Centinaia di migliaia di euro sono stati spesi per la messa in sicurezza di questo enorme patrimonio archeologico che da anni giaceva in completo abbandono e senza una dovuta riqualificazione. Un vero tesoro archeologico che finalmente viene tutelato.
Ma al di là delle polemiche che pure hanno seguito i lavori di copertura dei reperti per il loro dissacrante impatto ambientale, si riconosce finalmente la definitiva protezione che si è data ad una delle necropoli tra le più importanti e ricca di reperti di Pozzuoli seconda solo a quella più famosa di via Celle nei pressi del Tribunale.
USO SGABUZZINO – Ma ciò che ancora sfugge alla protezione e all’attività di recupero e consolidamento dell’intero comprensorio operata dalla Soprintendenza per i beni archeologici è forse il più famoso e meglio conservato mausoleo della necropoli, tra l’altro citato, per la sua caratteristica forma architettonica, nei migliori manuali di storia dell’architettura classica. Realizzato in operata reticolata, dal particolare basamento quadrangolare con tamburo cilindrico sovraimposto, l’opera anch’essa databile intorno al I° sec. d. C. giace in completo abbandono come una sorta di sgabuzzino per le abitazioni private. Insomma il mausoleo romano è finiti, chissà per quali misteri dell’urbanizzazione, in un giardino privato.
GLI AFFRESCHI – Ecco allora che, mentre al suo interno interessanti decorazioni in stucco, raffiguranti eroi, mostri marini e il mito di Ercole e l’Idra (opere tra l’altro inaccessibili per chi vorrebbe visitarle) all’esterno, nel giardino di casa, erbacce, sedie a sdraio e perfino una porta per il calcetto gli sono a ridosso. E ciò accade a soli pochi metri dalla recente ed avveniristica opera di copertura realizzata a tutela della necropoli romana. Più avanti, ancora, una camera sepolcrale a tamburo dalla forma circolare anch’essa di rilievo storico-artistico è tuttavia inglobata in un contesto abitativo privato, visibile solo al di là di un cancello, nel piazzale condominiale tra le auto in sosta.
Autore: Antonio Cangiano
Fonte: Corriere del Mezzogiorno, 21/01/2010