Nel settembre 2011 i mass media hanno diffuso la notizia relativa al ritrovamento del relitto del lussuoso piroscafo inglese Transylvania affondato da un U-Boot tedesco al largo dell’isolotto di Bergeggi che spicca a poche centinaia di metri dalla riviera savonese. Una catastrofe del 1917 ricordata con una statua eretta molto tempo fa a Spotorno e dalla stele sulla costa su cui è stata incisa la scritta commemorativa: “Dai silenzi di questo mare esuli spiriti naufraghi dicono ai secoli l’insidia nemica ai venti che passano le canzoni nostalgiche della Patria l’eterno senso umano della stirpe”. Una croce sul promontorio conferma la “gratitudine imperitura del popolo britannico verso gli abitanti di questi lidi per il generoso soccorso”.
Nel 1977 l’Editore Sabatelli di Savona ha stampato il libro “L’affondamento del Transylvania” nel quale l’autore Renzo Aiolfi ricostruisce dettagliatamente le fasi della tragedia. Un altro libro del 2000 edito dall’Azienda Grafica Busco di Rapallo (“Navi e relitti tra Montecarlo e il promontorio di Portofino” di Emilio Carta con la collaborazione di Adriano Penco) segnala che già nel 1999 il Centro Studi Attività Marinare di Vado Ligure aveva individuato il relitto che giace sul fondo a 400/500 metri. La novità consiste nell’avere avuto a disposizione il robot sottomarino Pluto Palla realizzato dall’imprenditore lombardo Guido Gay e di averlo immerso ad una profondità irraggiungibile per un sommozzatore.
Il nucleo nazionale dei carabinieri del centro subacqueo di Genova Voltri ha potuto così effettuare riprese cine-fotografiche delle strutture rimaste di uno dei più moderni – all’epoca – transatlantici della flotta inglese, varato nel 1914. A prescindere dagli aneddoti che si sono sovrapposti nel tempo, ripercorriamo la storia di questo piroscafo che trasportava 3500 militari partiti da Marsiglia e diretti al fronte palestinese.
Navigava sotto costa proprio per il timore dei sommergibili nemici, zigzagando e protetto da un paio di cacciatorpediniere giapponesi. Le 14.000 tonnellate del bastimento erano intralciate nella loro corsa dal forte vento e dal mare agitato. È il 4 maggio 1917, poco dopo le undici, quando il primo siluro colpisce la fiancata della nave; venti minuti dopo l’U-Boot lancia il secondo siluro mortale malgrado il tentativo del comandante del Transylvania di dirigersi su qualche secca della vicina isola: la grande nave sbanda e comincia ad imbarcare acqua a tonnellate. Si calano le scialuppe di salvataggio, i caccia giapponesi si avvicinano per prestare soccorso, dal porto di Savona escono i rimorchiatori, le barche dei pescatori rivieraschi vengono alate dagli scivoli e sospinti a forza di remi verso il vortice d’acqua. Il bilancio, malgrado gli sforzi congiunti degli intervenuti, conta 407 vittime, molte disperse e molte tumulate nei cimiteri della zona. I superstiti, tra i quali un gruppo di crocerossine, hanno vissuto l’angoscia tra la vita e la morte con crescente terrore in attesa spasmodica del destino di ognuno.
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