Un nuovo grande museo del territorio, che racconti la storia della città, ma anche una serie di percorsi coperti, per mettere al riparo dalle intemperie i preziosi resti archeologici. E una politica di collaborazione con le altre strutture del territorio, in primis il Museo dell’archeologia subacquea dell’Alto Adriatico, in costruzione a Grado.
Ecco come potrebbe “rinascere” Aquileia, che ad oggi presenta tutte le problematiche relative alla conservazione di una grande area archeologica all’aperto (15 aree archeologiche estese su 4 ettari), esposta a tutti gli agenti atmosferici.
Aquileia non presenta le stesse problematiche di Pompei, ma ha problemi di conservazione che vanno affrontati con urgenza. Tre i livelli di intervento individuati: la riorganizzazione degli spazi aperti, l’ottimizzazione della rete museale e la nuova funzionalizzazione tecnica a livello regionale.
«Le aree archeologiche – spiega il soprintendente per i Beni archeologici del Friuli Venezia Giulia, Luigi Fozzati, che fa il punto sullo stato di conservazione dei resti archeologici nella città romana – vanno organizzate in modo logico sia per una valutazione dal punto di vista critico-archeologico sia per agevolare le visite turistiche. Il primo passo è l’azzeramento dei due percorsi stradali asfaltati che oggi s’interpongono all’interno delle aree archeologiche: la strada regionale 352, che attraversa la zona del foro, e il tratto di strada che delimita l’area del porto fluviale e interrompe la grande domus oggetto di numerose campagne di scavo. Il passaggio continuo di traffico su gomma disperde nell’ambiente fumi e polveri che vanno ad incidere sulla capacità di conservazione dei resti archeologici».
Il secondo problema riguarda gli agenti atmosferici esterni.
Ecco come potrebbe “rinascere” Aquileia, che ad oggi presenta tutte le problematiche relative alla conservazione di una grande area archeologica all’aperto (15 aree archeologiche estese su 4 ettari), esposta a tutti gli agenti atmosferici.
Aquileia non presenta le stesse problematiche di Pompei, ma ha problemi di conservazione che vanno affrontati con urgenza. Tre i livelli di intervento individuati: la riorganizzazione degli spazi aperti, l’ottimizzazione della rete museale e la nuova funzionalizzazione tecnica a livello regionale.
«Le aree archeologiche – spiega il soprintendente per i Beni archeologici del Friuli Venezia Giulia, Luigi Fozzati, che fa il punto sullo stato di conservazione dei resti archeologici nella città romana – vanno organizzate in modo logico sia per una valutazione dal punto di vista critico-archeologico sia per agevolare le visite turistiche. Il primo passo è l’azzeramento dei due percorsi stradali asfaltati che oggi s’interpongono all’interno delle aree archeologiche: la strada regionale 352, che attraversa la zona del foro, e il tratto di strada che delimita l’area del porto fluviale e interrompe la grande domus oggetto di numerose campagne di scavo. Il passaggio continuo di traffico su gomma disperde nell’ambiente fumi e polveri che vanno ad incidere sulla capacità di conservazione dei resti archeologici».
Il secondo problema riguarda gli agenti atmosferici esterni.
«Quando piove – aggiunge il soprintendente – buona parte dell’area archeologica finisce sott’acqua e la minaccia è che, in futuro, la zona possa venire sommersa anche dall’acqua salata che potrebbe creare danni più gravi. Il terzo elemento negativo è legato all’escursione termica al suolo che, in un anno, registra un salto di temperatura di circa 50 gradi. La combinazione di questi tre fattori incide sulla conservazione della materia prima».
«La Fondazione Aquileia – afferma ancora Fozzati – ha bandito un concorso d’idee per la copertura delle aree archeologiche e dei mosaici e questo significherà dotare il panorama della cittadina di nuovi volumi che, ad ogni modo, non potranno certo ricoprire tutte le aree archeologiche scoperte perché Aquileia perderebbe il suo antico fascino. È indispensabile capire, con il contributo di petrografi e chimici, in che modo consolidare nel tempo le materie prime utilizzate per la costruzione della città. Le città archeologiche, purtroppo, non sono eterne e, anche se non calpestate dall’uomo, si consumano. Sarà un passo importante per conservare il patrimonio architettonico che ci è stato tramandato. Una cosa è certa: dobbiamo intervenire a più presto perché il rischio è di veder scomparire i resti archeologici di questa meravigliosa città romana».
«La Fondazione Aquileia – afferma ancora Fozzati – ha bandito un concorso d’idee per la copertura delle aree archeologiche e dei mosaici e questo significherà dotare il panorama della cittadina di nuovi volumi che, ad ogni modo, non potranno certo ricoprire tutte le aree archeologiche scoperte perché Aquileia perderebbe il suo antico fascino. È indispensabile capire, con il contributo di petrografi e chimici, in che modo consolidare nel tempo le materie prime utilizzate per la costruzione della città. Le città archeologiche, purtroppo, non sono eterne e, anche se non calpestate dall’uomo, si consumano. Sarà un passo importante per conservare il patrimonio architettonico che ci è stato tramandato. Una cosa è certa: dobbiamo intervenire a più presto perché il rischio è di veder scomparire i resti archeologici di questa meravigliosa città romana».
Autore: Elisa Michellut
Fonte: Messaggero Veneto — 02 dicembre 2010