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GALBIATE (Lc). Aldo e Grauso, due longobardi a Beolco.

beolco

La grande storia del medioevo è passata anche per il lecchese, più precisamente a Beolco (piccola frazione di Olgiate Molgora). Questo è ciò che hanno potuto constatare quanti, nella serata di venerdì, hanno potuto ascoltare con grande partecipazione il professor Marco Sannazaro, autorevole invitato del Museo Archeologico del Barro.
Presso la sede del parco a villa Bertarelli, a Galbiate, il docente di archeologia medievale dell’Università Cattolica di Milano ha raccontato, con l’ausilio di fonti scritte ed epigrafiche, la vicenda di Aldo e Grauso: due fratelli vissuti negli ultimi decenni del VII secolo e più volte ricordati da Paolo Diacono nella sua Storia dei Longobardi.
Dopo una breve introduzione da parte del professor Lanfredo Castelletti, direttore del Museo Archeologico del Barro, il professor Sannazaro ha spiegato l’importanza della vicenda per gli storici: “Si tratta di un caso abbastanza raro in cui la fonte scritta si coniuga con quella epigrafica. Non è per nulla frequente che le fonti epigrafiche – le iscrizioni funerarie su pietra – siano accompagnate da altre notizie che ci rivelino qualcosa di più sugli uomini studiati”.
Oltre che nella Storia dei Longobardi di Paolo Diacono, che racconta le origini mitiche e l’intera storia del suo popolo, i fratelli Aldo e Grauso sono infatti ricordati anche in un’epigrafe funeraria conservata nella piccola chiesetta di Beolco, ora proprietà della famiglia Guzzoni.
Secondo il professore i due fratelli furono qui sepolti, non si in quale circostanza, dai famigliari che commissionarono ad un esperto incisore l’elegante decorazione lapidea e la struggente poesia in esametri ritmici che ricorda l’indissolubile legame dei due fratelli anche nella morte.
Aldo e Grauso: fatti e misfatti di due longobardi da Brescia a Beolco, questo il titolo della conferenza a sintetizzare un’unione che non fu sempre eroica; ma che vide i due fratelli, immischiati tra intrighi di corte e tradimenti, parteggiare una volta per un signore ed una volta per un altro, guidati solo dal proprio tornaconto.
“Da quello che Paolo Diacono ci racconta – ha spiegato il professor Sannazaro – recuperando racconti popolari su eventi verificatisi molti anni prima della sua nascita, Aldo e Grauso sono descritti in modo negativo: aiutano prima il duca di Brescia, Alahis, ad usurpare il trono del re Cunicperto, per poi passare con quest’ultimo quando Alahis minaccia di sottrarre ai due fratelli le loro ricchezze”.
“Aldo e Grauso, che dovettero essere uomini influenti alla corte del re e con un ingente seguito in grado di fomentare rivolte, permisero al re di tornare dal suo esilio dall’Isola Comacina e si schierarono al suo fianco nella battaglia di Cornate d’Adda, combattuta nei pressi del fiume da due ingenti eserciti. Qui Alahis, visto da Paolo Diacono come un tiranno, perse la vita”.
La vicenda dei due fratelli però non si conclude con la vittoria. Tornato re, Cunicperto decise di eliminarli proprio per paura del loro carattere infido.
I due si salvarono grazie ad uno spirito maligno – come racconta un passo della Storia dei Longobardi che il professor Sannazaro ha scelto di leggere al pubblico – che sotto le sembianze di una mosca udì i piani del re e, una volta trasformatosi in un vecchio, li rivelò ad Aldo e Grauso. I due guerrieri chiesero quindi asilo in una chiesa, e alle richieste del re di svelare chi li avesse avvertiti in cambio del perdono, raccontarono l’accaduto e “fatti uscire dalla chiesa sulla parola Aldone e Grausone, non solo [il re] li perdonò, ma li considerò per sempre amici fedeli”.
“La storia sembra concludersi in un lieto fine in Paolo Diacono – rivela il professore – ma, come sappiamo da un verso dell’epigrafe conservata ad Olgiate, i due fratelli morirono di spada, uccisi forse proprio a Beolco nelle rivolte che seguirono la morte del re Cunicperto”.
“L’epitaffio ci racconta una storia di tutt’altro tenore: ci da una visione positiva di Aldo e Grauso che ha l’intento di ricordarla nei secoli. Infatti – conclude Marco Sannazaro – si è conservata fino a noi, deturpata solo al momento del rinvenimento e della ricollocazione alla fine dell’800 nel muro della chiesa di SS. Pietro e Andrea, che non a caso fu dedicata ad altri due fratelli”.
“Perché proprio a Beolco?” È stato domandato al professore dal pubblico. “Forse perché – ha risposto – in una zona importante come quella che allora era il circondario del fiume Adda i due fratelli trovarono quel ruolo di prestigio e di giurisdizione pubblica che avevano cercato per tutta la vita, e proprio per questo furono uccisi da mano ignota”.
Nel salutare, l’invito finale del professore è quello di leggere La Storia dei Longobardi di Paolo Diacono: una piacevole lettura che riguarda la storia della nostra terra; e la speranza che un reperto archeologico del valore dell’epigrafe di Beolco sia valorizzato dai privati che ne detengono la proprietà più di quanto, ad oggi, accada.

Autore: Matteo Fratangeli

Fonte: http://leccoprovincia.it, 13 nov 2012

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