Ritorna alla ribalta la vecchia storia relativa alla “Haven”, la superpetroliera costruita nel 1973 e affondata l’11 aprile 1991 durante il travaso del greggio causando un danno ambientale enorme alle acque ed ai fondali del Golfo di Genova.
Una tragedia durata anni che ancora oggi – malgrado la carcassa sia diventata rifugio delle specie ittiche – con il lento dissolvimento delle vernici, delle lamiere e di tutto quanto tuttora a bordo, costituisce un ingombro di potenziale inquinamento.
La cronaca riporta che il disastro è avvenuto per un incendio che ha coinvolto scafo e serbatoi in una lunga sequenza di operazioni per salvare il salvabile. Le fiamme ed il fumo acre durarono tre giorni mentre si susseguivano le esplosioni del materiale infiammabile. La nave si spezzò in due tronconi, uno dei quali sprofondò subito a quasi 100 metri di profondità davanti alla delegazione di Genova Voltri. Intorno ai residui del relitto intervennero i rimorchiatori con solventi per arginare la grande chiazza che si propagava velocemente: la nave venne agganciata tentando di avvicinarla alla spiaggia per farla arenare su fondali bassi. Operazione molto pericolosa per i soccorritori perché lo scafo si seziono’ ulteriormente in seguito ad altre deflagrazioni. La sezione principale affondò definitivamente tre giorni dopo l’incendio, cinque morti dell’equipaggio, 140.000 ton. di idrocarburi dispersi davanti alla spiaggia di Arenzano, il più grave incidente di questo genere per le nostre coste. La parte poppiera (220 mt.) si adagiò a 80 mt. sotto la superficie, e ci vorranno anni per lenire il disastro.
La novità è costituita da un’idea del fotografo Aldo Ferrucci che ha realizzato 15 immagini di una parte del relitto trasferite su pannelli di 1 mt. x 1,40 mt. cadauno da ancorare sul fondo in una mostra subacquea permanente a 34 mt. sotto il livello del mare (sembra che l’unico precedente di questa iniziativa sia stato realizzato in Francia). Naturalmente le foto sono state stampate con inchiostri speciali – testati in precedenza – che possono resistere al dissolvimento dovuto all’azione marina almeno per un anno.
Già il sito è protetto come oasi artificiale per la flora e la fauna, già è diventato una palestra per le prime prove in mare con muta e bombole ma i subacquei esperti avranno un’emozione diversa dal solito ad una profondità non al limite del pericolo: potranno vedere le fotografie dell’elica, del motore, della sala macchine e della plancia di una nave che all’origine misurava 250 mt. x 51 mt.
Durante la visita saranno aiutati dalle didascalie stampate sulle immagini e da sub-guida che potranno fare da ciceroni a gruppi organizzati.
Una tragedia durata anni che ancora oggi – malgrado la carcassa sia diventata rifugio delle specie ittiche – con il lento dissolvimento delle vernici, delle lamiere e di tutto quanto tuttora a bordo, costituisce un ingombro di potenziale inquinamento.
La cronaca riporta che il disastro è avvenuto per un incendio che ha coinvolto scafo e serbatoi in una lunga sequenza di operazioni per salvare il salvabile. Le fiamme ed il fumo acre durarono tre giorni mentre si susseguivano le esplosioni del materiale infiammabile. La nave si spezzò in due tronconi, uno dei quali sprofondò subito a quasi 100 metri di profondità davanti alla delegazione di Genova Voltri. Intorno ai residui del relitto intervennero i rimorchiatori con solventi per arginare la grande chiazza che si propagava velocemente: la nave venne agganciata tentando di avvicinarla alla spiaggia per farla arenare su fondali bassi. Operazione molto pericolosa per i soccorritori perché lo scafo si seziono’ ulteriormente in seguito ad altre deflagrazioni. La sezione principale affondò definitivamente tre giorni dopo l’incendio, cinque morti dell’equipaggio, 140.000 ton. di idrocarburi dispersi davanti alla spiaggia di Arenzano, il più grave incidente di questo genere per le nostre coste. La parte poppiera (220 mt.) si adagiò a 80 mt. sotto la superficie, e ci vorranno anni per lenire il disastro.
La novità è costituita da un’idea del fotografo Aldo Ferrucci che ha realizzato 15 immagini di una parte del relitto trasferite su pannelli di 1 mt. x 1,40 mt. cadauno da ancorare sul fondo in una mostra subacquea permanente a 34 mt. sotto il livello del mare (sembra che l’unico precedente di questa iniziativa sia stato realizzato in Francia). Naturalmente le foto sono state stampate con inchiostri speciali – testati in precedenza – che possono resistere al dissolvimento dovuto all’azione marina almeno per un anno.
Già il sito è protetto come oasi artificiale per la flora e la fauna, già è diventato una palestra per le prime prove in mare con muta e bombole ma i subacquei esperti avranno un’emozione diversa dal solito ad una profondità non al limite del pericolo: potranno vedere le fotografie dell’elica, del motore, della sala macchine e della plancia di una nave che all’origine misurava 250 mt. x 51 mt.
Durante la visita saranno aiutati dalle didascalie stampate sulle immagini e da sub-guida che potranno fare da ciceroni a gruppi organizzati.
Autore: Giuliano.confalonieri@alice.it