Costruita su una collina delimitata da due fiumi (il Modione, antico Selinos, a ovest e il Cottone a est), sulla costa sud-occidentale della Sicilia, Selinunte era circondata dalle sue necropoli. La dislocazione di queste, tra l’area propriamente urbana e la chora (il territorio controllato dalla citta’), testimonia un livello assai evoluto di pianificazione urbanistica. La piu’ settentrionale delle aree funerarie e’ la grande necropoli monumentale di contrada Galera Bagliazzo, attiva almeno dalla fine del VII secolo. a.C. A nordest si trova invece la necropoli di contrada Buffa, mentre, sul fianco occidentale della citta’, si affaccia sul corso del Selinos la vasta necropoli di Manicalunga-Timpone Nero. In contrada Gaggera e’ attestata una fase arcaica (prima meta’ VI secolo a.C.) seguita da una fase di V secolo a.C. che si conclude con la distruzione di Selinunte nel 409 a.C. a opera dei Cartaginesi.
Come per le altre necropoli selinuntine vi sono attestate sia l’inumazione (in tombe a fossa, sarcofagi ed enchytrismoi, cioe’ anfore riusate per i piccoli defunti) sia la cremazione. Il Sicilia a Triscina di Selinunte grazie all’intervento della Fondazione Kepha si scava nel sito di una delle necropoli della citta’ greca distrutta dai Cartaginesi, come riferisce un articolo della rivista “Archeologia Viva”, diretta da Piero Pruneti, che da’ conto dei risultati. La vicinanza della necropoli ai santuari ctoni (dedicati alle divinita’ della terra) e’ stata intesa come segno di distinzione di chi vi veniva sepolto. Gia’ riportate in luce trentanove sepolture. Proprio nel sito di Manicalunga-Timpone Nero alla fine dello scorso anno sono riprese la ricerche relative alle necropoli suburbane di Selinunte, ancora oggi fonte di importantissimi dati inediti. Le indagini si svolgono in localita’ Triscina (Castelvetrano – Trapani), presso il Baglio Calcara, all’interno della proprieta’ della Fondazione Kepha.
Alla fine del 2012 nelle due zone interessate dalle ricerche risultavano esplorate trentasei tombe a fossa ricavate nel banco roccioso e due “alla cappuccina” (con copertura in tegole e coppi disposti a spiovente), tutte gia’ violate in antico, e un enchytrismo’s (sepoltura in anfora). Sono in corso le analisi sulle ossa degli inumati e lo studio dei reperti recuperati, soprattutto ceramici, tutti inquadrabili in epoca tardo arcaica e classica (tra fine VI e primo quarto del V secolo a.C.).
Fra i santuari extraurbani e la campagna coltivata.
La necropoli di contrada Manicalunga- Timpone Nero si trova ai limiti di un fertile comprensorio agricolo, gia’ intensamente sfruttato dai coloni dell’antica chora selinuntina. La vasta area cimiteriale si estende oltre i santuari extraurbani di contrada Gaggera (dedicati alle divinita’ ctonie di Demetra Malophoros, Zeus Meilichios, Hera Matronale) fino a circa tre chilometri e mezzo in linea d’aria dalla citta’ antica, oltre il Timpone Nero, un piccolo rilievo collinare che si affaccia sulla costa sabbiosa del Mediterraneo. E’ interessante lo stretto collegamento della necropoli con quest’area sacra, quasi a manifestare lo stretto rapporto tra i defunti e i culti ctoni’ li’ praticati.
