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ROMA. Ponte scomparso all’EUR: demoliti non 1 ma 3 ponti, uno imperiale, uno medioevale e uno di cemento.

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Non si dirada, ma infittisce la nebbia attorno al caso del ‘ponte scomparso’ all’Eur-Castellaccio visto che il ponte demolito non è uno – come affermato da il Caffè di Roma in una recente inchiesta – ma sono tre.
In particolare il primo di essi, quello principale, situato sul fosso dell’Acquacetosa, a due passi dalla nuova sede della provincia (ora oggetto della clamorosa indagine della Corte dei Conti), di epoca imperiale, costruito da Marco Aurelio nel 177 d.C., su cui pendeva un vincolo puntuale della Soprintendenza Speciale Archeologica di Roma (DDR 12 gennaio 2016). Le spallette (ossia il basamento del ponte) erano ancora quelle originali, rinforzate successivamente, tanto da venir ancora attraversato da pedoni, bici, auto e mezzi pesanti: è stato completamente demolito, gettato in discarica e ora ‘sostituito’ da una ciclopedonale. Altri due ponti sono ‘scomparsi’ invece sul vicino fosso di Vallerano; uno di cemento armato e l’altro, probabilmente medioevale, indicato tra le carte come “manufatto desueto”, di epoca incerta, ma costruito con tecnologia romana (arco a tutto sesto e mattoncini): entrambi demoliti, trasportati in discarica e mai sostituiti da infrastrutture alternative.
ponteQuesto è quanto si legge nelle carte timbrate, protocollate e approvate da Regione Lazio, Comune di Roma, Soprintendenza Archeologica Speciale di Roma e da altri Enti pubblici ‘minori’ (ma con la totale estromissione del IX Municipio) a seguito di apposita Conferenza dei Servizi, il tavolo inter-istituzionale deputato ad approvare progetti di questa natura, il 3 ottobre 2018. Carte che smentiscono clamorosamente quanto sostenuto a mezzo stampa, forse in maniera un po’ superficiale, da un archeologo che sostiene di essere il delegato per il IX Municipio di Roma (ossia che il ponte imperiale sarebbe stato interrato): il Municipio e il suo presunto delegato in tal caso avrebbero preso parola decisamente troppo tardi. Del resto, l’eventuale interramento conservativo di un ponte imperiale per di più vincolato come quello che sorgeva sul fosse dell’Acquacetosa, avrebbe dovuto essere autorizzato a caratteri cubitali dagli Enti pubblici in Conferenza dei Servizi, Enti che invece hanno fatto sparire dal carteggio della Conferenza ogni traccia del ponte, del vincolo e della sua successiva demolizione.
Tutti e tre i ponti, come accennato poco fa, son stati demoliti, sia le parti in cemento armato che, purtroppo, quelle in antica muratura romana e medioevale. Del resto, le carte che il nostro giornale ha potuto visionare in esclusiva, parlano fin troppo chiaro. Rispetto al ponte imperiale vincolato sul fosso dell’Acquacetosa si legge: “demolizione totale delle strutture in muratura di qualsiasi genere, forma e spessore, sia per la parte interrata che fuori terra (per qualsiasi altezza), eseguita con mezzi meccanici e con intervento manuale dove occorre. Compresa la demolizione di eventuali parti di struttura in cemento armato (esempio, travi e solette) e rimozione eventuale di profilati in acciaio. Incluso il carico, il trasporto ed oneri per il conferimento in discarica controllata del materiale di risulta”. Costo dell’operazione di demolizione e smaltimento in discarica? “11mila e 418 euro”. Stessa cosa per i due ponti sul fosso di Vallerano, ma costo più alto: “37mila e 156 €”. Totale? 48mila e 574 € di spesa.
Non uno, quindi, ma tre ponti demoliti e smaltiti in discarica, tra l’altro non nell’ambito del programma immobiliare Europarco del Gruppo Parnasi su terreni di proprietà BNL – su cui si è straparlato ampiamente anche sulla stampa – ma del progetto di “mitigazione del rischio idraulico dell’area Eur-Castellaccio-Europarco”, che è tutt’altra cosa. Un progetto, quest’ultimo, che aveva solo lo scopo di rendere agibili e collaudabili alcuni uffici costruiti da Parnasi e poi affittati all’Eni; il fine di questo progetto era quindi quello di abbassare il rischio di allagamento che incombe sulla zona Castellaccio, classificata come R4, il livello più alto previsto dalla legge, visto che vi scorrono due importanti affluenti del Tevere, i due fossi di Vallerano e Acquacetosa, e definita nelle carte “valle di rigurgito del Tevere”. Progetto collegato anche a quello del nuovo stadio della Roma, visto che Tor di Valle si trova a poche centinaia di metri di distanza, per questo c’è forse tanta agitazione, soprattutto tra politici e tecnici dell’ultima ora. La domanda però a questo punto sorge spontanea: l’iscrizione epigrafica che ci permette di attribuire il ponte sul fosso dell’Acquacetosa all’imperatore Marco Aurelio e di datarlo al 177 d.C che fine ha fatto? È forse finita in discarica anche lei?
