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SORIANO NEL CIMINO (Vt). Riportato alla luce parte un grande abitato dell’età del Bronzo.

Sulla vetta del Monte Cimino, la sommità più elevata della Tuscia (m 1053 slm), è stata riportata alla luce parte di un grande abitato con strutture monumentali dell’età del Bronzo. Oggi la presentazione ufficiale del progetto, a cui hanno collaborato la Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Etruria Meridionale e il Dipartimento di Scienze dell’Antichità dell’Università Sapienza di Roma, alla presenza di Fabio Menicacci, sindaco di Soriano nel Cimino, il professore Andrea Cardarelli, e le funzionarie della Soprintendenza archeologica Laura Derme e Flavia Trucco.  Gli scavi sono condotti sul campo da archeologi della cooperativa Matrix ‘86 e da studenti e dottorandi dell’Università La Sapienza.
“La mia amministrazione – ha esordito il sindaco di Soriano nel Cimino, Fabio Menicacci – è molto entusiasta del lavoro che si sta svolgendo. Come Comune, nelle nostre possibilità, abbiamo da sempre sostenuto il progetto di ricerca e valorizzazione delle scoperte. Questa volontà rientra in un panorama di più ampia veduta finalizzato alla rinascita della cultura. Siamo riusciti, inoltre, ad inserire il Castello di Soriano nel Cimino nelle Dimore d’Italia; indubbiamente la fortezza  ha ancora bisogno di interventi, ma con l’analisi del territorio, ci stiamo attrezzando per la riqualificazione”.
I ritrovamenti archeologici risalgono alla fine dell’età del Bronzo e più precisamente a un periodo compreso fra il 1200 e il 950 a.C., dunque alcuni secoli prima della formazione della civiltà etrusca. All’interno della magnifica foresta di faggi secolari che occupa il Monte Cimino gli archeologi stanno portando alla luce i resti di un grande villaggio e di un luogo di culto situato proprio sulla vetta del monte.
Le testimonianze archeologiche sono costituite da monumentali fortificazioni in mura di pietrame a cui dovevano correlarsi anche strutture lignee delle quali rimangono le tracce rese evidenti da antichi incendi. Il luogo di culto è testimoniato, oltre che dalle mura che circondano la vetta del monte, anche dall’evidenza di roghi rituali di cui restano potenti strati di carboni e ceneri, e alcuni oggetti di chiara valenza simbolico-rituale, fra cui un vasetto zoomorfo.
“L’attività della Soprintendenza, oltreagli scavi del Monte Cimino – ha spiegato Laura Derme – è rivolta a studiare le possibili interferenze che, magari, possono crearsi tra i siti archeologici e gli apparati radicali degli alberi. A settembre (come ricordato nel corso della conferenza stampa anche dal sindaco Menicacci) si organizzerà un convegno, in collaborazione con l’Università e la Guardia Forestale, finalizzato proprio a studiare i vincoli tra scavi e ambiente circostante al fine di trovare una conferma archeologica ai dati storici”.
La straordinaria rilevanza dei rinvenimenti è data, oltre che dall’antichità dei resti, dalla loro monumentalità e funzione, anche dallo stato di conservazione. Fino ad ora, infatti, non era mai stato scavato nell’Etruria meridionale un villaggio di sommità fortificato dell’età del bronzo e tanto meno si conoscevano evidenze legate alle forme di culto delle antiche popolazioni che occuparono il territorio prima degli Etruschi.
“L’abitato del Monte Cimino, proprio per le sua collocazione eminente e dominante su tutto il territorio (con un estensione pari a 5 ettari)  – ha spiegato il professore Andrea Cardarelli – assunse probabilmente una funzione di questo tipo, sottolineata dalla presenza di un luogo di culto, significativamente posto proprio nel punto più elevato e dunque più visibile da ogni parte della regione. Anche la presenza di imponenti opere di recinzione e fortificazione può essere riferita alla particolare importanza che questo centro dovette avere in quel periodo”.
Attorno al 950 a.C. il sito fu un fenomeno che coinvolse tutto il territorio dell’Etruria meridionale creando centri protourbani che, due secoli dopo, daranno vita alle grandi città etrusche.

Fonte:
CivitaNews, 25/07/2012
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