Frequentata per quasi tutto il periodo in cui Selinunte raggiunse il massimo sviluppo (VI-V secolo a.C.), la necropoli, priva di muri di cinta, era attraversata da strade che collegavano il centro urbano alla chora. L’elevato numero di sepolture e la loro concentrazione in quest’area fa riflettere sul fatto che, nonostante la buona distanza da Selinunte, questa necropoli potrebbe rappresentare una propaggine estrema delle aree sepolcrali urbane, ma anche uno spazio funerario a disposizione di contadini e pastori, che vivevano nelle campagne. A tutt’oggi risulta difficile cogliere particolari disposizioni delle sepolture (a fossa, terragne, alla cappuccina, a semicamera, a incinerazione primaria e secondaria) lungo determinate direttrici; la continuita’ nell’uso di orientamenti specifici potrebbe consentire pero’ di accertare l’esistenza di una sorta di “piano regolatore” nell’organizzazione interna delle aree funerarie. Un giovane selinuntino ritrovato nei recenti scavi. Riemerso dopo millenni di oscurita’ in una splendida mattina di novembre durante le ricerche nella necropoli di Manicalunga-Timpone Nero, i resti di un giovane hanno entusiasmato gli scopritori.
Agli occhi degli archeologi si e’ presentato uno scheletro in ottimo stato di conservazione con una tazza di fine argilla a vernice nera in prossimita’ della mano destra, recante inciso “mosko”. E’ probabile che questo sia stato il nome del selinuntino sepolto, inciso dai genitori affranti sul fondo di quella tazza che l’avrebbe dissetato nel viaggio verso l’eternita’. Successivi esami hanno accertato che i resti appartengono a un ragazzo di dodici – quindici anni, deceduto per cause naturali e vissuto con molta probabilita’ alla fine del V secolo a.C., dunque sullo scorcio della fine stessa della citta’ per mano dei Cartaginesi.
A contatto con il mondo punico.
Subcolonia fondata dai megaresi di Megara Hyblea e Megara Nisea, Selinunte nella seconda meta’ del VII secolo a.C. rappresento’ l’avamposto greco sulla costa sud-occidentale della Sicilia, a diretto contatto con i territori cartaginesi. Il nome deriva da se’linon, una specie di prezzemolo selvatico che divenne simbolo della monetazione della citta’, tra le piu’ celebrate e potenti insieme a Siracusa e Agrigento. Tutta la storia di Selinunte sara’ condizionata dalla sua posizione di confine, che la rese protagonista nella rete di contatti mediterranei, grazie alla presenza fenicia e al mondo indigeno sicano-elimo che condividevano la cuspide nord-occidentale dell’isola.
La fine nel 409 a.C.
Dapprima in buoni rapporti con i Cartaginesi, dopo la loro disfatta nella battaglia di Himera (480 a.C.) Selinunte strinse alleanza con Siracusa. La sua politica di espansione verso Segesta causo’ diverse guerre: il primo scontro avvenne nel 580 a.C., da cui usci’ vittoriosa Segesta. Nel 415 a.C. Segesta chiese aiuto ad Atene perche’ intervenisse contro l’intraprendenza selinuntina supportata da Siracusa; gli Ateniesi presero a pretesto la richiesta di Segesta per intraprendere una grande spedizione in Sicilia e assediare Siracusa, ma ne uscirono disastrosamente sconfitti. Per Selinunte la fine arrivo’ invece nel 409 a.C. con i Cartaginesi del generale Annibale Magone; questi colsero di sorpresa la citta’ che cadde prima che potessero giungere i soccorsi da Agrigento e Siracusa. Distruzioni da terremoto. In seguito, il generale siracusano Ermocrate diede inizio a una parziale ricostruzione di Selinunte, cingendo l’Acropoli con una nuova fortificazione che per alcuni anni divenne la base per azioni belliche contro le citta’ puniche. Tuttavia, alla morte di Ermocrate, Selinunte perse definitivamente la sua importanza politica e fu rioccupata dai Cartaginesi fino al definitivo abbandono avvenuto con la conquista romana (dopo il 250 a.C.) nel corso della prima guerra punica.
In epoca bizantina (VI-IX secolo), diversi sismi di notevole intensita’ causarono il crollo di molti dei grandi templi dislocati tra l’Acropoli e la Collina Orientale. All’indomani della conquista islamica (IX-XI secolo), il cronista Edrisi defini’ le desolate rovine di Selinunte come Rahl’-al-Asnam, ovvero ‘Villaggio dei Pilastri’.
Fonte: http://www.strettoweb.com, 16 giugno 2013