La poco nota storia dell’Etruria si è appena arricchita di una straordinaria scoperta, compiuta nel santuario di Tarquinia detto Ara della Regina da una missione dell’università Statale di Milano da Maria Bonghi Jovino e dalla sua allieva Giovanna Bagnasco, nel corso degli scavi condotti per quasi un quarto di secolo all’interno dei resti del tempio: si tratta di un monumento del tutto eccezionale, il cenotafio per il culto di Tarconte.
Tarconte era il mitico eroe eponimo di Tarquinia e leggendaria guida dell’espansione etrusca sia nella Valle Padana che in Campania. La scoperta, che ci viene ora comunicata da un imponente, illustratissimo libro delle autrici dello scavo, che sarà presentato oggi al Museo Etrusco di Villa Giulia, è avvenuta esplorando in profondità un altare, costruito sopra una cassa, rinvenuta vuota dagli scavatori: non è difficile riconoscere nella cassa il cenotafio, appunto, di Tarconte.
Le indagini dell’Università di Milano avevano l’obiettivo, pienamente riuscito, di chiarire la storia più antica del colossale tempio dell’antica Tarquinia, chiamato per la sua mole con il nome popolare di “Ara della Regina“, che solo tardivamente è stato riconosciuto come il santuario più importante di una delle più grandi città dell’Etruria.
Messo completamente in luce solo negli anni prima della Seconda Guerra Mondiale, il tempio è entrato nella discussione scientifica soprattutto per la sua natura di luogo centrale per le memorie cittadine, antiche di secoli: già in passato questo carattere era emerso dalla scoperta, fatta negli scavi degli anni Trenta, di un gruppo di importantissime iscrizioni latine, note come gli “Elogia Tarquiniensia”, nelle quali sono riportate le imprese di una famiglia di generali tarquiniesi del V e IV secolo a. C. distintisi nell’assedio di Siracusa del 415-14 a. C. e nella guerra romano-taquiniese del 358-51 a. C.
Gli scavi milanesi hanno chiarito mirabilmente la storia più antica del tempio: il primo edificio del 570 a. C. (“Tempio” I), composto da cella e vestibolo e con la fronte volta a SE, venne ampliato sessanta anni più tardi in forme canoniche etrusche (“Tempio” II), fino a toccare i 41 metri di lunghezza; per l’ulteriore ristrutturazione degli inizi del IV secolo a. C. (“Tempio dei cavalli alati”) venne realizzata una gigantesca terrazza, alta parecchi metri e conformata a mo’ di podio, sulla quale trovò posto un altare orientato ad E (“Altare Alpha”), affiancato più tardi da quello che sembra un secondo altare (“Altare Beta”).
Le scavatrici non si aspettavano di trovare questa cassa sepolta sotto l'”Altare Alpha”, che restituisce alla storia di Tarquinia un documento di valore inestimabile. La proposta di identificazione nasce innanzi tutto dall’iscrizione commemorante Tarconte venuta in luce nell’area negli scavi degli anni ’30, e dall’immagine di Tarconte velato rappresentata sul “Trono di Claudio”, un monumento di età giulio-claudia trovato a Cerveteri con le personificazioni delle città etrusche.
Tarquinia ha chiaramente seguito l’esempio offerto nel 474 a. C. dal grande generale Cimone, che nel cuore di Atene aveva creato il Theseion per deporvi le ossa di Teseo, fondatore mitico della città, da lui “ritrovate” a Sciro, e così, poco più tardi, tra V e IV secolo a. C., all’apogeo delle proprie fortune, la città etrusca si “autocelebra”, creando il culto del proprio fondatore sopra questo monumentale cenotafio, per ricordare a tutti, Tarquiniesi e non, l’eroe che aveva portato l’Etruria, come tre secoli dopo ebbe a scrivere Catone il Censore, a dominare quasi tutta l’Italia.
Autore: Mario Torelli
Fonte: http://roma.repubblica.it, 01 marzo 2013