Cristo onnipotente, il Pantocratore, seduto in trono, benedicente, fra schiere angeliche, e’ riapparso a San Mauro Torinese.
Si tratta di un eccezionale capolavoro d’arte romanica, tornato alla luce sull’abside dove venne affrescato, circa 900 anni fa, nella chiesa di «Santa Maria in Pulcherada».
Fu eretta come basilica di tre navate. I benedettini la edificarono sui resti di una chiesa piu’ antica, fondata durante l’impero di Carlo Magno, forse su presenze religiose precedenti, che nel settimo secolo avevano gia’ scelto quella «bella rada», la «pulchra rada» in riva al Po, che denomino’ la chiesa di Santa Maria fin delle sue origini.
Distrutta in seguito da ripetute incursioni saracene, avvenute fra il 937 e il 954, la chiesa risorse. Dal 991 e’ citata come importante faro di fede medievale. Fu riplasmata nel 1665 nell’attuale veste barocca, con cappelle laterali.
Venne poi manipolata nel 1813, per inserirvi l’altare in marmo. Fu quindi ridipinta nel 1927, fino a nascondere le sue piu’ antiche vestigia, che infine sono state ritrovate. Le hanno restituite alla storia meticolosi scavi archeologici, indagini e restauri, promossi e finanziati dal Comune, guidato dal sindaco Giacomo Coggiola. Per il recupero della chiesa ha stanziato 283 mila euro. La Compagnia di San Paolo ne ha aggiunti 70 mila. La Fondazione Crt partecipa con altri 25 mila.
L’intervento, progettato dagli architetti Jacopo Chiara e Luca Ghiringhelli, e stato condotto dal Consorzio San Luca, presieduto da Michelangelo Varetto. Hanno l’onere di un cantiere che, per le sue caratteristiche, ha subito coinvolto tutte le Soprintendenze: Archeologica, ai Beni Architettonici e a quelli Artistici, oggi guidate rispettivamente da Egle Micheletto, Luisa Papotti e Edith Gabrielli.
Scavi archeologici, diretti dalle archeologhe Gabriella Panto’ e Luisella Pejrani, hanno identificato la presenza di svariate tombe, con sepolture maschili databili dall’eta’ longobarda.
Sono stati intercettati anche una cripta sotto l’abside e resti dell’antico monastero medievale. Ma la massima sorpresa si e’ avuta poco prima di Natale. I restauratori, sotto egida degli storici dell’arte della Soprintendenza Claudio Bertolotto e Giorgia Corso, nell’intervenire sulle pareti dell’abside hanno visto affiorare una mano affrescata. Pareva indicare dove recuperare, dopo nove secoli, la visione del Cristo Pantocratore. Vestito di porpora, con viso ieratico, e’ riapparso in un «clipeo» di luce celestiale, fra schiere di angeli, su una superficie affrescata di circa trenta metri quadri, che nel 1667 era stata celata.
La scoperta, secondo gli esperti, «appare di eccezionale portata e valore». Il sindaco Coggiola, emozionato, annuncia altri 200 mila euro, per estendere le opere al recupero di ambienti attigui. Uno, annerito dalla presenza di una caldaia, ha rivelato un ulteriore giacimento di affreschi. All’analisi dei risultati ottenuti e alla loro interpretazione partecipano anche il Cnr, l’Universita’ e il Politecnico di Torino. Sono attesi importanti annunci. Saranno resi noti nel corso di un convegno, il 31 marzo. Verra’ presieduto da uno dei massimi storici dell’arte: il professor Giovanni Romano.
Si tratta di un eccezionale capolavoro d’arte romanica, tornato alla luce sull’abside dove venne affrescato, circa 900 anni fa, nella chiesa di «Santa Maria in Pulcherada».
Fu eretta come basilica di tre navate. I benedettini la edificarono sui resti di una chiesa piu’ antica, fondata durante l’impero di Carlo Magno, forse su presenze religiose precedenti, che nel settimo secolo avevano gia’ scelto quella «bella rada», la «pulchra rada» in riva al Po, che denomino’ la chiesa di Santa Maria fin delle sue origini.
Distrutta in seguito da ripetute incursioni saracene, avvenute fra il 937 e il 954, la chiesa risorse. Dal 991 e’ citata come importante faro di fede medievale. Fu riplasmata nel 1665 nell’attuale veste barocca, con cappelle laterali.
Venne poi manipolata nel 1813, per inserirvi l’altare in marmo. Fu quindi ridipinta nel 1927, fino a nascondere le sue piu’ antiche vestigia, che infine sono state ritrovate. Le hanno restituite alla storia meticolosi scavi archeologici, indagini e restauri, promossi e finanziati dal Comune, guidato dal sindaco Giacomo Coggiola. Per il recupero della chiesa ha stanziato 283 mila euro. La Compagnia di San Paolo ne ha aggiunti 70 mila. La Fondazione Crt partecipa con altri 25 mila.
L’intervento, progettato dagli architetti Jacopo Chiara e Luca Ghiringhelli, e stato condotto dal Consorzio San Luca, presieduto da Michelangelo Varetto. Hanno l’onere di un cantiere che, per le sue caratteristiche, ha subito coinvolto tutte le Soprintendenze: Archeologica, ai Beni Architettonici e a quelli Artistici, oggi guidate rispettivamente da Egle Micheletto, Luisa Papotti e Edith Gabrielli.
Scavi archeologici, diretti dalle archeologhe Gabriella Panto’ e Luisella Pejrani, hanno identificato la presenza di svariate tombe, con sepolture maschili databili dall’eta’ longobarda.
Sono stati intercettati anche una cripta sotto l’abside e resti dell’antico monastero medievale. Ma la massima sorpresa si e’ avuta poco prima di Natale. I restauratori, sotto egida degli storici dell’arte della Soprintendenza Claudio Bertolotto e Giorgia Corso, nell’intervenire sulle pareti dell’abside hanno visto affiorare una mano affrescata. Pareva indicare dove recuperare, dopo nove secoli, la visione del Cristo Pantocratore. Vestito di porpora, con viso ieratico, e’ riapparso in un «clipeo» di luce celestiale, fra schiere di angeli, su una superficie affrescata di circa trenta metri quadri, che nel 1667 era stata celata.
La scoperta, secondo gli esperti, «appare di eccezionale portata e valore». Il sindaco Coggiola, emozionato, annuncia altri 200 mila euro, per estendere le opere al recupero di ambienti attigui. Uno, annerito dalla presenza di una caldaia, ha rivelato un ulteriore giacimento di affreschi. All’analisi dei risultati ottenuti e alla loro interpretazione partecipano anche il Cnr, l’Universita’ e il Politecnico di Torino. Sono attesi importanti annunci. Saranno resi noti nel corso di un convegno, il 31 marzo. Verra’ presieduto da uno dei massimi storici dell’arte: il professor Giovanni Romano.
Fonte: La Stampa, it, Torino, 2 febbraio 2011