Autore: Daniele Castri – Fonte: www.ilcaffediroma.it, 21 lug 2020

Ponte d’epoca imperiale sparito: parte la mobilitazione dei cittadini.
La demolizione dei tre antichi ponti romani all’Eur sta creando grossi imbarazzi alle Istituzioni e notevole sdegno tra i cittadini. Sulla notizia diffusa dal nostro giornale, documenti alla mano, ora arriva la mobilitazione civica, con tanto di azione presso l’autorità giudiziaria. Fatti che hanno dell’incredibile, ma che Il Caffè ha potuto appurare studiando i relativi atti ufficiali con una inchiesta giornalistica.
ponteA prendere di petto l’assurda questione è ora l’associazione di protezione ambientale “Gruppo di Intervento Giuridico Onlus”, che definisce “sciagurata” la vicenda e domanda: “Che fine avrebbero fatto i pezzi del ponte romano demolito? Saranno finiti forse in qualche giardino di qualche villa esclusiva?”. La Onlus annuncia una specifica istanza di accesso civico per conoscere in particolare le carte dell’iter che ha portato all’abbattimento del ponte sul Fosso del’Acqua Acetosa.
Un’opera costruita nel 177 dopo Cristo sotto l’imperatore Marco Aurelio. I cittadini chiedono inoltre puntuali informazioni ambientali e opportuni provvedimenti al Ministero per i beni e attività culturali e il turismo, alla Regione Lazio, al Comune di Roma Capitale, informando per gli aspetti d’interesse la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma. L’antico ponte d’epoca imperiale era tutelato da un vincolo puntuale della Soprintendenza Speciale Archeologica di Roma (DDR 12 gennaio 2016). Oltre ad esso, l’inchiesta del Caffè ha scoperto altri due ponti ‘scomparsi’ sul fosso di Vallerano, vicino a quello dell’Acquacetosa, nei pressi dell’Eur, uno di cemento armato e l’altro probabilmente di epoca medioevale.
Autore: Francesco Buda – Fonte: www.ilcaffediroma.it, 21 lug 2020

Ponte imperiale sparito.
Quando era in piedi e funzionante nessuno in certi uffici sembrava averlo a cuore. Fa più notizia ora che è sparito. La demolizione del ponte in zona Eur con oltre 1800 anni di storia sarà affrontata ufficialmente in Campidoglio per capire com’è andata e come sia stato possibile. E non in un organismo tra i tanti, ma sul tavolo della Commissione trasparenza, e con la massima solerzia. Lo annuncia il consigliere comunale Francesco Figliomeni che è anche il numero due del parlamentino della Città Eterna, nella veste di vice presidente dell’Assemblea Capitolina.
Scoperta e raccontata dal Caffè di Roma nei giorni scorsi, la vicenda ha dell’incredibile: è letteralmente scomparso nel giro di poche ore il ponte costruito sotto l’imperatore Marco Aurelio e che fino a poco tempo fa era ancora perfettamente in piedi e utilizzato sul Fosso dell’Acquacetosa. L’antico manufatto dall’area vincolata e di particolare pregio è così passato direttamente in discarica, come Il Caffè di Roma ha documentato.
ponte«Abbiamo richiesto una seduta di commissione trasparenza urgentissima – fa sapere il Consigliere Figliomeni – per acquisire tutto il carteggio e scoprire nel dettaglio cosa abbia portato all’abbattimento dell’antichissimo ponte imperiale risalente al 177 dopo Cristo che si trovava in località Decimo-Castellaccio nel quartiere Eur-Torrino. Ponte del II secolo dopo Cristo su cui pendevano diversi vincoli di vari Enti oltre quello della Soprintendenza di Stato, a parte quello archeologico anche l’altissimo rischio idrogeologico, e che sembra si siano volatilizzati nel nulla dopo la richiesta del potentissimo gruppo bancario BNP Paribas».
