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CHICAGO (U.S.A.). Completato dopo 90 anni il primo dizionario dell’antica lingua mesopotamica: ha 28

Di anno in anno gli abiti dei giovani qui diventano migliori, ma tu fai in modo che i miei peggiorino. Il figlio di Adad-iddinam, il cui padre e’ solo un assistente di mio padre, ha due nuovi vestiti mentre tu ti agiti solo all’idea di mandarmene uno. Nonostante il fatto che tu mi hai fatto nascere, mentre sua madre lo ha solo adottato, sua madre lo ama, mentre tu, tu non mi vuoi bene.
Nei primi anni del Novecento, all’Universita’ di Chicago veniva ripetuta in continuazione a professori e studenti una raccomandazione: «Non impegnatevi in attivita’ che siano troppo semplici».
Non c’e’ dunque da stupirsi se per completare la piu’ imponente ricerca mai realizzata da quell’ateneo ci siano voluti 90 anni: cominciato nel 1921, il progetto di redigere il primo Dizionario della lingua assira e’ stato terminato solo pochi giorni fa. In nessun caso come questo i tempi biblici sono giustificati.
La lingua in questione era in uso gia’ prima dell’era di Abramo, ed e’ arrivata fino a noi in migliaia di tavolette d’argilla incise con caratteri cuneiformi, ritrovate tra le rovine delle citta’-Stato sorte tra il Tigri e l’Eufrate a partire dal 4500 avanti Cristo.
Le 28.000 parole delle quali ora tutti potranno conoscere il significato erano quelle usate da Nabucodonosor II per guarire la nostalgia di casa della moglie Amitis, annunciandole la costruzione dei giardini pensili di Babilonia, da Sargon il Grande per la sua frase piu’ orgogliosa («Ogni re che vuole chiamarsi mio eguale, dovunque io andai, che ci vada»), da Hammurabi per scrivere le prime leggi della storia umana e dall’autore dell’Epopea di Gilgamesh, il primo capolavoro della letteratura.
Per avviare un’impresa cosi’ titanica ci voleva un sognatore testardo, e l’Universita’ di Chicago aveva quello giusto. James Henry Breasted era nato nel 1865, pochi mesi dopo l’assassinio di Abraham Lincoln, in una famiglia agiata nella quale si credeva davvero che niente e’ impossibile, se si possiedono determinazione, coraggio e onesta’ d’animo. L’incontro all’Universita’ di Yale con William Rainey Harper, il piu’ eminente accademico americano dell’epoca, fece il resto. Fu Harper a incoraggiare la passione per la storia antica del suo allievo e a consigliargli di andare a Berlino, uno dei pochi posti al mondo dove allora questo genere di studi era preso sul serio.
Quando Breasted torno’, sapeva decifrare i geroglifici, parlava greco, ebraico e arabo ed era pronto per la sua prima spedizione, in Egitto. Di fronte alle meravigliose iscrizioni sulle pareti del tempio di Amada, in Nubia, Breasted elaboro’ la teoria che avrebbe caratterizzato tutta la sua ricerca: «Studiando la storia antica – scrisse – vediamo chiaramente come il percorso dell’uomo abbia sempre seguito fin dall’inizio una linea crescente, innalzata da una misteriosa forza interiore».
I reperti che porto’ a Chicago erano i primi che si fossero mai visti in America, dove si riteneva che la storia antica riguardasse al massimo i pellerossa e l’arrivo del Mayflower. A ispirare il lavoro per il Chicago Assyrian Dictionary furono altre due colossali opere in corso all’epoca: l’Oxford English Dictionary, iniziato nel 1879 e terminato nel 1928, e l’Egyptian Dictionary, cominciato a Berlino nel 1897 e pubblicato nel 1931.
Breasted era convinto che il suo dizionario avrebbe richiesto molto meno tempo, non piu’ di una quindicina d’anni, ma si sbagliava. Nell’Istituto Orientale appena fondato con i soldi di John Rockefeller jr. si ricavo’ una stanzetta sotterranea, dotata di luce e ventilatore, nella quale catalogare le prime voci. La traduzione dei caratteri cuneiformi non era un problema, ci aveva pensato un secolo prima Georg Friedrich Grotefend. Quello che bisognava fare era mettere in ordine le parole e il loro significato.
Ogni termine assiro (ma per gli studiosi ora e’ piu’ corretto dire accadico) veniva catalogato in una scheda da studenti e docenti disponibili a farlo, insieme con la traduzione di testi nei quali lo stesso termine veniva usato. La parola «Umu» (giorno) e’ corredata da 17 pagine di esempi; «Kalu» che significa possedere, ma anche rinviare, riavere, custodire, ne ha richieste molte di piu’. Negli allegati si ritrovano quasi tutti gli scritti recuperati scavando l’antica Mesopotamia: trattati di medicina, lettere, documenti ufficiali, persino testi erotici e l’invocazione di uno studente che – niente cambia davvero, nonostante i millenni – chiede piu’ soldi ai genitori.
Dal 1921, la compilazione del dizionario e’ passata di generazione in generazione e di tecnologia in tecnologia. Dalle prime schede scritte a mano a quelle battute sulle Remington, fino ai computer del nostro secolo e alle ultime voci inviate per e-mail a Chicago da qualche volontario europeo.
L’opera in 21 volumi costa 1995 dollari, ma online e’ disponibile gratis in pdf «perche’ possa costituire – ha detto una delle curatrici, Martha Roth – le fondamenta di un edificio di conoscenza che altri costruiranno in futuro».
James Henry Breasted viaggio’ a lungo in Egitto e in Mesopotamia e non ebbe tempo per molto altro, compresi i sentimenti: quando sua moglie Frances mori’, ne sposo’ sbrigativamente la sorella. Fu amico dei principali archeologi della sua epoca e aiuto’ Howard Carter a decifrare i sigilli della tomba di Tutankhamon. Conobbe persino Faisal, il principe arabo che aveva combattuto con Lawrence lungo la ferrovia dell’Higiaz. Nel dicembre del 1935, mentre prendeva forma il primo volume del suo dizionario, fu ucciso da uno streptococco emolitico che lo contagio’ in Medio Oriente.
Sulla sua tomba, al cimitero di Greenwood in Illinois, c’e’ un semplice blocco di granito di Assuan con incisi il suo nome e quelli delle sue passioni: storico e archeologo.  

Autore: Vittorio Sabadin

Fonte: La Stampa.it, 15 giugno 2011

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