Nel sec. XVIII, quando furono intrapresi gli scavi di Pompei ed Ercolano, il rosso pompeiano divenne la tinta preferita per i salotti “bene” dei ricchi europei.
Ora però sembra giunto il momento di escluderlo dalla tavolozza dei colori.
Secondo una nuova ricerca, presentata la scorsa settimana a Roma, all’Università della Sapienza, ampi frammenti d’intonaco affrescati in “rosso pompeiano” erano in origine gialli e cambiarono colore reagendo con i gas emessi dal vulcano, quando il Vesuvio eruttò, nel 79 d.C.
Gli esperti sanno da tempo che alcuni degli affreschi del caratteristico rosso vivo a Pompei e ad Ercolano in origine erano gialli. Ora un nuovo studio condotto dall’Istituto Nazionale di Ottica suggerisce di ampliare il numero degli affreschi che hanno mutato colore.
Sergio Omarini ha presentato i risultati della ricerca: “Si conoscevano 246 frammenti percepiti come rossi e 57 come gialli. La nuova ricerca muta il loro numero, rispettivamente, in 165 e 138.
“La scoperta ci induce a pensare che l’originale aspetto della città fosse ben diverso da quanto si credeva, quando si pensava che prevalesse il rosso ‘pompeiano’.”
Andrew Wallace-Hadrill, professore di studi classici all’Università di Cambridge, e autore di Houses and Society in Pompeii and Herculaneum, ha detto: “Una delle ironie di questa scoperta consiste nel fatto che il rosso, nell’Antichità, era regolarmente imitato, perché era un colore molto caro e pregiato. Il rosse vivo era realizzato con il minio, un composto di piombo importato dall’Armenia. Il rosso pompeiano era invece una “soluzione povera”, fatta lavando con il rosso dei nuri preventivamente dipinti di giallo.”
I vari rossi di Pompei: il vero rosso, caro, e la versione economica, e poi quello prodotto dai gas del vulcano, possono essere difficili da discernere, anche per gli esperti. Talvolta l’ultimo tipo si può identificare dai “segni di marea”: “si vede chiaramente che sul muro il rosso va digradando verso il giallo”.
I più famosi affreschi in rosso pompeiano sono quelli della cosiddetta “Villa dei Misteri”, in cui gruppi di figure enigmatiche compiono rituali su uno sfondo scarlatto. Secondo Wallace-Hadrill, quasi certamente quelle pareti erano rosse anche in origine – benché il loro splendore e la vrillantezza siano dovuti ai restauri aggressivi compiuti al principio del sec. XX. “Si tratta probabilmente di un rosso autentico, di quelli più cari – egli dice – E’ troppo presto per sostenere che il rosso pompeiano sia un colore del tutto inventato.”
Mary Beard, professoressa di studi classici a Cambridge e autrice di Pompeii, dice: “Sono sempre un poco sospettosa di fronte a tali scoperte. Sappiamo che un tempo alcuni di quei rossi erano gialli, ma non posso essere sicura della loro percentuale. Ciò che è sicuro è che il calore ha un certo effetto sui colori: così dobbiamo perdere l’idea che Pompei fosse una specie di ‘capsula del tempo’.”
La scoperta delle case antiche a Pompeii, Ercolano e altrove ha avuto un effetto enorme sulla storia del gusto. Generazioni di persone d’alto livello, in Gran Bretagna e in Europa, hanno visitato l’Italia compiendo il Grand Tour, come per esempio l’architetto Sir John Soane, che vide gli scavi nel 1780. A giudicare dal suo uso frequente del colore nelle proprie opere, “il Rosso Pompeiano era il suo colore preferito”, secondo Tim Knox, direttore del Sir John Soane’s Museum.
Secondo Amanda Vickery, professoressa di storia alla Queen Mary University of London, e autrice di Behind Closed Doors: At Home in Georgian England: “Il Grand Tour forgiò i parametri culturali del gruppo dirigente per 150 anni. Era una specie di anno sabbatico di istruzione complementare, e serviva a modellare il buon gusto.”