La vicenda ha i contorni di un giallo e non solo la Procura della Repubblica ma anche lo stesso Figliomeni è deciso ad andare fino in fondo e aggiunge: «Con la commissione e l’audizione di tutti i soggetti pubblici interessati, che purtroppo temiamo siano stati gravemente silenti e ciechi, cercheremo di capire le motivazioni che hanno portato al rilascio delle autorizzazioni per il progetto edilizio e che fine abbiano fatto i pezzi del pregiatissimo ponte abbattuto. Non vorremmo che ci fossero stati favoritismi perché non comprendiamo questo iter amministrativo “particolare” quando invece al semplice cittadino per conficcare un chiodo a casa viene richiesto di esibire montagne di carte. E ovviamente siamo pronti a denunciare alla magistratura eventuali illegittimità”. Il progetto edilizio citato sarebbe una pista ciclabile, che finora non è mai arrivata.
Autore: Francesco Buda – Fonte: www.ilcaffediroma.it, 22 lug 2020

Ponte scomparso all’Eur-Castellaccio: cancellati 3 vincoli archeologici dal Piano paesaggistico del Lazio.
Tre ponti demoliti in zona Eur-Castellaccio e poi gettati in discarica al costo di 48mila euro per rendere agibili e collaudabili alcuni uffici costruiti dal Gruppo immobiliare Parnasi su terreni di proprietà Bnl e poi affittati ad Eni, come documentato da una recente inchiesta de il Caffè di Roma. Ma anche tre vincoli puntuali di carattere storico-archeologico presenti in quella stessa zona, già inseriti nella mappa ufficiale del Piano Territoriale Paesistico Regionale del Lazio (P.T.P.R.) del 2016, ‘scomparsi’ anche essi, eliminati dalla versione del Piano regionale pubblicata a febbraio 2020, tecnicamente “rettificati”, ossia cancellati per sempre, così si legge nelle carte che il nostro giornale ha potuto visionare.
ponteIn particolare il primo vincolo si trovava proprio nei pressi dell’area del ponte romano che permetteva di attraversare il fosso dell’Acquacetosa: ora le tutele archeologiche; in sostanza fino a quel momento non era possibile mettere mano a quell’area, tantomeno avviare un cantiere. Un altro vincolo, il secondo, si trovava poco più in alto… Infine il terzo ed ultimo vincolo misteriosamente ‘scomparso’, tutelava un tratto dell’antica via Laurentina che transitava proprio in quella stessa zona, ora è svanito nel nulla. L’unico vincolo storico-archeologico rimasto in vigore all’Eur – Castellaccio è quello contrassegnato dal nome in codice “trp 624” che è stato mantenuto anche nella versione di PTPR Lazio entrata in vigore a febbraio 2020. Di questi vincoli puntuali non c’è però alcuna traccia nel carteggio ufficiale della Conferenza dei Servizi, ossia del tavolo inter istituzionale a cui hanno partecipato Regione Lazio, Comune di Roma, Sopraintendenza Archeologica Speciale di Roma (ma con la totale estromissione del IX Municipio) che ha dato il via ai lavori di innalzamento di un argine dei due fossi di Vallerano e Acquacetosa, e quindi anche di demolizione dei 3 ponti che li attraversavano, che si è conclusa il 3 ottobre 2018.
Dopo aver trovato il ‘cadavere’, ossia le tracce documentali dei 3 ponti demoliti e gettati in discarica, ora il Caffè di Roma ha trovato anche la ‘pistola fumante’, ossia l’area precisa sottoposta a vincolo e misteriosamente dissolta nel nulla: quella, come indicato poco fa, segnalata nella cartografia ufficiale regionale del Lazio come “trp 625”. Nessuna traccia di ulteriori vincoli puntuali storico-archeologici nell’area vasta circostante, come si può vedere dalla mappa in foto 1. Sotta la nuova sede della Provincia di Roma transitava certo un tratto della antica via Laurentina, oggi visibile almeno parzialmente nei pressi dell’androne di ingresso dell’Ente. L’inchiesta completa sul prossimo numero de il Caffè di Roma in distribuzione dal 30 luglio.
Autore: Daniele Castri – Fonte: www.ilcaffediroma.it, 23 lug 2020

Mistero del Ponte scomparso all’Eur: Italia Nostra chiede le carte a Soprintendenza, Regione e Comune.
