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MANIAGO (Pn). Villa rustica dei Prati del Campanile.

I molto positivi risultati scientifici ed organizzativi delle indagini e scavi archeologici effettuati in settembre 2007 nella cosiddetta “Villa rustica della Carbonera o del Molinat” hanno fortemente spinto il Gruppo Archeologico Cellina Meduna “Co. Giuseppe di Ragogna” a promuovere ed organizzare la prosecuzione delle stesse indagini nel 2008. Lo scavo realizzato in settembre, in collaborazione con la Cattedra di Topografia Antica dell’Università degli Studi di Milano, ha portato ad esiti lusinghieri.
L’individuazione della grande cisterna per la raccolta d’acqua rappresenta un unicum dell’alta pianura friulana, ed i materiali archeologici rinvenuti in corrispondenza delle strutture abitative risultano significativi sia per l’inquadramento cronologico dell’insediamento, sia per il loro valore intrinseco.
Il sito, sebbene compromesso nelle sue emergenze archeologiche, ha presentato ottime potenzialità di indagine per la ricostruzione della frequentazione umana dell’alta pianura pordenonese durante l’età romana. Le indagini, finanziate dalla Fondazione Crup, sono state organizzate con la supervisione scientifica della Soprintendenza del FVG e la direzione operativa della Cattedra di Topografia Antica e sono state effettuate da un’equipe di scavo formata da specialisti-archeologi e soci del Gruppo Archeologico Cellina Meduna.

Fonte: www.fondazionecrup.it

Fra il 2007 e il 2008 è stata indagato a più riprese, attraverso campagne di scavo mirate, il sito di Prati del Campanile, in località Molinat di Maniago, segnalato nel 1976 dal locale Gruppo Archeologico “Conte G. di Ragogna” per la presenza in superficie di concentrazioni di materiale edilizio e fittile e di vari reperti metallici.
Le attività, sponsorizzate dal Gruppo Archeologico e svolte con la direzione scientifica della dott. Paola Ventura per la Soprintendenza ai Beni Archeologici del Friuli Venezia Giulia e la direzione sul campo del dott. Matteo Dolci, si proponevano di valutare le potenzialità dell’area estendendo sondaggi effettuati in anni precedenti.
È doveroso sottolineare come il sito del Molinat si inserisca in un contesto territoriale di cui numerosi indicatori archeologici suggeriscono una considerevole densità abitativa, tradizionalmente rinviata a grandi insediamenti rustici, simili al latifondo.
Le emergenze individuate, la cui integrità risulta compromessa anche dai lavori agricoli, sono riconducibili a una struttura abitativo – produttiva di classificazione ancora incerta che i materiali recuperati durante gli scavi hanno permesso di inquadrare tra la fine del II e il IV-V secolo d.C.
Oltre una residuale pavimentazione in cocciopesto, difficilmente leggibile, in corrispondenza di strutture sconnesse per effetto dell’escavazione di fosse, è emerso un ambiente disposto su un terrazzamento artificiale all’estremità nord-orientale dell’area indagata, delimitato da quattro muri ortogonali in ciottoli a secco in doppio filare, con paramento esterno ben allineato e inzeppature alla base con piccoli frammenti laterizi o pietrisco, conservati a livello di fondazione per un massimo di 20 cm di alzato.
Il complesso del Molinat si distingue per la presenza di una cisterna interrata destinata probabilmente alla raccolta delle acque bianche, databile a età romana imperiale e localizzata nel settore meridionale del sito. Di forma rettangolare (m 4x3x2,80), doveva essere completata da una copertura a volta, come suggerito dai grossi ciottoli immaltati attribuibili all’emplecton e rinvenuti nello strato inferiore del riempimento che la obliterava. Un doppio strato di intonaco ne riveste le pareti interne: la superficie di quello inferiore, di malta piuttosto grossolana, presenta delle scalfitture praticate per aumentarne la capacità di coesione con il successivo strato impermeabilizzante. Il pavimento è leggermente inclinato verso il centro, dove presenta un incavo, costituito da un’unica pietra scavata a catino ipoteticamente funzionale alla pulizia delle impurità o al completo sfruttamento della riserva idrica.
Rimane da chiarire, infine, la funzione di una struttura cilindrica, priva di elementi accessori, dal diametro di m 2,50 costituita da ciottoli privi di legante e riempita da terreno ricco di materiale organico combusto, individuata in corrispondenza di una anomalia sul terreno posta fra la zona interessata dall’acciottolato e l’ambiente rettangolare su rialzo.
Le numerose evidenze strutturali, dislocate in maniera discontinua in un’area piuttosto estesa, ha comportato la necessità di procedere ad una accurata copertura di ciascuna di esse con sabbia e geotessuto. Quest’ultima soluzione, duratura ma reversibile, rappresenta spesso il provvedimento risolutivo per scongiurare il deterioramento di quanto messo in luce durante gli scavi, a fronte dell’impossibilità temporanea o definitiva di valorizzare adeguatamente i manufatti e renderli fruibili alla collettività.
Il caso del Molinat è emblematico, inoltre, di una peculiare situazione in cui esercitare la ricerca archeologica: in accordo con la Soprintendenza e attraverso adeguate condizioni economiche e tecniche, è stato possibile, e potrebbe esserlo anche in futuro, effettuare in maniera approfondita indagini che in cantieri di emergenza possono soffrire a causa di tempi ristretti e risorse misurate.
L. B.

Fonte: www.db.ilpopolopordenone.glauco.it

Elio DUSSO. La Fornace Sotterranea della Villa Rustica della Carbonera.
Gli scavi dell’anno 2008, alla Villa Rustica della Carbonera, nell’area archeologica del Molinat, hanno evidenziato una realtà che fino ad ora è rimasta un mistero.
Il foglio descrittivo stilato alla fine dello scavo spiega bene il problema: indagando quello che sembrava un pozzo per l’acqua, è ritornata alla luce la parte inferiore di una fornace ipogea, il cui utilizzo rimane per ora incomprensibile e sconosciuto.

Leggi tutto nell’allegato: la-fornace-sotterranea-della-villa-rustica-della-carbonera

Autore: Elio Dusso – info@antiqva.org

Info:
www.antiqva.org
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