Ora però sembra giunto il momento di escluderlo dalla tavolozza dei colori.
Secondo una nuova ricerca, presentata la scorsa settimana a Roma, all’Università della Sapienza, ampi frammenti d’intonaco affrescati in “rosso pompeiano” erano in origine gialli e cambiarono colore reagendo con i gas emessi dal vulcano, quando il Vesuvio eruttò, nel 79 d.C.
Gli esperti sanno da tempo che alcuni degli affreschi del caratteristico rosso vivo a Pompei e ad Ercolano in origine erano gialli. Ora un nuovo studio condotto dall’Istituto Nazionale di Ottica suggerisce di ampliare il numero degli affreschi che hanno mutato colore.
Sergio Omarini ha presentato i risultati della ricerca: “Si conoscevano 246 frammenti percepiti come rossi e 57 come gialli. La nuova ricerca muta il loro numero, rispettivamente, in 165 e 138.
“La scoperta ci induce a pensare che l’originale aspetto della città fosse ben diverso da quanto si credeva, quando si pensava che prevalesse il rosso ‘pompeiano’.”
Andrew Wallace-Hadrill, professore di studi classici all’Università di Cambridge, e autore di Houses and Society in Pompeii and Herculaneum, ha detto: “Una delle ironie di questa scoperta consiste nel fatto che il rosso, nell’Antichità, era regolarmente imitato, perché era un colore molto caro e pregiato. Il rosse vivo era realizzato con il minio, un composto di piombo importato dall’Armenia. Il rosso pompeiano era invece una “soluzione povera”, fatta lavando con il rosso dei nuri preventivamente dipinti di giallo.”
I vari rossi di Pompei: il vero rosso, caro, e la versione economica, e poi quello prodotto dai gas del vulcano, possono essere difficili da discernere, anche per gli esperti. Talvolta l’ultimo tipo si può identificare dai “segni di marea”: “si vede chiaramente che sul muro il rosso va digradando verso il giallo”.
I più famosi affreschi in rosso pompeiano sono quelli della cosiddetta “Villa dei Misteri”, in cui gruppi di figure enigmatiche compiono rituali su uno sfondo scarlatto. Secondo Wallace-Hadrill, quasi certamente quelle pareti erano rosse anche in origine – benché il loro splendore e la vrillantezza siano dovuti ai restauri aggressivi compiuti al principio del sec. XX. “Si tratta probabilmente di un rosso autentico, di quelli più cari – egli dice – E’ troppo presto per sostenere che il rosso pompeiano sia un colore del tutto inventato.”
Mary Beard, professoressa di studi classici a Cambridge e autrice di Pompeii, dice: “Sono sempre un poco sospettosa di fronte a tali scoperte. Sappiamo che un tempo alcuni di quei rossi erano gialli, ma non posso essere sicura della loro percentuale. Ciò che è sicuro è che il calore ha un certo effetto sui colori: così dobbiamo perdere l’idea che Pompei fosse una specie di ‘capsula del tempo’.”
La scoperta delle case antiche a Pompeii, Ercolano e altrove ha avuto un effetto enorme sulla storia del gusto. Generazioni di persone d’alto livello, in Gran Bretagna e in Europa, hanno visitato l’Italia compiendo il Grand Tour, come per esempio l’architetto Sir John Soane, che vide gli scavi nel 1780. A giudicare dal suo uso frequente del colore nelle proprie opere, “il Rosso Pompeiano era il suo colore preferito”, secondo Tim Knox, direttore del Sir John Soane’s Museum.
Secondo Amanda Vickery, professoressa di storia alla Queen Mary University of London, e autrice di Behind Closed Doors: At Home in Georgian England: “Il Grand Tour forgiò i parametri culturali del gruppo dirigente per 150 anni. Era una specie di anno sabbatico di istruzione complementare, e serviva a modellare il buon gusto.”
Fonte: The Guardian, 23 settembre 2011.