Sul caso del ‘ponte scomparso’ all’Eur località Castellaccio – la recente inchiesta lanciata a inizio luglio da il Caffè di Roma – è intervenuta la nota associazione ‘Italia Nostra sezione di Roma’ che in un lungo e dettagliato comunicato stampa si dichiara “sconcertata dalle notizie di stampa di questi giorni in merito ai lavori compiuti in zona Castellaccio, nell’area di Roma a sud dell’EUR, per la realizzazione del c.d. Europarco di Parnasi. La nostra associazione ha quindi deciso di scrivere alla Soprintendenza, alla Regione Lazio e al Comune di Roma per richiedere la documentazione ufficiale che consenta di ricostruire con certezza l’accaduto e comprendere dove siano finiti i reperti individuati nella zona solcata dall’antica via Laurentina e i ponti romani che ne permettevano il transito superando il Fosso di Acqua Acetosa Ostiense. Tutta l’area è infatti costellata di ritrovamenti archeologici che hanno meritato importanti studi scientifici e perfino un nuovo vincolo dichiarato nel 2016 da parte del Ministero dei BBCC.
Nello specifico è necessario che sia chiarito definitivamente il mistero che avvolge la fine del ponte romano che Marcus Aurelius faecit nel 177 d.C. e degli altri due ponti similari, seppur di epoca successiva, che sorgevano sul ricco reticolo stradale afferente alla via Laurentina nella zona delle preesistenze archeologiche. Che fine hanno fatto?
ponteGli ultimi lavori edilizi nella zona sono quelli relativi alla messa in sicurezza del Fosso di Vallerano, con l’innalzamento dei relativi argini. Merita dunque attenzione anche il fatto che la messa in sicurezza del Fosso di Vallerano è una delle condizioni per l’edificazione del Business Park con annesso Stadio c.d. della Roma nell’ansa alluvionale di Tor di Valle: all’inizio della relativa chilometrica conferenza dei servizi, dalla quale il progetto è uscito accompagnato da altrettanto chilometriche prescrizioni, per quei lavori la Soprintendenza aveva preannunciato la necessità di visionare preliminarmente e autorizzare il progetto esecutivo per la realizzazione dei nuovi argini, dato che essi avrebbero potuto risultare molto invadenti nell’ambito paesaggistico e interferire con le preesistenze storiche. Ci si chiede allora quale ruolo abbia avuto la Soprintendenza per la salvaguardia e la valorizzazione dei beni archeologici dell’area del Castellaccio, di grande rilevanza storico-documentale, in una zona piena di vincoli paesaggistici e vincolati essi stessi: patrimonio della Nazione ai sensi dell’art. 9 della Costituzione, come tutti quelli per la cui tutela Italia Nostra, in ottemperanza alla propria storica mission, è spesso costretta a rivolgersi alla Magistratura.
Tante (troppe) vestigia monumentali e archeologiche talvolta scompaiono infatti nell’ambito di interventi edilizi, come in un perverso gioco delle tre carte. E ciò a Roma accade anche a causa dell’impossibilità di consultazione e applicazione della c.d. Carta dei Vincoli esistenti sul territorio di Roma, essenziale documentazione che è prevista dalle norme sovraordinate al Piano Regolatore e che Italia Nostra Roma ha richiesto più volte agli Uffici urbanistici capitolini – finora inascoltata – che sia completata e utilizzata a norma di legge.
Non è accettabile che dei vincoli non si tenga conto, che scompaiano e con essi i beni da tutelare.
Italia Nostra Roma non vorrebbe che questa del Castellaccio sia stato dunque l’ultimo danno e l’ennesima occasione mancata per realizzare un vero parco archeologico nella zona sud di Roma, in grado di spiegare a tutti i cittadini romani il passato della
Autore:Daniele Castri – Fonte: www.ilcaffediroma.it, 27 lug 2020

Mistero del ponte scomparso all’Eur-Castellaccio, demoliti non 1 ma 4 ponti.
Il caso del ‘ponte scomparso’ a Roma località Eur-Castellaccio – scoperto da il Caffè di Roma a inizio luglio – si delinea sempre di più come uno scandalo. Il ponte di epoca imperiale che attraversava il fosso dell’Acquacetosa, costruito da Marco Aurelio nel 177 d.C., dopo i lavori eseguiti in zona risulta ‘scomparso’ nonostante i numerosi vincoli che lo tutelavano. Ma le nostre inchieste hanno scoperto sviluppi ancora più clamorosi. È ‘sparito’ anche un secondo ponte, situato poco distante e anche lui salvaguardato da un vincolo, costruito durante il Ventennio da Benito Mussolini, quindi d’epoca moderna. Risultano ‘smarriti’, inoltre, anche altri due ponti che attraversavano il vicino fosso di Vallerano: uno recente di cemento armato e l’altro, probabilmente medioevale, indicato tra le carte come “manufatto desueto”, di epoca incerta. Tutti e quattro i ponti, secondo le carte in nostro possesso, risultano demoliti e gettati in discarica al costo di oltre 48mila euro.
