Al Museo egizio del Cairo è conservata una splendida statua di Ramesse II, importante faraone della XIX dinastia che regno dal 1279 al 1213 a.C. ma che, considerando anche la sua associazione al trono al padre Seti I, raggiunse 75 anni di governo effettivo del Paese. In un’epoca in cui la durata della vita media era piuttosto corta molti egiziani, al momento della sua morte, non avevano conosciuto altro sovrano che lui.
Le migliaia di rappresentazioni, sia in rilievo sui templi che nella statuaria, mostrano questo sovrano come un grande faraone, un guerriero trionfante sui suoi nemici. Questa statua mostra invece un Ramesse fanciullo, con i tipici attributi dei bambini, la treccia e il dito alle labbra, controbilanciate dall’ureo e dal disco solare sul suo capo che evidenziano la sua natura di sovrano divino.
Qui il re è posto sotto la protezione di una divinità in forma di falco, non il consueto dio Horo bensì il dio Horun, un dio guerriero il cui culto ha origine nelle montagne del Libano. Si ritiene che la divinità sia stata “importata” in Egitto dai prigionieri di guerra che Thutmosi III aveva riportato con sé da una delle sue numerose campagne. La statua venne trovata a Tanis dove era stata spostata, come tante altre antichità delle epoche precedenti, per abbellire la nuova capitale della XXI dinastia.
Al di là dell’insolita iconografia del sovrano questa statua ha un’altra caratteristica individuata dagli studiosi. Il complesso degli elementi che la caratterizzano permette infatti di raffigurare il sovrano con uno stratagemma che esprime in forma di “rebus” il suo nome: il disco solare sopra la testa del fanciullo si legge “Ra”, il fanciullo si chiamava “ mes” ed il giunco che tiene in mano si chiamava “ su”. Quindi l’insieme della rappresentazione può essere letta come Ra-mes-su, cioè il nome del sovrano.
Un rebus degno di una moderna “settimana enigmistica”.
Autore: Marina Celegon