La grotta della Ciota Ciara, sul monte Fenera, è oggetto di indagini archeologiche sistematiche, condotte dall’università di Ferrara, ormai da 11 anni. Questo l’ha reso uno dei contesti più importanti per la ricostruzione del popolamento preistorico dell’Italia Nord Occidentale. Gli studiosi hanno potuto, così, ricostruire in modo molto preciso le fasi di popolamento della grotta.
Non era mai stato trovato, però, un resto umano, che indicasse quale specie di Homo avesse popolato la zona nel periodo in esame. Almeno fino al 24 giugno 2019, quando, proprio negli ultimi giorni di scavo, sono emersi due resti ossei: un incisivo e un osso occipitale attribuibili al genere Homo.
Questo ritrovamento è ancora più interessante in quanto è avvenuto all’interno di un contesto già ben delineato, grazie agli studi multidisciplinari condotti dall’università di Ferrara.
La grotta della Ciota Ciara è stata abitata nel Paleolitico medio, un periodo che va da 300 mila fino a 35 mila anni fa e che ha visto la presenza di due specie: Homo heidelbergenis e Homo neanderthalensis. Quale dei due avesse abitato la grotta, fino ad oggi, non era chiaro.
Dallo studio delle ossa trovate si è potuto stabilire qualcosa di più preciso: il dente è un secondo incisivo inferiore permanente, estremamente ben conservato e, probabilmente, appartenente a un individuo adulto di giovane età.
L’osso occipitale, invece, apre nuovi orizzonti per la ricerca su questa fase della preistoria e dell’evoluzione dell’uomo in Europa.
Due particolarità, infatti, caratterizzano i resti attribuibili all’uomo di Neanderthal: un rigonfiamento chiamato chignon e la fossa sopracranica. Tali caratteristiche cominciano a comparire già nell’Homo heidelbergensis, divenendo fortemente accentuate nel Neanderthal.
Sull’osso occipitale della Ciota Ciara, questi elementi sono presenti, ma in modo poco marcato. Una volta effettuati vari accertamenti, gli studiosi potranno affermare se l’individuo ritrovato appartenga a una specie arcaica di Homo neanderthalensis oppure al più antico Homo heidelbergensis, definendo più precisamente il periodo di passaggio tra le due specie.
Inoltre, grazie ai dati raccolti durante gli 11 anni di scavi, si può affermare che la grotta sia stata utilizzata, inizialmente, solo come riparo temporaneo, probabilmente durante le battute di caccia, e che solo successivamente sia stata abitata con maggiore continuità. Ancora, per la costruzione degli strumenti litici ritrovati in loco, sono state sfruttate le pietre locali; anche le specie cacciate, di cui sono stati trovati i resti nella grotta stessa, erano quelle presenti sul territorio: cervi, cinghiali, camosci, rinoceronti e un orso. Infine, sono stati trovati resti di altri carnivori, non uccisi dall’uomo, che probabilmente abitavano la grotta nei periodo di abbandono.
Autore: Agnese Picco
Fonte: www.archeome.it, 28 ott 2019