Prima Lagole, a Calalzo, e ora tocca a Cima Gogna, ad Auronzo. In Cadore l’estate appena conclusasi è stata una stagione intensa di scavi archeologici, importanti per ricostruire storicamente il popolamento del Cadore. Promossa dalla Magnifica Comunità di Cadore e il Comune di Auronzo, con la direzione scientifica della Soprintendenza Archeologica del Veneto e con il sostegno finanziario della Fondazione Cariverona, la campagna archeologica di Cima Gogna, porzione meridionale auronzana, al confine con i comuni di Lozzo e di Vigo, si è conclusa restituendo i primi incoraggianti risultati.
I nuovi scavi hanno contribuito a definire meglio la funzione dell’insediamento fortificato di epoca tardo romana: concentrati nell’area in cui erano già stati rinvenuti i resti murari di una torre, sembrano confermare la presenza di un sito difensivo di epoca tardo romana, risalente cioè all’epoca in cui gli imperatori romani iniziano a preoccuparsi della difesa dei confini perché le Alpi non risultano più essere una barriera sufficiente.
A Cima Cogna, tra il 2016 e il 2018, precisamente in località Tre Ponti, che si trova alla confluenza del fiume Piave e del torrente Ansiei, sono stati eseguiti alcuni saggi di scavo per verificare le potenzialità archeologiche dell’area, indicata da alcuni documenti storici come la sede di un’antica postazione difensiva costruita a presidio della strada che, allora come adesso, conduceva ai valichi alpini di collegamento con le regioni dell’Europa orientale.
Le operazioni di scavo hanno permesso di portare alla luce resti consistenti di strutture murarie sepolte, a conferma delle antiche fonti storiche. Un primo scavo, effettuato in corrispondenza di un evidente dislivello superficiale presente lungo i margini del pianoro davanti all’edificio dell’Alpstation Lavaredo, ex sede della Comunità Montana Centro Cadore, ha fatto emergere un edificio a pianta rettangolare, al cui interno si trova una sorta di vasca circolare molto profonda rivestita con malta biancastra e una struttura muraria rettilinea che doveva proteggere il ciglio del versante posto ad ovest dello stesso pianoro.
Un secondo scavo, poco più a nord, sopra una rupe che spicca rispetto ai terreni circostanti, ha svelato i resti murari di una torre quadrangolare crollata, in buona parte, a causa di un violento incendio di cui si sono trovate consistenti tracce al suo interno. Nelle ultime fasi della sua frequentazione sono state rinvenute, sui suoi piani interni una sepoltura in anfora di un bambino e una cassetta litica in lastre di arenaria, probabilmente anch’essa con funzione tombale. I materiali archeologici ritrovati sulle superfici antiche nelle diverse campagne di scavo, tra cui numerose monete di bronzo, resti di armamenti in metallo (lame di varia foggia, dardo di balestra, catenella portapugnale) e qualche frammento ceramico, riferiscono che le strutture scoperte siano da collocare cronologicamente tra il III e Il V secolo d.C., quindi tra la piena età imperiale romana e l’epoca tardo – romana.
Prima di intraprendere l’ultima campagna archeologica quest’anno, i dati ricavati dalle prime attività di ricerca sembravano definire il sito di Tre Ponti come un’area fortificata di età romana o tardo romana (un castrum?), probabilmente realizzata per presidiare la via di transito qui presente fin dai tempi antichi e corrispondente ad uno dei principali passaggi tra i territori barbari d’oltralpe e l’Italia nord – orientale.
Nell’ottica di perseguire in quest’opera di rivalutazione dell’area e raccogliere ulteriori dati archeologici relativi all’antico insediamento di Gogna, la Magnifica Comunità del Cadore ha sostenuto la prosecuzione delle indagini sul sito per l’anno 2019 e in particolare l’ampliamento in estensione delle aree di scavo già aperte. I lavori si sono concentrati su tre aree principali: lo scavo del presunto fossato esistente tra la torre e le strutture dello scavo, presente lungo i margini del pianoro davanti all’edificio dell’Alpstation Lavaredo, l’ampliamento verso sud di tale scavo per esporre i limiti delle strutture già parzialmente scavate e un sondaggio di circa tre metri di lato per verificare gli eventuali limiti dell’insediamento nella zona sud di Tre Ponti.
«Scavando una parte del fossato», spiega l’archeologo Antonio Persichetti, «sono stati rinvenuti resti molto residuali di strutture, sufficienti tuttavia a confermare l’assenza di acqua nel canale (nel mezzo vi è un canaletto più piccolo, qui forse vi era l’acqua). Il fossato svela la sequenza di vita e di costruzione del sito difensivo, che si conferma risalire al IV o V secolo, all’epoca cioè in cui gli imperatori romani iniziarono a preoccuparsi della difesa dei confini perché le Alpi si erano dimostrate una barriera non più sufficiente. Il castrum, che aveva funzione difensiva e anche forse di dogana, presidiava una via obbligata e importante di collegamento tra la pianura veneta, le zone del Norico (l’attuale Austria centrale) e i passi del Friuli: di qui transitavano le milizie ma anche i commerci con il nord (il Norico era importante per i romani per la presenza di miniere d’argento). Oltre ai resti strutturali sono stati ritrovati anche alcuni oggetti: una moneta, un anello, piccole lamine di bronzo e scorie ferrose alterate dal fuoco dell’incendio che distrusse la struttura e per questo poco leggibili».
«Con la chiusura degli scavi di Cima Gogna, che è entrato recentemente tra i siti più interessanti della provincia di Belluno», sottolinea Renzo Bortolot, presidente della Magnifica Comunità di Cadore, «termina un 2019 durante il quale la Magnifica Comunità di Cadore ha saputo fare rete con le altre istituzioni del territorio per incentivare lo studio e la promozione culturale. Siamo sicuri che, continuando su questa linea, potremo perseguire l’obiettivo di incentivare il turismo culturale locale, trasformando i vari itinerari presenti in luoghi di scoperta della storia del territorio».
«L’amministrazione comunale di Auronzo di Cadore è orgogliosa della straordinaria scoperta del sito archeologico di Cima Gogna», ha aggiunto Tatiana Pais Becher, sindaco di Auronzo di Cadore, «nel quale ha creduto fin dalla prima campagna di scavi del 2016, affiancando Unione Montana e Montura, con la supervisione della Sovrintendenza dei Beni Archeologici del Veneto. Il sito assume maggiore importanza a livello provinciale e regionale ora che la Magnifica Comunità di Cadore ha deciso di inserirlo nel progetto “Itinerari in rete”, finanziato da Cariverona, e di presentarlo come meta del turismo culturale in Cadore, insieme a Lagole e al Monte Calvario. Un importante riconoscimento per coloro che, dopo anni di ricerca storica, hanno avuto l’intuizione di iniziare gli scavi proprio in quel punto».
Come avvenuto per Cima Gogna, anche Lagole, identificata come il santuario dei Veneti antichi o anche come la fonte della civiltà del Cadore, nel corso dell’estate appena trascorsa ha svelato ulteriori elementi utili ad una più precisa definizione della funzione dell’area: entrambi gli scavi offrono un importante contributo per la ricostruzione storica del popolamento del Cadore.
Fonte: www.amicodelpopolo.it, 31 ott 2019