Nelle sale dello storico palazzo Capua, è stato inaugurato il nuovo Museo Archeologico Nazionale, con una selezione dei materiali provenienti dagli antichi abitati e necropoli della valle del Sarno corrispondenti agli attuali insediamentidi Sarno, San Marzano sul Sarno, San Valentino Torio.
Dalle più antiche tracce di frequentazione umana dell’area, individuate in località Foce e risalenti all’età neolitica (IV millennio a.C.), la narrazione dello sviluppo delle comunità indigene della zona, legate ad un’economia agricolo pastorale, si sviluppa attraverso la scoperta di oggetti che ne documentano vita quotidiana, rapporti di amicizia, ospitalità e scambio con altre genti indigene e con i centri greci dell’Italia meridionale, la ricchezza e soprattutto i pensieri che sottendono ai rituali funerari ed alla scelta di oggetti che accompagnano il defunto.
Particolarmente suggestivi sono i corredi femminili di età orientalizzante (metà VIII – inizio VII sec. a.C.), come quello della tomba di 818 di San Valentino Torio, caratterizzati da monili e decorazioni in bronzo: una fascia di bronzo fermava un velo sulla fronte, fibule in bronzo, in argento e rivestite d’ambra tenevano il vestito, arricchito a sua volta da catenelle e pendagli e fermato in vita da un cinturone, mentre braccia e dita delle mani e dei piedi erano rivestiti di armille, bracciali e anelli di bronzo.
La crisi delle comunità della valle, documentata dalla graduale scomparsa delle necropoli e dalla semplificazione dei corredi nel corso della prima metà del VI sec. a.C., è probabilmente da collegare ad un fenomeno di sinecismo (trasferimento della popolazione in nun unico centro) che diede luogo alla nascita di Pompei. Ciò non comportò tuttavia l’abbandono di un’areafertile e produttiva, come dimostrano le belle tombe dipinte in località Galitta del Capitano e le ricche tombe di località San Vito.
La storia narrata delle scoperte continua al Museo di Sarno.
Dalle più antiche tracce di frequentazione umana dell’area, individuate in località Foce e risalenti all’età neolitica (IV millennio a.C.), la narrazione dello sviluppo delle comunità indigene della zona, legate ad un’economia agricolo pastorale, si sviluppa attraverso la scoperta di oggetti che ne documentano vita quotidiana, rapporti di amicizia, ospitalità e scambio con altre genti indigene e con i centri greci dell’Italia meridionale, la ricchezza e soprattutto i pensieri che sottendono ai rituali funerari ed alla scelta di oggetti che accompagnano il defunto.
Particolarmente suggestivi sono i corredi femminili di età orientalizzante (metà VIII – inizio VII sec. a.C.), come quello della tomba di 818 di San Valentino Torio, caratterizzati da monili e decorazioni in bronzo: una fascia di bronzo fermava un velo sulla fronte, fibule in bronzo, in argento e rivestite d’ambra tenevano il vestito, arricchito a sua volta da catenelle e pendagli e fermato in vita da un cinturone, mentre braccia e dita delle mani e dei piedi erano rivestiti di armille, bracciali e anelli di bronzo.
La crisi delle comunità della valle, documentata dalla graduale scomparsa delle necropoli e dalla semplificazione dei corredi nel corso della prima metà del VI sec. a.C., è probabilmente da collegare ad un fenomeno di sinecismo (trasferimento della popolazione in nun unico centro) che diede luogo alla nascita di Pompei. Ciò non comportò tuttavia l’abbandono di un’areafertile e produttiva, come dimostrano le belle tombe dipinte in località Galitta del Capitano e le ricche tombe di località San Vito.
La storia narrata delle scoperte continua al Museo di Sarno.
Info:
0895647201, e-mail: sba-sa@beniculturali.it
Fonte: Archeologia Viva, settembre/ottobre 2011.