La predilezione globale per le sue carni lo sta mettendo a grave rischio di estinzione, ma la fuga del tonno dai pescatori non è una vicenda prettamente moderna, anzi. Questo pesce sfamava i nostri antenati già 42 mila anni fa, come confermerebbe una recente scoperta archeologica effettuata nel Sudest asiatico. Navigare in mare aperto non era un problema per i Sapiens, che sarebbero approdati in Australia, sfidando chilometri e chilometri di onde, già 50 mila anni fa. Eppure, mentre crostacei e molluschi venivano pescati in acque basse già 160 mila anni prima di Cristo, la prima testimonianza valida di pesca con ami e lance ci riporta a un’epoca molto più tarda, da collocarsi intorno ai 12 mila anni fa.
Un nuovo ritrovamento potrebbe però retrodare la comparsa di ami e lance da pesca di parecchie migliaia di anni. Sue O’Connor dell’Australian National University di Canberra e la sua equipe hanno rinvenuto nella grotta di Jerimalai, una caverna poco profonda situata a Timor Est, sull’isola di Timor (a nord dell’Australia), 38 mila lische appartenenti a a 2843 singoli pesci di diverse specie, tra cui tonni e pesci pappagallo, che notoriamente si pescano solo in acque profonde. L’analisi al radiocarbonio ha rivelato che i reperti più vecchi risalgono a 42 mila anni fa. E non è tutto. Tra le lische è stato rinvenuto un amo da pesca rotto ricavato da una conchiglia, da datarsi tra i 16 e i 23 mila anni fa: secondo gli esperti, il più antico esempio di amo da pesca mai rinvenuto finora. Nello stesso sito, è stato trovato anche un altro amo, realizzato circa 11 mila anni fa.
La necessità aguzza l’ingegno
La scoperta farebbe ipotizzare che coloro che abitavano a Timor Est 42 mila anni fa avessero una notevole dimestichezza con la pesca d’altura. Inoltre, le risorse alimentari sull’isola all’epoca scarseggiavano, e le soli carni commestibili erano probabilmente quelle di ratti e pipistrelli. È quindi possibile che sia stata la necessità di integrare la dieta a incentivare i progressi in questo tipo di attività. Questo comunque non significa che la pesca d’altura sia nata sull’isola di Timor: all’epoca, infatti, il livello del mare era 60-70 metri più basso rispetto ad ora, e molte zone costiere sabbiose occupate dall’uomo nel Pleistocene sono ora sommerse (mentre non lo è la costa della grotta di Jerimalai, che è scogliosa).
Provviste per il viaggio
«Dopo aver lasciato il continente africano 70 mila anni fa, l’uomo moderno ha impiegato solo 20 mila anni per navigare intorno all’Asia e raggiungere l’Australia» spiega Ian McNiven, ricercatore della Monash University di Melbourne che non ha preso parte allo studio «mentre il viaggio via terra per raggiungere l’Europa, anche se molto più corto, ha richiesto 30 mila anni. Gli spostamenti dei nostri antenati lungo le zone costiere erano dunque piuttosto rapidi. Lo sviluppo di abilità nella pesca potrebbe aver facilitato i loro viaggi via mare».
Un nuovo ritrovamento potrebbe però retrodare la comparsa di ami e lance da pesca di parecchie migliaia di anni. Sue O’Connor dell’Australian National University di Canberra e la sua equipe hanno rinvenuto nella grotta di Jerimalai, una caverna poco profonda situata a Timor Est, sull’isola di Timor (a nord dell’Australia), 38 mila lische appartenenti a a 2843 singoli pesci di diverse specie, tra cui tonni e pesci pappagallo, che notoriamente si pescano solo in acque profonde. L’analisi al radiocarbonio ha rivelato che i reperti più vecchi risalgono a 42 mila anni fa. E non è tutto. Tra le lische è stato rinvenuto un amo da pesca rotto ricavato da una conchiglia, da datarsi tra i 16 e i 23 mila anni fa: secondo gli esperti, il più antico esempio di amo da pesca mai rinvenuto finora. Nello stesso sito, è stato trovato anche un altro amo, realizzato circa 11 mila anni fa.
La necessità aguzza l’ingegno
La scoperta farebbe ipotizzare che coloro che abitavano a Timor Est 42 mila anni fa avessero una notevole dimestichezza con la pesca d’altura. Inoltre, le risorse alimentari sull’isola all’epoca scarseggiavano, e le soli carni commestibili erano probabilmente quelle di ratti e pipistrelli. È quindi possibile che sia stata la necessità di integrare la dieta a incentivare i progressi in questo tipo di attività. Questo comunque non significa che la pesca d’altura sia nata sull’isola di Timor: all’epoca, infatti, il livello del mare era 60-70 metri più basso rispetto ad ora, e molte zone costiere sabbiose occupate dall’uomo nel Pleistocene sono ora sommerse (mentre non lo è la costa della grotta di Jerimalai, che è scogliosa).
Provviste per il viaggio
«Dopo aver lasciato il continente africano 70 mila anni fa, l’uomo moderno ha impiegato solo 20 mila anni per navigare intorno all’Asia e raggiungere l’Australia» spiega Ian McNiven, ricercatore della Monash University di Melbourne che non ha preso parte allo studio «mentre il viaggio via terra per raggiungere l’Europa, anche se molto più corto, ha richiesto 30 mila anni. Gli spostamenti dei nostri antenati lungo le zone costiere erano dunque piuttosto rapidi. Lo sviluppo di abilità nella pesca potrebbe aver facilitato i loro viaggi via mare».
Autore: Elisabetta Intini.
Fonte: Focus.it, 29/11/2011