Al di là delle grandi opere che arricchiscono i musei della Campania vi sono talune opere «minori», non proposte nei grandi circuiti, che meritano invece di essere conosciute per la loro rarità. Nel caso specifico si tratta di un vero e proprio rebus che riguarda la dea Minerva.
Nel Museo Campano di Capua, noto principalmente per le grandi sculture in pietra tenera che raffigurano, per ripetere quanto scritto da Amedeo Maiuri, «madri sedute su trono, con i pargoli in fasce sulle braccia distese, rigide ieratiche, come altrettante immagini di divinità», esiste una statuetta in terracotta, bruttina, priva della testa e mancante della parte inferiore. In altre parole resta solo il busto che tuttavia attira immediatamente l’attenzione.
La piccola scultura non ha nulla a che vedere con opere monumentali ma il suo interesse è notevole e la sua natura intrigante. La ragione sta nell’ambiguità e nella peculiarità della raffigurazione. Questo genere di anomalie ha attirato sempre gli archeologi, gli amatori delle antichità e gli antiquari che le hanno considerate un pregio o un rebus da indagare. Rinvenuta nei magazzini del museo, ha subito la stessa sorte di molte altre opere, a causa dei rivolgimenti che hanno caratterizzato la storia delle collezioni a partire dal 9 settembre del 1943 quando l’edificio «venne schiantato», per usare l’espressione di Raffaello Causa, «dal più terribile di quei bombardamenti…».
Esisteva a Capua un santuario molto antico che, dal nome del proprietario del suolo, è stato chiamato Santuario Patturelli, sicché è verosimile che la statuetta abbia quella provenienza. Nell’area sacra hanno lasciato tracce i vari popoli che si sono succeduti, gli Ausoni e gli Etruschi cui si aggiunsero alla fine del V secolo a.C. gli abitanti del contado e delle popolazioni più prossime dell’entroterra.
Di fronte alla «figura dimezzata» ci si chiede come potesse essere completa. Probabilmente, sulla scia di altre iconografie si può pensare ad una figura femminile vestita di tunica e mantello. Ma l’eccezionalità sta nel fatto che sui seni sono rappresentate due Gorgoni, mostri terrificanti. Le Gorgoni si chiamavano Medusa, Stheno ed Euriale di cui soltanto Medusa era mortale e fu uccisa da Perseo. Pausania racconta che la sua testa fu sepolta ad Argo. Altre versioni raccontano che la testa sarebbe stata donata da Perseo ad Athena che l’avrebbe fissata sull’egida dal momento che aveva il potere di pietrificare. Questo nella mitologia greca.
Allora uno scherzo la statuetta di Capua? Sembra ipotesi da scartare perché è difficile pensare che un artigiano possa avere «giocato» con un attributo della divinità. Il pensiero va subito, infatti, alla dea Minerva che gli Etruschi chiamarono Menrva e ne modellarono la figura direttamente sull’Athena dei Greci, divinità vergine dei guerrieri, della poesia, della medicina, della saggezza, del commercio, delle arti e, per finire, della musica. Era rappresentata con lo scudo sul petto al cui centro era per l’appunto il volto di una Gorgone.
Ma quando venne plasmata la Minerva? E perché la raffigurarono con due volti di Gorgone e senza il mitico scudo? Per trovare una risposta dobbiamo rivolgerci agli scavi condotti nella necropoli tempo addietro da Werner Johannowsky. Ebbene l’archeologo rinvenne un sarcofago con numerose appliques con identiche raffigurazioni gorgoniche; datò la tomba agli inizi del V secolo a.C. e tale appare la datazione della statuetta. Più complicata è la ricerca del significato. Da un lato si può spiegare la duplicazione con la volontà di rafforzare il potere delle Gorgoni. Si può pensare ancora alla stravagante suggestione di un passo di Plinio che racconta come Aristotele ritenesse che la mammella destra fosse maschile e che quella sinistra fosse femminile. Proteggere dunque infanti dei due generi?
Come che sia, certo è che si tratta di una iconografia elaborata dagli abitanti di Capua che trova la sua ragion d’essere in una delle caratteristiche della loro religione che attribuiva funzioni più o meno simili a divinità diverse. Per fare un esempio nel nostro caso la statuetta rappresenterebbe la dea Menrva in tutte le sue funzioni originarie cui aggiungeva la tutela dell’infanzia che era tipica di Uni, l’equivalente della Giunone dei Romani. In definitiva la Menrva capuana è l’espressione di una società etrusco-ausone. Le Gorgoni rivelano il legame degli Etruschi con il mondo greco, la loro duplicazione potrebbe essere un modo di esprimersi degli abitanti Ausoni.
Gli è che talvolta una piccola opera, corsiva e tutto sommato modesta, consente di scrutare nell’antichità, spia di grandi problematiche al pari di una eco di cui si percepisce appena il linguaggio.
Autore: Maria Bonghi Jovino, 15 ottobre 2012
Fonte: Corriere del Mezzogiorno.it, 17 ott 2012