Benché gli abitanti del luogo fossero al corrente da tempo dell’esistenza di un grande sito archeologico in quest’angolo di foresta pluviale guatemalteca, soltanto adesso gli archeologi sono in grado di farsi un’idea di che cosa rappresentasse Testa di Pietra.
Utilizzando GPS e una tecnologia di misurazione a distanza, i ricercatori hanno individuato il sito e una piramide alta una ventina di metri, un osservatorio astronomico, un cortile per giocare a palla, vari edifici residenziali in pietra e altre strutture.
Alcune delle case di pietra potrebbero essere state utilizzate anche come stanze funerarie per i primi re della città, racconta la responsabile della ricerca Brigitte Kovacevich, archeologa della Southern Methodist University di Dallas: “Spesso gli studiosi cercano queste sepolture nelle piramidi o nei templi più grandi, ma durante il tardo-medio periodo preclassico, ossia tra il 600 e il 300 a.C., il re non è ancora il centro dell’universo, quindi è possibile che la sepoltura fosse nell’abitazione. Forse è per quento che tante tombe di sovrani maya preclassici mancano all’appello”.
Secondo Kathryn Reese-Taylor, archeologa dell’università canadese di Calgary, i ritrovamenti a Holtun (che deve il suo nome, testa di pietra, alle maschere giganti trovate sul sito) potrebbero gettare luce sull’organizzazione e sulla vita quotidiana di centri maya “secondari” rispetto a quella di grandi città come Tikal, situata a circa 35 chilometri più a nord.
Dal 600 a.C. fino al 900 d.C circa, Holtun – che copriva un’area di circa 1 chilometro per 500 metri – era un vivace centro maya di medie dimensioni, che ospitava circa 2.000 abitanti. Oggi però le sue strutture sono sepolte sotto alcuni metri di terreno e vegetazione che la rendono pressoché invisibile a un occhio non esperto.
Persino le tre piramidi della città, una delle quali costituisce l’edificio più imponente del centro, appaiono come “una montagna coperta di foresta”, dice Kovacevich.
Holtun è talmente ben nascosta che gli archeologi non ne sospettavano neppure l’esistenza fino agli anni Novanta, quando hanno iniziato a seguire un sentiero aperto dai tombaroli che avevano individuato il sito per primi forse grazie agli agricoltori che avevano iniziato a disboscare l’area, spiega Kovacevich.
I saccheggiatori erano attratti soprattutto dalle grandi maschere di stucco, alte anche tre metri, che un tempo adornavano alcuni dei principali edifici della città, e che erano state rinvenute nei tunnel scavati illegalmente per raggiungere la città.
Kovacevich ritiene che le maschere, che rappresentano sia figure umane che teste di giaguaro, decorassero i lati della scalinata del tempio. Durante il periodo preclassico, gli edifici pubblici più importanti della città erano dipinti in modo vivace, utilizzando colori come il rosso, il bianco e il giallo ocra, spiega Reese-Taylor. Le pareti di alcuni edifici erano decorati con murali che rappresentavano scene mitologiche o di vita quotidiana, o motivi geometrici.
Re delle stelle
Durante gli eventi speciali che si tenevano in città, come l’incoronazione di un re o la nomina di un erede al trono, nel centro “si riunivano svariate migliaia di persone, non solo i 2.000 abitanti quindi ma anche gente proveniente dalle aree limitrofe”, spiega Reese-Taylor.
L’aria era pervasa da spesse coltri di fumo e dall’odore dell’incenso. Guardando dal basso il tempio, uno spettatore poteva ammirare danze rituali e cerimonie celebrate indossando elaborati costumi adorni di piume e gioielli di giada. Durante i solstizi o gli equinozi la folla si spostava nella parte più alta della città, dove sorgevano gli edifici che fungevano da osservatorio.
I riercatori però stanno rivolgendo i loro sguardi più in basso: la prossima estate sperano di poter iniziare a riportare alla luce le strutture residenziali e l’osservatorio, così come di rimuovere la vegetazione che nasconde il tempio principale.
Autore: Ker Than
Fonte: NationalGeographic.it, 27 aprile 2011.