“Il mare nasconde e per trovare serve pazienza”.
Ed è così che dopo quindici giorni di ricerca continua, lavorando anche 24 ore al giorno, con una barchetta a fare avanti e indietro scandagliando il fondale marino oltre la barriera di cento metri nelle acque di Ponza, Annalisa Zarattini, direttrice del nucleo di archeologia subacquea della Soprintendenza del Lazio, ha cominciato a scoprire sei relitti romani.
Il rinvenimento è avvenuto tra maggio e luglio del 2010 e se n’è data notizia nell’ambito della presentazione del progetto “Archeomar 2”, messo in campo dalla direzione generale per le antichità del Ministero per i beni culturali che, dopo una sperimentazione nella laguna di Venezia e altre regioni d’Italia, è arrivato ai fondali marini del Lazio e della Toscana, per realizzare un complesso intervento di indagine, censimento, mappatura e catalogazione del patrimonio archeologico subacqueo.
Dai risultati del progetto, due sono state le zone più ricche di scoperte, le Isole Pontine e le acque profonde al largo di Civitavecchia, dove nel maggio scorso è stato ritrovato un altro relitto romano.
Ed è così che dopo quindici giorni di ricerca continua, lavorando anche 24 ore al giorno, con una barchetta a fare avanti e indietro scandagliando il fondale marino oltre la barriera di cento metri nelle acque di Ponza, Annalisa Zarattini, direttrice del nucleo di archeologia subacquea della Soprintendenza del Lazio, ha cominciato a scoprire sei relitti romani.
Il rinvenimento è avvenuto tra maggio e luglio del 2010 e se n’è data notizia nell’ambito della presentazione del progetto “Archeomar 2”, messo in campo dalla direzione generale per le antichità del Ministero per i beni culturali che, dopo una sperimentazione nella laguna di Venezia e altre regioni d’Italia, è arrivato ai fondali marini del Lazio e della Toscana, per realizzare un complesso intervento di indagine, censimento, mappatura e catalogazione del patrimonio archeologico subacqueo.
Dai risultati del progetto, due sono state le zone più ricche di scoperte, le Isole Pontine e le acque profonde al largo di Civitavecchia, dove nel maggio scorso è stato ritrovato un altro relitto romano.
“I dati sull’archeologia subacquea del Lazio forniti dal progetto Archeomar sono medio alti come quantità e qualità – racconta Annalisa Zarattini – Nel nostro caso specifico delle acque del sud le indagini hanno riguardato le Isole Pontine. Abbiamo concentrato le ricerche su queste aree privilegiate perché più soggette a intenso traffico subacqueo con alti rischi di trafugamento illegale.
Nel caso di Ponza, le acque sono caratteristiche per la barriera dei cento metri, un fondale dove tutti possono andare”. Già nel 2008 le ricerche avevano permesso la scoperta di 5 relitti a Ventotene, ora anche grazie al progetto Archeomar 2, sono stati rinvenuti tra maggio e luglio 2010 altri reperti: “A Ponza abbiamo scoperto sei relitti romani, lunghi tra i 18 e i 20 metri, con un grande cumulo di anfore.
Nel caso di Ponza, le acque sono caratteristiche per la barriera dei cento metri, un fondale dove tutti possono andare”. Già nel 2008 le ricerche avevano permesso la scoperta di 5 relitti a Ventotene, ora anche grazie al progetto Archeomar 2, sono stati rinvenuti tra maggio e luglio 2010 altri reperti: “A Ponza abbiamo scoperto sei relitti romani, lunghi tra i 18 e i 20 metri, con un grande cumulo di anfore.
Sono relitti di epoche e provenienze diversa. Sono databili dal I secolo a. C al IV secolo d. C. Sono originari dagli estremi opposti del Mediterraneo, due dalla Spagna e quattro dall’Africa, e questo lo sappiamo studiando la tipologia delle anfore. Erano navi da trasporto e le anfore contenevano olio, vino, conserve di frutta”.
“Le scoperte di archeologia subacquea non avvengono per caso, ma sulla base di ipotesi – ci tiene a sottolineare Zarattini – Le isole Pontine sono un luogo d’elezione. Ventotene era un punto noto, aveva un porto e l’acqua, quindi era facile trovare navi che sulla direzione del porto potevano essere state colpire da tempeste”.
Nelle acque al largo di Civitavecchia, invece, a circa seicento metri di profondità è stato riconosciuto a fine maggio 2010 un relitto romano d’età augustea: “Grazie alle potenzialità strumentali del progetto Archeomar abbiamo verificato la presenza di un relitto che era già stato avvistato da un peschereccio negli anni ’90 – racconta Valeria D’Atri, funzionario del nucleo di archeologia del mare per la soprintendenza dell’Etruria meridionale – All’epoca, al comandante era stato riconosciuto anche un premio di rinvenimento che spetta per legge”.
Nelle acque al largo di Civitavecchia, invece, a circa seicento metri di profondità è stato riconosciuto a fine maggio 2010 un relitto romano d’età augustea: “Grazie alle potenzialità strumentali del progetto Archeomar abbiamo verificato la presenza di un relitto che era già stato avvistato da un peschereccio negli anni ’90 – racconta Valeria D’Atri, funzionario del nucleo di archeologia del mare per la soprintendenza dell’Etruria meridionale – All’epoca, al comandante era stato riconosciuto anche un premio di rinvenimento che spetta per legge”.
E’ una nave romana d’età augustea, databile tra il I secolo a. C. e il I secolo d. C. con un grande carico di dolia, vasi di forma sferica stipati al centro per il trasporto del vino, oltre ad un gruppo di anfore per ottimizzare il carico.
“L’imbarcazione è molto particolare – avverte D’Atri – è una sorta di chiatta marittima, con la chiglia poco profonda, probabilmente perché doveva dare stabilità al carico durante la navigazione. Il ritrovamento è molto interessante perché questo tipo di imbarcazione ha avuto vita brevissima.
Inoltre, alla luce di una serie di bolli sui dolia si è individuato un traffico di vino dalla Campania verso la Gallia e la Spagna, lungo rotte che passavano vicino alla costa. Insomma, è stata una circostanza fortunata che ha alle spalle un lavoro di documentazione partito dalla banca dati di Archeomar e dalla capacità tecnica degli operatori. Un ritrovamento di questo tipo avvenne negli anni ’80 a Ladispoli, e oggi musealizzato al castello di Santa Severa”.
Inoltre, alla luce di una serie di bolli sui dolia si è individuato un traffico di vino dalla Campania verso la Gallia e la Spagna, lungo rotte che passavano vicino alla costa. Insomma, è stata una circostanza fortunata che ha alle spalle un lavoro di documentazione partito dalla banca dati di Archeomar e dalla capacità tecnica degli operatori. Un ritrovamento di questo tipo avvenne negli anni ’80 a Ladispoli, e oggi musealizzato al castello di Santa Severa”.
Autore: Laura Larcan
Fonte: http://roma.repubblica.it, 10-03-2011