All’indomani dell’ennesima ferita che l’incuria e il degrado hanno inferto agli scavi di Pompei, i sindacati tornano all’attacco: «Ma la mappa del rischio, tanto osannata dalla soprintendente, c’è o non c’è? Lo stato di conservazione dell’area archeologica rimane critico – afferma Antonio Pepe segretario della Cisl – e ciò rafforza i nostri dubbi circa il monitoraggio che si dice sia stato effettuato e la relativa esistenza di una mappa del rischio. Se tale documento esiste, perché non lo si sottopone alla visione dei lavoratori, così, da salvaguardarli dai potenziali pericoli di finire sotto le macerie di futuri crolli?».
Si apre dunque un giallo sull’esistenza di un report che fotografa quante e quali domus siano a rischio cedimento. Sull’argomento la soprintendente precisa che «la mappa del rischio è un documento tecnico che non tutti possono visionare».
Si apre dunque un giallo sull’esistenza di un report che fotografa quante e quali domus siano a rischio cedimento. Sull’argomento la soprintendente precisa che «la mappa del rischio è un documento tecnico che non tutti possono visionare».
Ma i custodi hanno paura.
«Si tratta di un altro segnale allarmante per la sicurezza di lavoratori e visitatori – continua Pepe – purtroppo dobbiamo prendere atto delle numerose chiacchiere e dei pochi fatti avvenuti dopo il 6 novembre 2010 con il crollo della Scuola d’Armi. Pompei ha bisogno di personale, qui gli unici a monitorare l’area archeologica e a segnalarne lo stato di conservazione sono quei 27 custodi che si avvicendano alla salvaguardia dei circa 1500 edifici, affreschi e mosaici sparsi nei 600mila metri quadri area archeologica.
Sulla equa distribuzione del personale – annuncia il segretario Cisl, che il 24 aprile si siederà con le altre sigle e la soprintendente al tavolo delle trattative proprio per discutere di questa tematica – non faremo sconti a nessuno. Si sta perdendo troppo tempo, noi siamo per nuove assunzioni, ma nel frattempo utilizziamo al meglio e dove occorrono questo esercito di 945 dipendenti sparsi per il territorio della Soprintendenza Speciale peri Beni Archeologici di Napoli e Pompei. Il nostro personale addetto alla manutenzione, benché volenteroso, continua ad essere poco utilizzato, male organizzato, peggio distribuito e maldestramente gestito, non riuscendo così a garantire l’ordinaria conservazione delle domus che in molti casi custodiscono affreschi e mosaici. Un’operazione, questa, che se fatta in breve tempo garantirebbe, prima dell’imminente arrivo dell’alta stagione turistica, sia di aprire al pubblico tutte le domus agibili, sia di prevenire crolli con interventi puntuali di manutenzione ordinaria di domus, affreschi e mosaici».
I custodi, che reputano una missione, più che un lavoro, il vigilare sul patrimonio archeologico, dal canto loro dicono di conoscere ogni centimetro dell’area archeologica, ogni affresco, ogni mosaico e che la mappa del rischio è impressa nella loro mente.
«Noi sapremmo dove, come e quando intervenire per salvare il patrimonio archeologico da una seconda morte. Conosciamo ogni crepa che si annida tra le antiche strutture, che rischiamo di farle cedere ad ogni temporale. La nostra professionalità unita alla conoscenza, purtroppo, serve a ben poco se messa a tacere da chi dovrebbe, e avrebbe dovuto, impiegare le risorse, economiche e umane, e vi assicuriamo che ci sono, che ha da sempre a disposizione per prevenire nuovi crolli e per evitare quelli già avvenuti».
Allarmati, anche se per motivazioni diverse, si dicono pure gli operatori turistici.
«Se gli scavi continuano a crollare e le aree interdette al pubblico continuano ad aumentare, chi ci viene più a Pompei? La nostra economia è in serio pericolo».
«Si tratta di un altro segnale allarmante per la sicurezza di lavoratori e visitatori – continua Pepe – purtroppo dobbiamo prendere atto delle numerose chiacchiere e dei pochi fatti avvenuti dopo il 6 novembre 2010 con il crollo della Scuola d’Armi. Pompei ha bisogno di personale, qui gli unici a monitorare l’area archeologica e a segnalarne lo stato di conservazione sono quei 27 custodi che si avvicendano alla salvaguardia dei circa 1500 edifici, affreschi e mosaici sparsi nei 600mila metri quadri area archeologica.
Sulla equa distribuzione del personale – annuncia il segretario Cisl, che il 24 aprile si siederà con le altre sigle e la soprintendente al tavolo delle trattative proprio per discutere di questa tematica – non faremo sconti a nessuno. Si sta perdendo troppo tempo, noi siamo per nuove assunzioni, ma nel frattempo utilizziamo al meglio e dove occorrono questo esercito di 945 dipendenti sparsi per il territorio della Soprintendenza Speciale peri Beni Archeologici di Napoli e Pompei. Il nostro personale addetto alla manutenzione, benché volenteroso, continua ad essere poco utilizzato, male organizzato, peggio distribuito e maldestramente gestito, non riuscendo così a garantire l’ordinaria conservazione delle domus che in molti casi custodiscono affreschi e mosaici. Un’operazione, questa, che se fatta in breve tempo garantirebbe, prima dell’imminente arrivo dell’alta stagione turistica, sia di aprire al pubblico tutte le domus agibili, sia di prevenire crolli con interventi puntuali di manutenzione ordinaria di domus, affreschi e mosaici».
I custodi, che reputano una missione, più che un lavoro, il vigilare sul patrimonio archeologico, dal canto loro dicono di conoscere ogni centimetro dell’area archeologica, ogni affresco, ogni mosaico e che la mappa del rischio è impressa nella loro mente.
«Noi sapremmo dove, come e quando intervenire per salvare il patrimonio archeologico da una seconda morte. Conosciamo ogni crepa che si annida tra le antiche strutture, che rischiamo di farle cedere ad ogni temporale. La nostra professionalità unita alla conoscenza, purtroppo, serve a ben poco se messa a tacere da chi dovrebbe, e avrebbe dovuto, impiegare le risorse, economiche e umane, e vi assicuriamo che ci sono, che ha da sempre a disposizione per prevenire nuovi crolli e per evitare quelli già avvenuti».
Allarmati, anche se per motivazioni diverse, si dicono pure gli operatori turistici.
«Se gli scavi continuano a crollare e le aree interdette al pubblico continuano ad aumentare, chi ci viene più a Pompei? La nostra economia è in serio pericolo».
Fonte: Il Mattino, 22-04-2012