L’Arca di Noè sembra risorgere dalle nevi eterne dell’Ararat.
Non è la prima volta che viene annunciata la clamorosa scoperta della nave-rifugio che salvò Noè con la sua famiglia e la fauna del pianeta dal Diluvio universale. Alla quinta spedizione sulle vette del gigante Agri Dagi, come viene chiamato dai turchi, un gruppo di ricercatori composto da esperti turchi e cinesi afferma di aver ritrovato la biblica Arca di Noè.
L’incredibile scoperta sarebbe avvenuta a 4000 metri di altitudine, vicino al confine iraniano. I ricercatori avrebbero trovato una vecchia struttura in legno, ricca di ampi scomparti utilizzati, forse, per ospitare gli animali durante il Diluvio Universale.
A parlare della scoperta all’agenzia turca Anadolu è stato il documentarista cinese Yang Wing Cheung.
«Non è sicuro al 100 per cento che è l’Arca, ma pensiamo che lo sia al 99,9 per cento – ha detto Cheung – . Proprio per questo abbiamo già contattato il governo turco sia per chiedere la protezione dell’area sia per avviare gli scavi. Inoltre chiederemo all’Unesco di inserire questa regione nella sua lista del patrimonio dell’umanità».
In questo caso, tuttavia, le precauzioni non sono mai troppe. Non è infatti la prima volta che un gruppo dice di aver ritrovato l’Arca sull’Ararat, la montagna più alta della Turchia, dove, secondo quanto narra il libro della Genesi, si sarebbe arenata. L’ultimo di questi falsi scoop è del 2007, a opera dell’esploratore e archeologo turco Ahmet Ertugrul, il quale trovò a 4200 metri di altezza una larga struttura di legno situata in una grotta.
Alla fine, gli studi esclusero che si trattasse della biblica arca; tuttavia quella barca permise al ricercatore di farsi un bel po’ di giretti nelle tv di tutta Europa.
La scoperta questa volta è appannaggio di una spedizione di cinesi e turchi di fede evangelica. Gli esploratori dicono di aver recuperato dei campioni di legno da una struttura sul Monte Ararat nella Turchia orientale che secondo l’esame al carbonio 14, risalirebbero a 4800 anni fa. La datazione che colloca i resti nel periodo del diluvio.
La leggenda vuole che l’Arca di Noè sia ancora sulla montagna, come riferito da alcuni viaggiatori, tra cui Marco Polo.
La ricerca dell’arca del diluvio ha visto molti esploratori avventurarsi sul monte Ararat, tra loro l’astronauta James Irwin e l’ingegnere italiano Angelo Palego.
Una delle tante stranezze che alimentano i misteri sull’Ararat e l’Arca di Noè sono le immagini aeree che evidenziano uno strano oggetto non identificato sulla cima della montagna. Alcuni studiosi ipotizzano essere i resti dell’Arca di Noè. L’oggetto, fotografato la prima volta nel 1949 da un’aereo spia americano che sorvolava il confine tra Turchia e Unione Sovietica, è conosciuto con il nome di Anomalia dell’Ararat.
L’immagine si ripropone uguale anche in anni successivi, ripresa da aerei di varie nazioni. Anche le foto dai satelliti mostrano la medesima stratificazione così da dare impulso alle spedizioni, non solo di archeologi, ma di cacciatori di tesori all’inseguimento di gloria. Scese in campo anche la Cia che studiò con attrezzature sofisticate le immagini aeree. Il rapporto finale dell’agenzia di intelligence Usa spiegherà che l’anomalia è «costituita da strati lineari di ghiaccio coperti da ghiaccio e dalla neve accumulati di recente».
La collocazione dell’arca sul monte Ararat deriva direttamente dalla Bibbia. Nel racconto della Genesi che parla del diluvio universale viene riferito: «E nel settimo mese, il decimosettimo giorno del mese, l’arca si fermò sulle montagne di Ararat. E le acque andarono scemando fino al decimo mese. Nel decimo mese, il primo giorno del mese, apparvero le vette dei monti».
Il diluvio universale è una narrazione comune a tutte le civiltà.
I greci collocano il mito tra l’Etna e la Tessaglia. Ma il mito che più si avvicina a quello raccontato dalla Bibbia è il mesopotamico. Il racconto dell’Arca di Noè presenta delle somiglianze con il mito sumero dell’epopea di Gilgamesh, che narra di un antico re di nome Utnapishtim fu invitato dal suo dio personale a costruire un battello, nel quale avrebbe potuto salvarsi dal diluvio inviato dal consesso degli dei. Il battello, secondo anche alcuni studiosi si sarebbe arenato dalle parti del Golfo nelle insenature dell’attuale Oman.
La somiglianza tra il racconto biblico e quello mesopotamico, secondo una teoria abbastanza accreditata, sarebbe frutto di un evento catastrofico avvenuto circa settemila anni fa.
Un’enorme onda anomala formatasi nel Mar Nero avrebbe inondato l’Anatolia e ingrossato il Tigri e l’Eufrate allagando le terre lungo tutto il loro corso fino al Golfo Persico.
Miti a parte, gli uomini continueranno a cercare l’Arca di Noè.
Il Diluvio è la storia più antica e condivisa dell’umanità, che ricorre nei testi mesopotamici, nella Bibbia, nella Torah e nel Corano e anche nelle «Metamorfosi» di Ovidio.
Non appartiene a una religione specifica e rappresenta il bisogno dell’uomo di coniugare la scienza alla religione.
