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SESSA AURUNCA (Ce). Il mistero del porto affondato a Sinuessa.

sinuessa

Cosa è successo all’antica colonia romana che sorgeva sul litorale domizio? Il terreno si è abbassato di ben otto metri.
Il porto giace dieci metri sott’acqua. Alla spiaggia si arriva percorrendo un basolato romano che si perde nella sabbia. Per ritrovare le sue tracce bisogna buttarsi in acqua e immergersi a tre metri di profondità. Ora è posato sul fondo del mare. Cosa sia successo a Sinuessa, l’antica colonia romana che sorgeva sul litorale domizio (oggi comune di Sessa Aurunca) è un interrogativo ancora irrisolto. Si sa solo che il terreno si è abbassato di almeno otto metri in epoca romana. Adesso i geologi e dell’Enea vogliono capire perché.
Di antichi porti inabissati ce ne sono in tutto il mondo. Non sempre, però, le cause sono evidenti. Per trovare qualcosa di simile, eppure così diverso, basta spostarsi a sud di appena sessanta chilometri. Dalla provincia di Caserta a quella di Napoli.
“L’antico portus Iulius di Pozzuoli, scoperto negli anni Cinquanta, si inabissò fino a cinque metri di profondità – spiega Alfredo Trocciola, geologo dell’Enea – ma quella è una zona vulcanica e il ritrovamento, per quanto importante, non ha destato troppa sorpresa. La causa dell’inabissamento fu il bradisismo flegreo”. Nell’area dei campi flegrei infatti il suolo si alza e si abbassa di continuo a ritmi lentissimi dal punto di vista dell’uomo ma molto rapidi per la geologia: circa un centimetro l’anno. Un fenomeno vulcanico che gli scienziati conoscono bene. “L’area di Sessa Aurunca si trova però più a nord e non è interessata da questi eventi”, conclude Trocciola.
Anche Carmine Minopoli è un geologo dell’Enea. Sinuessa la conosce bene: ci ha lavorato per anni e proprio su questo sito ha elaborato la tesi di geologia quindici anni fa. “Il destino di questo porto è un rebus che ci affascina. Altri siti nel raggio di 20-30 chilometri si sono abbassati di 50-60 centimetri nel corso degli ultimi duemila anni. Sinuessa è sprofondata di otto metri”.
Per capirci qualcosa di più gli scienziati dell’Enea hanno passato l’estate 2012 a geo-referenziare i resti di epoca romana lungo il litorale di Sinuessa e a studiare la morfologia dei fondali. Le ricerche riprenderanno a marzo con: strumenti tecnologici in grado di fare la “radiografia” del fondale e sbirciare attraverso lo strato di sedimenti che si è depositato in fondo al mare. Da queste parti infatti sfocia il fiume Garigliano, che intorbidisce l’acqua del mare e porta i sedimenti accumulati nel suo corso.
Nel frattempo però le prime ipotesi sono già sul tavolo. “Non dobbiamo pensare a un singolo evento catastrofico, come un fortissimo terremoto. Il porto di questa colonia non è affondato in un giorno né in un anno – spiega il geologo Carmine Minopoli – Ecco perché pensiamo che lo sprofondamento sia dovuto a una somma di eventi”. Ma eventi di che tipo? “In prima battuta pensiamo che un terremoto, seguito forse da uno tsunami, abbia causato un primo abbassamento di diversi centimetri. Abbastanza perché il porto fosse inutilizzabile e venisse abbandonato”. In questo punto del litorale domizio, quindi, le barche non attraccano da oltre duemila anni. Ecco spiegato perché le strutture e gli oggetti ritrovati sul fondo del mare sono inequivocabilmente di epoca romana. Una volta abbandonato, il porto ha continuato a inabissarsi. “In geologia duemila anni sono un’inezia e otto metri di abbassamento in un lasso di tempo così limitato sono un’anomalia”.
E c’è un altro dato certo: l’uomo non c’entra niente. Le cause del fenomeno sono naturali. A dieci metri di profondità, a poca distanza dal porto, sono stati ritrovati 24 blocchi di pietra da sessanta tonnellate l’uno. Servivano probabilmente per delimitare i punti di attracco. Nel corso dei secoli alcuni di questi enormi massi si sono spostati, rotolando per diversi metri. Difficile pensare a un intervento umano.
Scoprire a quale destino sia andato incontro il porto di Sinuessa significa capire qualcosa di più di una colonia che giocò un ruolo molto importante nella sua epoca. A testimoniarlo c’è l’imponente teatro romano di Sessa Aurunca, che poteva ospitare quasi seimila persone. Ma soprattutto, Sinuessa era un importante snodo commerciale. Da qui partiva la rotta del vino Falerno, uno dei più famosi dell’epoca romana (Cicerone, Virgilio e Orazio ne decantarono le lodi) e prodotto ancora oggi a Falciano del Massimo e Carinola, a pochissimi chilometri da Sessa Aurunca.
Dopo il lavoro dei tecnici, arriverà il momento di valorizzare quella che dovrà trasformarsi in un’area archeologica marina. Lo scopo della convenzione tra l’Enea e il comune di Sessa Aurunca è anche questo. “Una volta comprese le potenzialità del sito, l’idea è quella di organizzare tour subacquei o escursioni su barche con il fondo in vetro. Vogliamo rendere fruibile questo patrimonio archeologico” spiega Pasquale Sarao, dirigente del settore ambiente del comune di Sessa Aurunca.
La best practice da seguire già c’è. E non è nemmeno troppo distante: basta spostarsi poco più a sud verso Pozzuoli. Dove si possono ammirare – da una barca o con escursioni subacquee – gli splendidi mosaici, le colonne dell’antica città romana di Baia e le strutture di portus Iulius.
Del resto anche una convenzione Unesco del 2001 stabilisce che i beni archeologici sommersi debbano essere lasciati al loro posto e valorizzati proprio lì dove si sono conservati per secoli: in fondo al mare.

Fonte: http://www.nationalgeographic.it, 04 nov 2012

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