La demolizione dei ponti è stata richiesta il 17 maggio 2017 dalla società BNP-Paribas e concessa dalla Regione Lazio il 3 ottobre 2018, dopo una apposita Conferenza dei Servizi, il tavolo istituzionale deputato a concedere il via libera a progetti di questo tipo, col parere positivo del Campidoglio, della Soprintendenza Archeologica Speciale di Roma e di altri Enti pubblici ‘minori’. Lo scopo del progetto era di rendere agibili e collaudabili i nuovi palazzoni costruiti dal Gruppo immobiliare Parnasi su terreni BNP-Paribas poi affittati all’Eni. Operazione bloccata dal grave rischio di allagamento che incombe sull’intera area sottoposta al regime di ‘rischio idraulico 4’, così si dice in gergo tecnico, il livello massimo previsto dalla legge. Il declassamento idrogeologico costituisce una procedura burocratica e tecnica molto complessa. Gli enti, anziché imporre a BNP-Paribas e Parnasi la costruzione di opere ingegneristiche molto costose, avrebbero preferito chiudere un occhio permettendo ai proponenti di cavarsela con un semplice innalzamento di un solo argine dei due fossi che attraversano la valle del Castellaccio, Acquacetosa e Vallerano, due affluenti del Tevere, con buona pace dei quattro ponti. L’allora Soprintendente di Roma, Francesco Prosperetti, nel parere del 10 ottobre 2017 ha imposto al costruttore approfonditi “sondaggi archeologici”. Dopo una settimana, nel secondo parere, sparisce qualsiasi riferimento alle importantissime preesistenze archeologiche e ai vincoli che incombevano sulla zona. Gli altri enti e le colleghe della Soprintendenza che hanno controfirmato con lui i due pareri, Anna Buccellato e Lisa Lambusier, non si sono accorti di questa macroscopica contraddizione? Pare di no. A novembre 2019 Prosperetti, indagato nel processo penale sul nuovo stadio della Roma – l’area di Tor di Valle si trova ad un tiro di schioppo da Castellaccio -, è stato rinviato a giudizio insieme a Luca Parnasi, il potente costruttore romano, a Marcello De Vito, presidente del Consiglio comunale di Roma, e ad altri 10 politici regionali e tecnici. Sull’abbattimento dei ponti sono tre le questioni che andrebbero chiarite e anche alla svelta.
Prima questione: sulla zona dell’Eur-Castellaccio pendevano tre vincoli archeologici registrati nella cartografia ufficiale del Piano Territoriale Paesistico Regionale del Lazio del 2016 (conosciuto anche come P.T.P.R., il Piano che raccoglie tutte le norme urbanistiche vigenti sul territorio), ma sono ‘scomparsi’ anche essi, esattamente come i ponti, eliminati dalla versione del Piano regionale pubblicata a febbraio 2020.
Il primo vincolo si trovava proprio sull’area del ponte imperiale romano: ora le tutele archeologiche non ci sono più, ma sono state in vigore fino a febbraio 2020 incluso.
Il secondo vincolo si trovava poco distante.
Il terzo salvaguardava un intero tratto dell’antica via Laurentina che transitava tra il fosso dell’Acquacetosa e Vallerano.
In corrispondenza dell’area tutelata dal primo dei tre vincoli regionali, insisteva anche un altro vincolo in vigore dal lontano 1981, inserito nella Carta dell’Agro Romano, una sorta di ‘Bibbia’ del settore archeologico, che segnalava la presenza di un ponte di valore.
Infine, in epoca più recente, l’intera area dell’Eur-Castellaccio era stata tutelata anche da un vincolo istituito proprio dalla Soprintendenza Archeologica Speciale di Roma con il decreto denominato ‘DDR 12 gennaio 2016’, richiesto dal Soprintendete Prosperetti e dal funzionario responsabile, Anna Buccellato, e controfirmato da Daniela Porro, attuale Soprintendente di Roma, allora ‘solo’ Presidente della Commissione regionale deputata a controfirmare le richieste di questo tipo.
Tutti questi vincoli, anche e soprattutto quello della Soprintendenza, sono letteralmente ‘scomparsi’ dal carteggio della Conferenza dei Servizi, il tavolo regionale di ottobre 2018 che ha autorizzato la demolizione dei quattro ponti.
