I resti in ceramica di un forno domestico che risale al tardo Neolitico (3.900 – 3.600 avanti Cristo) sono stati rinvenuti in questi giorni, durante gli scavi archeologici nel sito palafitticolo del Palù di Livenza, dal 2011 tutelato dall’Unesco.
Dopo quasi due anni di sospensione è stato possibile riaprire il cantiere per continuare le ricerche grazie a un finanziamento del ministero per i beni e le attività culturali, utilizzato con la direzione scientifica della Sovrintendenza regionale. Nel cantiere, diretto dall’archeologo Roberto Micheli, sono impegnati esperti della società archeologica Cora di Trento, coadiuvati dai volontari del Gruppo archeologico di Polcenigo.
Grazie agli scavi la notorietà del Palù, sotto tutela Unesco, è in continua crescita. Molto ci si aspetta ancora da scoprire. «Essendo un sito umido si conservano in modo ottimale, assieme ai vari pali di sostegno delle palafitte, anche i resti organici: semi, gusci di nocciole, ossa di animali sia selvatici che domestici – afferma l’archeologo Micheli – Seppur effettuato su un’area limitata, 36 metri quadrati, lo scavo si è rivelato particolarmente utile per ricostruire, attraverso ciò che rinveniamo, vita e abitudini in un villaggio di palafitte che risale al neolitico, databile all’incirca al 3.600 Avanti Cristo».
«I resti in ceramica del forno testimoniano l’esistenza di un manufatto familiare – puntualizza il direttore dello scavo – Probabilmente serviva a un gruppo ristretto di persone, una famiglia, che abitava una palafitta. I cocci del forno sono stati rinvenuti fra i pali di sostegno della struttura».
Due anni fa, di questi tempi, negli stessi 36 metri quadrati al Palù, in uno strato superiore del terreno torboso era stata rinvenuta una pintadera, ovvero un disco in ceramica con un disegno geometrico a spirale, usata probabilmente per decorare tessuti di lino, assieme a un contrappeso da telaio. Due reperti che, se aggiunti ai resti del forno in ceramica, rinvenuti nei giorni scorsi, suggeriscono l’esistenza al Palù, durante il Neolitico, di un villaggio dall’ampia e articolata struttura sociale.
Tali reperti si aggiungono ad altri: dalle tante punte di frecce in selce, rinvenute accanto ai resti di vasi in ceramica e ai numerosi elementi lignei del villaggio, emersi in uno spazio limitato. Gli oggetti più significativi, una volta vagliati dalla Sovrintendenza regionale, vengono custoditi al museo archeologico di Torre. Tutti ora contano sul finanziamento di ulteriori campagne di scavi per scoprire ciò che il Palù ancora nasconde.
Con l’apertura delle nuove attività di scavo l’area del Palù di Livenza ha assunto un fascino particolare. A contribuire a tener vivo l’interesse per la ricerca archeologica anche le attività (laboratori) organizzate per bambini e famiglie dall’Ecomuseo Lis Aganis, dal Grapo e da Prealpi Cansiglio Hiking.
Autore: Sigfrido Cescut
Fonte: www.messaggeroveneto.it, 24 luglio 2018