Gli esseri umani moderni si sono evoluti in Africa per poi disperdersi in Asia, fino a raggiungere l’Australia, in una singola ondata migratoria avvenuta circa 60.000 anni fa. Questo è lo scenario previsto dal cosiddetto modello “Out of Africa”, messo in discussione di recente dai progressi tecnologici nell’analisi del DNA e in altre tecniche d’identificazione dei fossili.
Una nuova revisione delle ricerche sulla diaspora degli esseri umani dall’Africa, pubblicata su “Science” da Christopher J. Bae dell’Università delle Hawaii a Manoa e colleghi, conferma ora che l’idea di un’unica ondata migratoria non può più essere sostenuta: lo scenario più plausibile descrive varie ondate migratorie susseguitesi a partire da 120.000 anni fa circa. La diaspora in Eurasia, inoltre, sarebbe stata caratterizzata da incroci con altre specie di ominidi.
Le numerose scoperte avvenute in Asia nell’ultimo decennio mostrano che Homo sapiens raggiunse le parti più remote del continente, fino ad arrivare nel Sud Est asiatico e in in Oceania, prima di 60.000 anni fa: fossili di H. sapiens scoperti in diversi siti nella Cina meridionale e centrale, per esempio, sono stati datati tra 70.000 e 120.000 anni fa. Le prove genetiche mostrano inoltre che gli esseri umani moderni s’incrociarono con altri ominidi già presenti in Asia, come i Neanderthal e i denisovani, complicando la storia evolutiva della nostra specie.
D’altra parte, altri recenti studi genetici confermano che tutte le popolazioni attuali di non africani hanno avuto origine circa 60.000 anni fa da una singola popolazione ancestrale africana. Questo paradosso può essere risolto ipotizzando che circa 60.000 anni fa ci sia stata una diaspora di grandi dimensioni, che diede un enorme contributo al patrimonio genetico dei non africani, ma che fu preceduta da migrazioni più piccole, i cui contributi genetici sono meno evidenti, a cominciare già da 120.000 anni fa,
“Le diaspore iniziali probabilmente furono di piccoli gruppi di cacciatori-raccoglitori, ma siamo convinti che almeno alcune lasciarono tracce genetiche nelle popolazioni umane moderne”, ha spiegato Michael Petraglia, ricercatore del Max-Planck-Institut e coautore dello studio.
Le ricerche più recenti hanno chiarito anche la questione degli incroci degli esseri umani moderni con ominidi antichi ormai estinti: non solo con l’uomo di Neanderthal, ma anche con l’uomo di Denisova e con altre popolazioni non ancora identificate di ominidi pre-moderni. Si stima che gli attuali esseri umani non africani abbiano ereditato dai neanderthaliani una porzione del loro genoma variabile tra 1 e 4 per cento, mentre gli attuali abitanti della Nuova Guinea hanno ereditato il 5 per cento circa del loro genoma dai denisovani.
Le numerose interazioni con altre specie rendono complessa anche la ricostruzione della diffusione della cultura materiale degli esseri umani moderni, caratterizzata per esempio dalle innovazioni tecnologiche. Per spiegare come raggiunse l’arcipelago giapponese o l’Australia, per esempio, tradizionalmente si suppone che Homo sapiens fosse capace di costruire imbarcazioni e di navigare su lunghe distanze. Ma è probabile che questi movimenti siano stati influenzati anche dalle fluttuazioni climatiche e da trasformazioni ambientali, come l’abbassamento del livello dei mari.
“La diffusione dei comportamenti tipici degli esseri umani moderni non avvennero probabilmente in un unico processo da ovest verso est”, ha affermato Bae. “Occorre quindi tenere conto anche dei cambiamenti ecologi”.
Fonte: www.lescienze.it, 11 dic 2017