Seconda questione: i rappresentanti dello Stato non si sono accorti prima di tali contraddizioni e continuano a tergiversare anche ora. Rocco Bochicchio – delegato della Soprintendenza Archeologica per il IX Municipio – ha sostenuto in un articolo giornalistico che il ponte imperiale di Marco Aurelio sarebbe stato interrato a scopo conservativo, ma non ha indicato il luogo preciso (eppure l’archeologia si basa su ricerche puntuali eseguite in ‘punta di pennello’), ma soprattutto si è dimenticato di spiegare che fine abbia fatto la pregiatissima epigrafe che riporta (a caratteri cubitali!) su una grossa stele in travertino il nome dell’imperatore che ha fatto costruire il ponte romano, Marco Aurelio, e che ci permette di definirne la data di costruzione, il 177 d.C. Una versione, quella di Bochicchio, che in sostanza combacia con quella raccontata da Dario D’Innocenti, presidente del IX Municipio, in Consiglio municipale, anche se D’Innocenti si è forse cautelato preannunciando sempre in Consiglio di aver comunque inviato alla Soprintendenza una nota formale per chiedere ogni più “opportuno chiarimento” su quanto accaduto. Interrogata dalla Commissione Cultura municipale del IX, Carmela Lalli, assessora alla Cultura e dal 2002 collaboratrice della Soprintendenza stessa, ha prima consigliato alla Commissione di fare un accesso agli atti alla Soprintendenza per reperire tutta la documentazione tecnica, scientifica e amministrativa sul ponte ‘scomparso’ per capire quanto accaduto, poi sui suoi profili social ha sottolineato che il ponte si “trova dove è sempre stato, reinterrato per tutelarlo”: e l’epigrafe su grossa stele di travertino? Nessuna notizia, ‘scomparsa’. Daniela Porro, attuale Soprintendente di Roma, ci ha fornito copia del vincolo ma non degli allegati fotografici, ossia le foto del ponte imperiale, dell’epigrafe su grossa stele di travertino e del ponte di Mussolini. Sarebbe utile avere il suo parere per fare finalmente luce su tale e oscura vicenda, ma al momento non siamo ancora riusciti a intervistarla.
Terza questione: Roma è la città della storia e dell’archeologia, ma ancora più dei musei. Nella città eterna ve ne sono circa 200, tra i quali 12 musei archeologici e 10 musei dedicati all’epoca moderna. Ci chiediamo dunque: perché l’antico ponte imperiale, la grossa stele in travertino contenente l’epigrafe e il ponte costruito da Benito Mussolini non sono stati esposti in un museo e mostrati agli studenti, ai cittadini, ai turisti di tutto il mondo come si fa per reperti di questa importanza? Se, come sostiene l’archeologo Bochicchio delegato per la Soprintendenza del IX Municipio, il ponte e l’epigrafe imperiale sono stati davvero interrati perché non vengono subito dissotterrati e portati in uno dei tanti musei di Roma? A noi non resta che insistere su una precisa richiesta: potete fornirci copia degli allegati fotografici, ivi compresa della pregiatissima epigrafe su grossa stele di travertino per mostrarli ai lettori? Non sappiamo se e quando di questa brutta vicenda si occuperà la magistratura, ma intanto abbiamo posto queste semplici domande al Ministro dei Beni Culturali, Dario Franceschini, e alla Soprintendente Porro, perché vogliamo solo fare chiarezza, senza alcuna volontà di mettere in difficoltà chi è coinvolto in questa storia, ma col solo scopo di informare i cittadini. Restiamo in attesa di una loro cortese risposta.
Sul caso dei ponti ‘scomparsi’ sta indagando anche l’associazione Italia Nostra, sezione Roma, che ha inviato una richiesta di accesso agli atti a Soprintenenza, Regione e Comune di Roma e chiesto di conoscere la destinazione finale di tutti i reperti archeologici rinvenuti in zona Eur-Castellaccio. Infine, il consigliere capitolino Francesco Figliomeni (FDI) ha chiesto la convocazione di una apposita seduta della Commissione Trasparenza di Roma per approfondire i ltema che verrà convocata probabilmente subito dopo le vacanze.
Autore: Giuseppe Vatinno – Fonte: www.ilcaffediroma.it, 30 lug 2020

Mistero del ponte scomparso: ora spunta anche un asilo mai ultimato.
