Il valore? Inestimabile, per ora. Così piccolo e fragile, il balsamario recuperato dai Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale durante un sequestro nel territorio riminese esprime in ceramica la più alta produzione protocorinzia del VII sec. a.C.
La datazione, la raffinatezza di esecuzione, l’originalità dell’iconografia, l’elevatissimo livello stilistico, il luogo di produzione e l’eccellente stato di conservazione ne fanno un reperto più unico che raro.
Nessuno saprà mai dove e quando sia stato trovato, per quante mani sia passato. Ma a volte paga non farsi notare: né il tombarolo, né i trafficanti, né l’acquirente finale si sono resi conto di avere tra le mani un autentico tesoro.
“Non solo perché di ottima fattura ma per una caratteristica che lo rende un unicum”, spiega Maria Grazia Maioli, l’archeologa della Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna che ha riconosciuto il prezioso reperto tra una paccottiglia di oggetti per lo più di scarso valore, se non decisamente falsi.
“La testa femminile che forma il collo è, per la sua tipologia, una novità assoluta rispetto a tutti gli altri esemplari presi in esame. Ci sono poi dettagli della decorazione centrale, l’atteggiamento dei guerrieri, la presenza del cane e quella di anziani che assistono, fra cui un personaggio socialmente rilevante, raffigurato seduto e con in mano un oggetto che potrebbe essere uno scettro, che fanno pensare ad uno scontro epico o mitologico piuttosto che a una generica scena di combattimento, il che è estremamente raro”.
Il prezioso balsamario sarà presto in mostra al Museo Archeologico Nazionale di Ferrara insieme ad un secondo reperto recentemente acquistato dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali grazie alla costante sinergia con il Nucleo TPC.
Si tratta di un elmo illirico in lamina di bronzo, datato tra la fine del VII e la prima metà del VI a.C., vincolato dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna a seguito di una segnalazione dei Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale di Bologna. Sul manufatto, regolarmente acquistato da un antiquario modenese in una casa d’aste di Monaco, è stato esercitato il diritto di prelazione con conseguente acquisizione nel patrimonio dello Stato, nel giugno 2008.
Vedere i due reperti affiancati fa una certa impressione. L’elmo, alto il triplo dell’unguentario, è praticamente uguale a quelli raffigurati nella fascia centrale del vaso, salvo la presenza del cimiero (che peraltro doveva avere).
A parte questo, i due manufatti non sono paragonabili: pur condividendo la medesima cronologia, l’elmo illirico è relativamente diffuso sia nel luogo di produzione, corrispondente all’attuale Albania e al Montenegro, che in Grecia e nei paesi dell’Adriatico orientale.
Il balsamario invece, pertinente alla prima produzione della città greca di Corinto, importata in Italia fin dall’VIII sec. a. C., è estremamente raro, soprattutto se configurato come in questo caso.
Esemplari simili sono esposti al Louvre e in musei di Cipro e della Turchia; in Italia pezzi affini e della stessa epoca, rinvenuti in tombe principesche di culture diverse, soprattutto etrusche, sono esposti al Museo di Villa Giulia a Roma, in Campania e in Puglia.
Ma la rarità di questo reperto è potenziata da due caratteristiche pressoché uniche: la complessità della scena epica raffigurata (il tutto reso con dettagli veramente straordinari, considerate soprattutto le dimensioni minime dell’oggetto, solo 9 cm) e la fattura della testina che decora il collo, con una pettinatura formata da elementi plastici stampati a parte e poi applicati per rendere boccoli, trecce e chignon (che, sulla nuca, ricadendo formano il manico), un’acconciatura estremamente elaborata che potrebbe essere considerata una tarda derivazione di quelle a klaft di tipo egizio, caratteristiche dell’epoca arcaica.
Soddisfazione palpabile anche per i Carabinieri del TPC di Bologna che hanno effettuato il sequestro. L’attività del Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale, di cui ricorre quest’anno il 40° anniversario dell’istituzione e che opera dal 1974 a stretto contatto con il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, è diventata una realtà imprescindibile per il controllo dei nostri beni culturali. Un’eccellenza apprezzata anche all’estero, con attestati di stima e continue richieste di collaborazione.
Info:
Maria Grazia Maioli, (gmaioli@arti.beniculturali.it) e di Donato Labate (donato.labate@beniculturali.it), archeologi della Soprintendenza per i Beni Archeologici Emilia-Romagna.
tel. 051.223773 – 220675 – 224402 – fax 051.227170.
Mail: stampa.archeobo@arti.beniculturali.it
Fonte: MiBAC – Ministero per i Beni e le Attività Culturali – Sopr. Archeol. Emilia Romagna 17/09/2009
Link: http://www.archeobologna.beniculturali.it/download/download.htm