Ad Alezio, sul Monte d’Elia, si festeggia nel 1981 un’importantissima scoperta: la necropoli messapica dell’antica città di Alytia viene finalmente riportata alla luce dopo decenni di forse, di sospetti e di punti interrogativi sulla sua esatta collocazione.
Che Alezio non fosse più nella pelle di rivelare ai salentini ciò che custodiva gelosamente da millenni sotto terra lo si era già capito da tempo, da quando, fin dal 1877, si susseguirono uno dopo l’altro rinvenimenti di epigrafi e sepolture di importanza epocale per lo studio e la comprensione di questa antica civiltà sulla cui origine gli studiosi nutrono ancora dei dubbi.
Le epigrafi più antiche, ben tre, risalgono al VI secolo a.C e sono state rinvenute in un lasso di tempo ampio quasi un secolo. Questo tempo è stato proficuamente impiegato nella ricerca e recupero di decine di reperti e sepolture all’interno del circuito urbano, concentrati oggi in via Kennedy, nel parco delle tombe monumentali, all’ombra del museo civico Messapico dove se ne racconta la storia, l’origine e qualche pettegolezzo vecchio di migliaia di anni.
Lontana dal circuito cittadino, la necropoli di Monte d’Elia, probabilmente anche all’esterno del circuito murario dell’antica città, ha conservato di fatto intatta la sua morfologia originaria. Decine di tombe monolitiche o a lastroni all’interno delle quali solo una frase, poche parole, restano a rivelare l’identica dell’individuo o della famiglia che vi sono stati deposti. Si, di fatto queste sepolture si sono prestate ad ospitare diversi membri della stessa famiglia che, all’occorrenza, ripulivano il sepolcro dalle ossa del suo predecessore, predisposte poi in piccoli pozzetti di pietra, per far spazio ad un nuovo inquilino.
Ciò che oggi è visibile è solo una piccolissima porzione dell’antica necropoli che conta almeno una cinquantina di sepolture. Dopo la scoperta gli studi proseguirono per alcuni anni, fino al 1985. Quattro anni più tardi, incapaci di preservare queste importanti testimoni della gloriosa civiltà, l’amministrazione comunale decise di interrarli in attesa che giungessero le condizioni idonee e i fondi necessari per valorizzare al meglio questo inestimabile patrimonio. Queste condizioni si sono concretizzate solo in parte, quanto basta però per rendere fruibile a visitatori una fetta del circuito funerario adeguatamente protetto dall’azione corrosiva degli agenti atmosferici.
Che Alezio non fosse più nella pelle di rivelare ai salentini ciò che custodiva gelosamente da millenni sotto terra lo si era già capito da tempo, da quando, fin dal 1877, si susseguirono uno dopo l’altro rinvenimenti di epigrafi e sepolture di importanza epocale per lo studio e la comprensione di questa antica civiltà sulla cui origine gli studiosi nutrono ancora dei dubbi.
Le epigrafi più antiche, ben tre, risalgono al VI secolo a.C e sono state rinvenute in un lasso di tempo ampio quasi un secolo. Questo tempo è stato proficuamente impiegato nella ricerca e recupero di decine di reperti e sepolture all’interno del circuito urbano, concentrati oggi in via Kennedy, nel parco delle tombe monumentali, all’ombra del museo civico Messapico dove se ne racconta la storia, l’origine e qualche pettegolezzo vecchio di migliaia di anni.
Lontana dal circuito cittadino, la necropoli di Monte d’Elia, probabilmente anche all’esterno del circuito murario dell’antica città, ha conservato di fatto intatta la sua morfologia originaria. Decine di tombe monolitiche o a lastroni all’interno delle quali solo una frase, poche parole, restano a rivelare l’identica dell’individuo o della famiglia che vi sono stati deposti. Si, di fatto queste sepolture si sono prestate ad ospitare diversi membri della stessa famiglia che, all’occorrenza, ripulivano il sepolcro dalle ossa del suo predecessore, predisposte poi in piccoli pozzetti di pietra, per far spazio ad un nuovo inquilino.
Ciò che oggi è visibile è solo una piccolissima porzione dell’antica necropoli che conta almeno una cinquantina di sepolture. Dopo la scoperta gli studi proseguirono per alcuni anni, fino al 1985. Quattro anni più tardi, incapaci di preservare queste importanti testimoni della gloriosa civiltà, l’amministrazione comunale decise di interrarli in attesa che giungessero le condizioni idonee e i fondi necessari per valorizzare al meglio questo inestimabile patrimonio. Queste condizioni si sono concretizzate solo in parte, quanto basta però per rendere fruibile a visitatori una fetta del circuito funerario adeguatamente protetto dall’azione corrosiva degli agenti atmosferici.
Autore: Marco Piccinni, 17/06/2012