Sarà che parliamo di un’area su cui pendono molti e importanti vincoli archeologici, ma tutto è un ‘mistero’ all’Eur-Castellaccio. Un nuovo asilo avrebbe dovuto entrare in funzione nel cuore del IX Municipio di Roma, su via Paride Stefanini, su un lotto di terreno situato proprio di fronte al mastodontico complesso immobiliare Europarco-Torre Eurosky-Euroma 2 costruito dal Gruppo Parnasi, lo stesso imprenditore del nuovo stadio della Roma, non a caso ci troviamo a poche centinaia di metri da Tor di Valle. L’immobile scolastico è stato realizzato, ma solo parzialmente, e mai ultimato, rifinito ed entrato in funzione. Fino a pochi giorni fa il cantiere appariva completamente abbandonato e incustodito. Poi, dopo gli articoli del nostro giornale che hanno investito quella zona, sono ricomparsi ‘magicamente’ alcuni operai. L’asilo è stato costruito (almeno la parte realizzata fino ad ora) a spese del Gruppo edile Parnasi, grazie ad una variante urbanistica rilasciata dal Comune di Roma che nel 2012 gli ha concesso di trasformare una parte della Torre Eurosky, che da progetto era destinta ad ospitare solo uffici, anche in appartamenti residenziali. L’asilo avrebbe dovuto entrare in funzione già da diversi anni, visto che costituisce quello che in gergo tecnico viene chiamato ‘standard urbanistico’: esiste difatti per legge un rapporto tra gli spazi destinati agli insediamenti residenziali e gli spazi pubblici riservati alle attività collettive, come l’edilizia scolastica.
Sull’asilo incombono quattro ordini di problemi. Il primo, come anzidetto, è che l’asilo non è mai stato ultimato, a differenza della Torre Eurosky che però è stata inaugurata ormai ben 8 anni fa. Secondo: la struttura è situata a 20 metri dal fosso dell’Acquacetosa, la legge oggi impone una distanza minima di 150 metri. Terzo: l’area su cui è stata edificata la nuova struttura scolastica è classificata dal Piano di Tutela del Bacino Tevere come R-4, ossia ad alto rischio di allagamento, livello massimo previsto dalla legge. L’area non è mai stata declassata, ossia resa più sicura, ma solo ‘mitigata’: in sostanza su di essa continua ad incombere il rischio di grande allagamento. Quarto: l’asilo si trova su un’area vincolata archeologicamente dal 2016, su richiesta della Soprintendenza archeologica di Roma, ossia su suolo pubblico, ma nessuno se ne è occupato fino ad ora. In passato, il Comune di Roma ha addirittura pensato di far demolire la struttura scolastica prima che fosse ultimata, ma in tal caso gli standard minimi di cubatura imposti dalla legge e destinati a pubblica utilità non sarebbe stata rispettata. Le domande sorgono spontanee: l’asilo verrà ultimato? Quando di preciso? L’asilo quando entrerà in funzione? Come si supererà il grande rischio di allagamento che incombe sulla struttura? La nuova struttura potrà essere collaudata visti i vincoli che incombono su quell’area e sulla struttura scolastica? A?causa del Covid, oggi c’è una maggiore esigenza di spazi scolastici, perchè non accelerare i lavori? Speriamo che qualcuno, presto o tardi – a cominciare dagli amministratori del IX Municipio – abbia voglia di fare davvero chiarezza su tali e gravi ‘misteri’.
Daniela Porro, Soprintendente archeologica di Roma, non ha svelato il mistero del ponte imperiale di Marco Aurelio del II secolo d.C. ‘scomparso’ all’Eur-Castellaccio, vicenda resa pubblica a metà luglio dal nostro giornale. In buona sostanza, non ci ha detto dove è stato rinvenuto ed eventualmente rinterrato di preciso l’antico manufatto romano. La dottoressa Porro non ci ha detto nemmeno dove si trova di preciso la grossa stele di travertino che contiene i nomi degli imperatori che hanno costruito il ponte, Marco Aurelio e Commodo, e che ci permette di datare il reperto. Inoltre, la dottoressa Porro non ci ha detto se e quando verrà mai aperto al pubblico il museo del Poggio del Castellaccio (ampio 5mila metri quadrati, destinato a contenere tutti i reperti archeologici rinvenuti in quel quadrante di Roma durante gli scavi effettuati dal Gruppo Parnasi all’Eur-Castellaccio. Speriamo che presto si faccia completa chiarezza.
Autore: Daniele Castri – Fonte: www.ilcaffediroma.it, 11 set 2020

Ponte imperiale scomparso: Commissione capitolina Trasparenza sotto la sede dell’Eni.
Martedì 10 novembre la Commissione capitolina Trasparenza si recherà davanti la sede dell’Eni – nel quartiere Eur, viale Giorgio Ribotta – alla ricerca del ponte imperiale del II secolo d.C. costruito da Marco Aurelio e ‘scomparso’, vicenda resa pubblica da il Caffè di Roma a luglio scorso. L’indagine è stata avviata su richiesta del consigliere nonché vice-presidente dell’assise, Francesco Figliomeni (FdI), e grazie anche al via libera del presidente della Commissione, il consigliere Marco Palumbo (PD). Una prima seduta preliminare della Commissione si è svolta lo scorso 18 settembre, ma si è conclusa con un pugno di mosche. Ma facciamo un passo indietro.