Non è la prima volta che viene annunciata la clamorosa scoperta della nave-rifugio che salvò Noè con la sua famiglia e la fauna del pianeta dal Diluvio universale. Alla quinta spedizione sulle vette del gigante Agri Dagi, come viene chiamato dai turchi, un gruppo di ricercatori composto da esperti turchi e cinesi afferma di aver ritrovato la biblica Arca di Noè.
L’incredibile scoperta sarebbe avvenuta a 4000 metri di altitudine, vicino al confine iraniano. I ricercatori avrebbero trovato una vecchia struttura in legno, ricca di ampi scomparti utilizzati, forse, per ospitare gli animali durante il Diluvio Universale.
A parlare della scoperta all’agenzia turca Anadolu è stato il documentarista cinese Yang Wing Cheung.
«Non è sicuro al 100 per cento che è l’Arca, ma pensiamo che lo sia al 99,9 per cento – ha detto Cheung – . Proprio per questo abbiamo già contattato il governo turco sia per chiedere la protezione dell’area sia per avviare gli scavi. Inoltre chiederemo all’Unesco di inserire questa regione nella sua lista del patrimonio dell’umanità».
In questo caso, tuttavia, le precauzioni non sono mai troppe. Non è infatti la prima volta che un gruppo dice di aver ritrovato l’Arca sull’Ararat, la montagna più alta della Turchia, dove, secondo quanto narra il libro della Genesi, si sarebbe arenata. L’ultimo di questi falsi scoop è del 2007, a opera dell’esploratore e archeologo turco Ahmet Ertugrul, il quale trovò a 4200 metri di altezza una larga struttura di legno situata in una grotta.
Alla fine, gli studi esclusero che si trattasse della biblica arca; tuttavia quella barca permise al ricercatore di farsi un bel po’ di giretti nelle tv di tutta Europa.
La scoperta questa volta è appannaggio di una spedizione di cinesi e turchi di fede evangelica. Gli esploratori dicono di aver recuperato dei campioni di legno da una struttura sul Monte Ararat nella Turchia orientale che secondo l’esame al carbonio 14, risalirebbero a 4800 anni fa. La datazione che colloca i resti nel periodo del diluvio.
La leggenda vuole che l’Arca di Noè sia ancora sulla montagna, come riferito da alcuni viaggiatori, tra cui Marco Polo.
La ricerca dell’arca del diluvio ha visto molti esploratori avventurarsi sul monte Ararat, tra loro l’astronauta James Irwin e l’ingegnere italiano Angelo Palego.
Una delle tante stranezze che alimentano i misteri sull’Ararat e l’Arca di Noè sono le immagini aeree che evidenziano uno strano oggetto non identificato sulla cima della montagna. Alcuni studiosi ipotizzano essere i resti dell’Arca di Noè. L’oggetto, fotografato la prima volta nel 1949 da un’aereo spia americano che sorvolava il confine tra Turchia e Unione Sovietica, è conosciuto con il nome di Anomalia dell’Ararat.
L’immagine si ripropone uguale anche in anni successivi, ripresa da aerei di varie nazioni. Anche le foto dai satelliti mostrano la medesima stratificazione così da dare impulso alle spedizioni, non solo di archeologi, ma di cacciatori di tesori all’inseguimento di gloria. Scese in campo anche la Cia che studiò con attrezzature sofisticate le immagini aeree. Il rapporto finale dell’agenzia di intelligence Usa spiegherà che l’anomalia è «costituita da strati lineari di ghiaccio coperti da ghiaccio e dalla neve accumulati di recente».
La collocazione dell’arca sul monte Ararat deriva direttamente dalla Bibbia. Nel racconto della Genesi che parla del diluvio universale viene riferito: «E nel settimo mese, il decimosettimo giorno del mese, l’arca si fermò sulle montagne di Ararat. E le acque andarono scemando fino al decimo mese. Nel decimo mese, il primo giorno del mese, apparvero le vette dei monti».
Il diluvio universale è una narrazione comune a tutte le civiltà.
I greci collocano il mito tra l’Etna e la Tessaglia. Ma il mito che più si avvicina a quello raccontato dalla Bibbia è il mesopotamico. Il racconto dell’Arca di Noè presenta delle somiglianze con il mito sumero dell’epopea di Gilgamesh, che narra di un antico re di nome Utnapishtim fu invitato dal suo dio personale a costruire un battello, nel quale avrebbe potuto salvarsi dal diluvio inviato dal consesso degli dei. Il battello, secondo anche alcuni studiosi si sarebbe arenato dalle parti del Golfo nelle insenature dell’attuale Oman.
La somiglianza tra il racconto biblico e quello mesopotamico, secondo una teoria abbastanza accreditata, sarebbe frutto di un evento catastrofico avvenuto circa settemila anni fa.
Un’enorme onda anomala formatasi nel Mar Nero avrebbe inondato l’Anatolia e ingrossato il Tigri e l’Eufrate allagando le terre lungo tutto il loro corso fino al Golfo Persico.
Miti a parte, gli uomini continueranno a cercare l’Arca di Noè.
Il Diluvio è la storia più antica e condivisa dell’umanità, che ricorre nei testi mesopotamici, nella Bibbia, nella Torah e nel Corano e anche nelle «Metamorfosi» di Ovidio.
Non appartiene a una religione specifica e rappresenta il bisogno dell’uomo di coniugare la scienza alla religione.
Fonte: IlTempo.it, 28/04/2010