Nel sito, di proprietà del Comune, agli inizi degli anni novanta, durante una campagna di scavi, vennero alla luce le vestigia di una antica costruzione di età tardo-repubblicana, con basamenti di colonne a sezione quadrata e circolare.
La struttura, realizzata in opera incerta e ciottoli, era sicuramente una fornace con la quale si producevano oggetti in terracotta, in particolare lucerne, di cui sono state rinvenute tre matrici di grande valore archeologico, data la rarità di questo tipo di reperto.
Durante i lavori di scavo sono venuti alla luce anche una vasca da piscicoltura di epoca romana e una gran quantità di materiale ceramico del tipo a vernice nera.
Il sito, la cui parte più antica risale al I secolo d.C., fu certamente occupato fino al VI secolo, in quanto sono stati ritrovati, oltre a resti di monete di età tardoantica, sepolture e lucerne in terracotta del periodo bizantino.
La Soprintendenza è stata chiara: per aprire la struttura al pubblico è necessario ultimare i lavori di scavo sull’altra metà dell’area e dotare il sito della necessaria cartellonistica.
Interventi che possono essere attuati solo dopo l’erogazione dei necessari finanziamenti che, a distanza di quasi venti anni, nessuno è ancora in grado di reperire.
Peccato che l’amministrazione comunale continua a dare poca importanza ad un’area archeologica che, se aperta al pubblico, potrebbe dare lustro al centro costiero e arricchimento culturale a turisti e residenti.
Autore: Vito Sbrocchi
Fonte: Il Tempo.it, 02/08/2010