, ma chi posò le massicce pietre delle fondamenta? Giulio Magli, professore di Archeoastronomia al Politecnico di Milano, nel suo studio pubblicato nel volume scientifico Archaeoastronomy in the Roman World data anche la fase megalitica agli architetti erodiani, risolvendo così l’enigma delle fondamenta megalitiche del Tempio.
Magli giunge alle sue conclusioni grazie all’archeoastronomia. Nel suo studio, l’archeoastronomo del Politecnico di Milano rileva infatti come “il Tempio di Giove sia orientato verso il levare delle Pleiadi, un gruppo di stelle legato alla fertilità e al rinnovamento nel mondo greco-ellenistico: una scelta di orientamento che sarebbe insolita per un architetto romano”.
Magli evidenzia che ci sono chiare analogie architettoniche con le fondamenta erodiane del Monte del Tempio di Gerusalemme, visibili nel cosiddetto tunnel occidentale e formate da giganteschi blocchi di pietra molto simili a quelli della parte intermedia di Baalbek. Erode il Grande è una figura storica alquanto controversa. Tuttavia, la sua fama di grande costruttore è indiscussa e sembra proprio che sia possibile attribuire un altro capolavoro – oltre al Monte del Tempio, Masada e Herodion – alla lista delle sue realizzazioni architettoniche” evidenzia l’archeoastronomo.
Lo studioso del Politecnico di Milano spiega che l’edificio del Tempio di Giove a Baalbek “consiste in un enorme basamento circondato da un muro ancora più enorme. La progettazione di tale muro è impressionante: esso consiste nella sovrapposizione di blocchi di pietra sempre più grandi man mano che si sale. Giganteschi megaliti (di circa 500 tonnellate ciascuno) sostengono la parte superiore, costituita da blocchi ancora più incredibili (circa 4x4x20 metri e 1000 tonnellate). Altri enormi blocchi di pietra sono stati inoltre rinvenuti in una cava a poche centinaia di metri a sud-est”.
Il Politecnico di Milano ricorda che alcuni anni fa Andreas J. M. Kropp e Daniel Lohmann ipotizzarono che il basamento interno fosse stato inizialmente concepito e parzialmente costruito da Erode il Grande nel 15 a.C. circa. L’area, “non era sotto il diretto controllo di Erode, ma quest’ultimo era un amico dei romani che fondarono la colonia Berytus (Beirut) proprio in quegli anni”,tuttavia, Kropp e Lohmann non sciolsero il mistero” delle fondamenta megalitiche del Tempio. Un enigma, annuncia il PoliMi, risolto adesso dall’italiano Giulio Magli.

Fonte: www.adnkronos.com, 22 mag 2019

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