Gli scavi archeologici nei pressi di Autun, in Francia, hanno portato alla scoperta di un antico quartiere fatto di botteghe e abitazioni agiate.
Durante le ultime settimane di ricerca, gli archeologi hanno inoltre rinvenuto un grande deposito di monete di epoca romana.
Sepolte in una fossa sigillata con delle piastrelle, vi erano circa 100.000 monete romane risalenti alla fine del III secolo d.C. Si tratta di monete di bronzo molto piccole, ciascuna pesante all’incirca 0, 4 grammi, per un totale di circa 38 kg.
Sono degli esemplari “non ufficiali”, come d’altronde era ampiamente diffuso durante quel periodo molto travagliato che fu la seconda metà del terzo secolo. In quel lasso di tempo l’impero romano venne colpito da una serie di crisi gravissime: le guerre tra pretendenti al trono, le epidemie, il peso finanziario e politico dell’esercito, la pressione alle frontiere, la crisi economica, ecc.
Lo stato non era in grado di garantire pienamente la continuità e il controllo del sistema monetario. Cominciarono quindi ad apparire monetazioni in bronzo di poco valore, che possiamo chiamare “denaro di necessità”: sebbene prodotte da individui, erano più o meno tollerate dallo stato. Imitavano scarsamente le emissioni ufficiali e le effigi erano difficilmente identificabili.
Le monete trovate a Autun somigliano a quelle tipiche del terzo secolo, come per esempio quelle fatte coniare sotto l’imperatore Tetrico.
L’alto contenuto di rame nelle monete ha pure permesso al cesto di vimini, in cui i pezzi erano conservati, di preservarsi parzialmente.
Anche se forse avevano un certo valore, probabilmente le monete non erano un tesoro nascosto, ma un deposito di pezzi dismessi per essere rifusi. La fossa si trovava non a caso all’interno di una fonderia.
Per ripristinare una sana economia monetaria, alcuni imperatori avevano avviato riforme e tentato di sostituire le monete vecchie che non avevano altro valore che non fosse quello del loro metallo.
Il deposito di monete di Autun potrebbe essere legato alle riforme di Diocleziano durante la Tetrarchia (fine III secolo — inizio del IV).
Durante le ultime settimane di ricerca, gli archeologi hanno inoltre rinvenuto un grande deposito di monete di epoca romana.
Sepolte in una fossa sigillata con delle piastrelle, vi erano circa 100.000 monete romane risalenti alla fine del III secolo d.C. Si tratta di monete di bronzo molto piccole, ciascuna pesante all’incirca 0, 4 grammi, per un totale di circa 38 kg.
Sono degli esemplari “non ufficiali”, come d’altronde era ampiamente diffuso durante quel periodo molto travagliato che fu la seconda metà del terzo secolo. In quel lasso di tempo l’impero romano venne colpito da una serie di crisi gravissime: le guerre tra pretendenti al trono, le epidemie, il peso finanziario e politico dell’esercito, la pressione alle frontiere, la crisi economica, ecc.
Lo stato non era in grado di garantire pienamente la continuità e il controllo del sistema monetario. Cominciarono quindi ad apparire monetazioni in bronzo di poco valore, che possiamo chiamare “denaro di necessità”: sebbene prodotte da individui, erano più o meno tollerate dallo stato. Imitavano scarsamente le emissioni ufficiali e le effigi erano difficilmente identificabili.
Le monete trovate a Autun somigliano a quelle tipiche del terzo secolo, come per esempio quelle fatte coniare sotto l’imperatore Tetrico.
L’alto contenuto di rame nelle monete ha pure permesso al cesto di vimini, in cui i pezzi erano conservati, di preservarsi parzialmente.
Anche se forse avevano un certo valore, probabilmente le monete non erano un tesoro nascosto, ma un deposito di pezzi dismessi per essere rifusi. La fossa si trovava non a caso all’interno di una fonderia.
Per ripristinare una sana economia monetaria, alcuni imperatori avevano avviato riforme e tentato di sostituire le monete vecchie che non avevano altro valore che non fosse quello del loro metallo.
Il deposito di monete di Autun potrebbe essere legato alle riforme di Diocleziano durante la Tetrarchia (fine III secolo — inizio del IV).
Fonte: www.ilfattostorico.com, 10-12-2010