A Peschici, in provincia di Foggia, sul promontorio più alto a strapiombo sul mare, si erge il castello.
Esso fu eretto dai normanni tra il X – XI secolo, allo scopo di difendere il territorio dalle incursioni dei Saraceni ed abitato dai monaci delle abbazie delle Isole Tremiti.
Durante il regno di Federico II, fu innalzata una torre conosciuta oggi come Rocca Imperiale.
Nel 1504, sotto la dominazione spagnola, Peschici divenne uno dei punti cruciali per la difesa sul mare dai turchi; il castello infatti fu ulteriormente rinforzato da una recinzione protettiva detta recinto Baronale.
Il Castello di Peschici all’inizio del XIX secolo divenne proprietà di alcuni ricchi borghesi del luogo ed oggi, grazie alle operazioni di restauro effettuate, si può ancora fruire della sua bellezza, in quanto ospita la mostra permanente degli strumenti di tortura utilizzati dal Medioevo fino al Rinascimento (taluni anche fino al 1800).
Oltre a due degli strumenti di tortura più conosciuti, quali l’accetta per la decapitazione e la sedia inquisitoria, sono esposte al pubblico strumenti di tortura che coinvolgevano singole parti del corpo e che non portavano necessariamente alla morte del detenuto come il collare spinato (Fig.1) oppure il piffero del baccanaro (Fig.2).
Quest’ultimo, ricordava uno strumento a fiato, un oboe o un flauto, fu utilizzato tra il 1600-1700, probabilmente di origine olandese; era costituito da un anello in ferro, che veniva fissato al collo del condannato, le cui dita venivano successivamente inserite all’interno degli archetti nell’apposita morsa, per simulare l’atto di suonare. Gli archetti venivano poi stretti tramite delle viti ad intensità diverse.
Al termine del percorso guidato nelle stanze, il castello offre una piacevole sorpresa; nell’ultima stanza infatti si possono apprezzare alcuni oggetti di uso quotidiano del nostro recente passato quali: un’antica sella; un telaio; piatti (Fig.3) testimoni di un antico mestiere ormai perduto, quello del sanapiatti (costui provvedeva a rimettere insieme i cocci utilizzando un filo di ferro e collanti naturali, il suo compenso non era in denaro bensì in natura, accontentandosi di un tozzo di pane).
Terminata la visita si può ammirare la vista mozzafiato del mare dalla terrazza del castello e nelle giornate soleggiate con poca foschìa, si possono ammirare anche le Isole Tremiti, che da lontano fanno capolino ad un piccolo tesoro del nostro paese.
Riferimenti per i cenni storici:
e-borghi.it
icastelli.it
Autore: Chiara Madalese – chiara.madalese@gmail.com