Nel parco dell’Eur Castellaccio (ancora mai aperto al pubblico) sono stati distrutti e gettati in discarica quattro ponti. Due ponti (di epoca recente) di cemento, uno di epoca incerta (probabilmente medioevale) e uno del periodo mussoliniano. La distruzione dei quattro ponti ha avuto luogo nel corso di recenti lavori di scavo. Sul ‘parco dei ponti’ pende difatti il grave rischio di allagamento visto che l’intera vallata è classificata come R4, così si usa dire in gergo tecnico, significa che su di essa incombe il massimo rischio di alluvione previsto dalla legge, su una scala che va da R1 a R4. L’intera area, situata tra i fossi di Vallerano e Acquacetosa, non è mai stata declassata ossia resa non più allagabile, ma solo ‘mitigata’ un anno fa, con dei lavori di innalzamento degli argini del fosso dell’Acquacetosa di facile esecuzione e basso costo. Senza questi lavori le palazzine dell’Eni, costruite dal Gruppo Parnasi, non avrebbero potuto essere collaudate, dichiarate agibili e quindi affittate. I lavori di declassamento sono stati rinviati al momento in cui verrà realizzato il nuovo stadio della Roma a Tor di Valle, che si trova a poche centinaia di metri di distanza.
All’appello manca, però, un ultimo ponte, quello più importante, che al momento risulta ‘scomparso’. Secondo la Soprintendenza Archeologica Speciale di Roma il ponte romano non sarebbe stato gettato in discarica, ma si troverebbe interrato proprio davanti l’ingresso della nuova sede dell’Eni. Così ha sostenuto Rocco Bochicchio, archeologo delegato per il IX Municipio, lo scorso 18 settembre nel corso della prima seduta della Commissione capitolina trasparenza interamente dedicata al ‘mistero’ del ponte imperiale ‘scomparso’. Non si sono presentati in Commissione Daniela Porro, Soprintendente di Roma, né tantomeno i suoi due predecessori, Francesco Prosperetti e Anna Buccellato.
Due documenti smentiscono però Bochicchio: il ‘nulla osta’ della Soprintendenza Archeologica (Prot. n.18432 del 25 giugno 2015), ossia il documento che concede a Parnasi il via libera alla realizzazione dell’edificio in cui ha sede l’Eni, che non fa cenno al ponte interrato, come dovrebbe essere per legge. Inoltre, il vincolo del Ministero dei Beni Culturali del 2016 che abbraccia (anche) il piazzale dell’Eni e non fa alcun riferimento al ponte interrato, né lo graficizza nella cartina allegata, a differenza di tutti gli altri reperti rinvenuti e interrati in quella stessa zona. Infine, nel piazzale Eni non c’è nemmeno un cartello ad indicare l’importante reperto archeologico.
Sorgono spontanei alcuni quesiti, a cui la Soprintendenza ancora non ha risposto, nonostante i tre mesi trascorsi: dove e quando il ponte imperiale e la grossa stele di travertino sono stati rinvenuti di preciso? Dove e quando il ponte imperiale sarebbe stato re-interrato di preciso? Quali documenti attestano il ritrovamento e il re-interramento a scopo conservativo del ponte imperiale? Ora la grossa stele di travertino dove si trova di preciso? L’auspicio del nostro giornale è che, ovunque si trovi, il ponte venga dissotterrato ed esposto – insieme alla grossa stele di travertino – nel vicino Museo del Poggio del Castellaccio, costruito proprio con lo scopo di ospitare i reperti archeologici rinvenuti all’Eur e che la Soprintendenza tiene inspiegabilmente chiuso e abbandonato da anni. Se il ponte imperiale non è finito in discarica e nessuno ha nulla da nascondere, questa sarebbe l’unica azione rispettosa del reperto e dei cittadini da porre in essere. Il 10 novembre il nostro giornale sarà presente alla seduta esterna della Commissione Trasparenza con due giornalisti, Daniele Castri e Giuseppe Vatinno, per cercare di avere finalmente le risposte che da mesi nessuno ci dà.
Autore: Daniele Castri
Fonte: www.ilcaffediroma.it, 5 nov 2020

Nota della Redazione:
Perche gli Enti pubblici preposti non rispondono ai quesiti posti e non mettono a disposizione tutta la documentazione probante ? Hanno la coscienza sporca ?
Quando potremo vedere l’intervento della Magistratura in merito ?

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ROMA. All’Eur Castellaccio è scomparso un ponte di epoca romana. – 21 giugno 2020
https://www.archeomedia.net/roma-alleur-castellaccio-e-scomparso-un-ponte-di-epoca-romana/

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