I siti storici costieri del Mediterraneo classificati come patrimonio dell’umanità dall’UNESCO sono in gran parte a rischio di catastrofiche inondazioni e, a causa dell’aumento del livello marino dovuto al riscaldamento globale, nel corso di questo secolo la probabilità che questo avvenga può aumentare fino al 50 per cento. A lanciare l’allarme è un gruppo internazionale di ricercatori su “Nature Communications”.
Purtroppo, in cima alla lista delle località a più elevato rischio vi sono gioielli italiani dell’alto Adriatico come Venezia e la sua laguna, l’area archeologica di Aquileia e anche Ferrara e in parte Ravenna.
Entrando nel dettaglio, dei 49 siti costieri mediterranei che non si trovano in una posizione sopraelevata, già oggi 37 sono a rischio di un’alluvione “centennale”, ossia di un evento estremo che tipicamente si verifica ogni cento anni, ma che entro il 2100 potrebbero ridursi a 40 anni.
Il maggior numero di questi siti è in Italia (13), seguita da Croazia e Grecia, nell’area dello stretto di Corinto; sulla costa meridionale del Mediterraneo è invece a rischio la regione compresa fra l’area archeologica di Sabratha, in Libia, e la Medina di Sousse, in Tunisia.
Per arrivare a queste conclusioni Lena Reimann e colleghi hanno sviluppato una serie di simulazioni sulla base dei dati storici relativi agli eventi alluvionali del passato (prima del 2000) e ai fenomeni di elevata erosione costiera legati a eventi eccezionali e delle previsioni di innalzamento del livello del mare, che può rendere quegli eventi ancora più distruttivi.
I ricercatori hanno quindi elaborato un indice di rischio che tiene conto dell’estensione dell’area inondata e dell’altezza dell’inondazione.
L’eccesso medio di alta marea in tutti siti a rischio, attualmente di 40 centimetri, potrebbe passare a 60 centimetri in uno scenario di riscaldamento globale contenuto, e raggiungere 1,5 metri in un situazione climatica estrema.
Ma le condizioni locali influiscono in maniera determinante sulla drammaticità di questi eventi. Venezia, che già nel 1966 ha dovuto fronteggiare un’alta marea di 2,17 metri (con un permanenza di 11 ore al di sopra sopra di 1,7 metri) potrebbe subire un picco di marea di 2,5 metri, un valore davvero eccezionale, che potrebbe comunque essere fronteggiato dal MOSE. Gli altri siti dell’alto Adriatico non hanno però analoghe difese contro eventi eccezionali, anche un po’ meno gravi.
Anche l’ampiezza dell’area eventualmente inondata è destinata a salire, con un aumento medio del 14 per cento e una punta massima del 24 in scenari estremi.
Per quanto riguarda l’erosione costiera, il rischio più elevato riguarda l’isola greca di Samo, dove si trova l’Heraion, il tempio dedicato al culto di Era, e il sito archeologico di Efeso, in Turchia. In Italia le zone più esposte a questo rischio sono, oltre all’alto Adriatico, la costiera amalfitana, l’area di Paestum e Velia in Campania, il golfo di di Noto e Siracusa con la necropoli di Pantalica in Sicilia, e Portovenere e le Cinque Terre in Liguria.
Lo studio, concludono gli autori, mette in evidenza l’urgente necessità di pianificare interventi di difesa di questi siti archeologici e, dato il loro valore simbolico, offre l’opportunità di promuovere campagne che sensibilizzino la popolazione sull’importanza di mitigare i cambiamenti climatici.
Fonte: www.lescienze.it, 16 ott 2018