L’opera di protezione e musealizzazione dei resti archeologici della Villa del Casale di Piazza Armerina, realizzata su progetto dell’architetto Franco Minissi nel 1957, ha maturato la condizione giuridica di bene culturale tutelato dalle leggi dello Stato.
Il bilancio sugli esiti della comune disapprovazione per il proposito di distruggere uno dei più importanti esempi di restauro del Novecento in campo archeologico, può reputarsi positivo. Anzi, senza lasciarsi trascinare da facili entusiasmi, può addirittura dichiararsi lusinghiero.
Basti pensare che la protesta contro il programma demolitore dell’alto commissario dott. Vittorio Sgarbi ha trovato concretezza nel sito dell’associazione Monumento-Documento soltanto due mesi addietro.
Da quel momento una valanga di adesioni. L’ultimo conteggio ha accertato 1.700 sottoscrizioni da parte di specialisti del settore, intellettuali, professionisti di varia estrazione, e tanti studenti. Tutti uniti dalla passione per l’archeologia e per quel restauro della villa del Casale che da mezzo secolo, rappresenta l’intramontabile contributo culturale di una stagione tra le più feconde del dibattito intorno alla conservazione del
patrimonio culturale.
Vanto dell’iniziativa è quello, tra gli altri, di essere riuscita ad innescare un movimento di opinione che ha valicato i confini regionali ed italiani, coinvolgendo tanti “navigatori” di varie nazioni.
Altro risultato importantissimo è stato quello del coinvolgimento della classe politica che ha risposto con tre differenti interpellanze parlamentari al Ministro per i Beni Culturali: due dalla Camera dei Deputati, da parte degli onorevoli Arnold Cassola e Franco Piro, ed una dal Senato della Repubblica da parte del senatore Valerio Zanone.
Ma “il tempo è galantuomo” e le opere progettate nel 1957 dall’architetto Franco Minissi per la conservazione e la fruizione del complesso archeologico della villa del Casale di Piazza Armerina, oggi sono protette dalla legge e, dunque, non si possono più distruggere o alienare. Infatti il Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio (D. L. 22/01/2004, n. 42) ne
prevede la tutela: <<le cose immobili e mobili… che siano opera di autore non più vivente e la cui esecuzione risalga ad oltre cinquanta anni, sono sottoposte alle disposizioni del presente Titolo fino a quando non sia stata effettuata la verifica di cui al comma 2>> (Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, articolo 12, comma 1).
Per queste circostanze il Codice ha attivato un procedimento in autotutela che comporta una imposizione automatica del vincolo che potrebbe essere rimosso solo dopo una verifica che dimostri l’eventuale insussistenza del valore storico-artistico: <<I competenti organi del Ministero, d’ufficio, o su richiesta formulata da soggetti cui le cose appartegono [nel caso di beni di natura privata], verificano la sussistenza dell’interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico nelle cose di cui al comma 1, sulla base di indirizzi di carattere generale stabiliti dal Ministero medesimo al fine di assicurare uniformità di valutazione>> (Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, articolo 12, comma 2).
Non risulta, fino ad oggi, che il Ministero abbia stabilito e diramato gli indirizzi generali per la valutazione del valore culturale. Ma qualunque dovesse essere il sistema di riferimento adottabile, appare veramente arduo, anche per soggetti molto ignoranti o in mala fede, dimostrare che le opere di restauro per la protezione e la musealizzazione della villa del Casale, progettate ed impiantate da oltre cinquanta anni da un autore non più vivente (Minissi), non possano ricevere il riconoscimento del valore culturale che sicuramente possiedono.
E’ da ritenere, comunque, che in assenza degli indirizzi ministeriali non sia attualmente possibile eseguire tale verifica e che quindi l’opera di Minissi sia oggi, a tutti gli effetti, un bene culturale protetto dal Codice.
Vale la pena ricordare all’alto commissario dott. Sgarbi e a coloro che compongono il gruppo di progettisti della nuova villa del Casale che si vorrebbe edificare, che la legge punisce l’esecuzione di opere illecite: <<E’ punito con l’arresto da sei mesi ad un anno e con l’ammenda da euro 775 a euro 38.734,50: chiunque senza autorizzazione demolisce, rimuove,
modifica, restaura ovvero esegue opere di qualunque genere sui beni culturali indicati nell’articolo 10>> (Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, articolo 169, comma 1).
Confidiamo sull’opera di vigilanza e prevenzione che saprà mettere in atto in un caso così delicato la Soprintendenza di Enna.
Mail: monumentodocumento@unipa.it
Autore: Franco Tomaselli
Cronologia: Arch. Romana
Link: http://www.unipa.it/monumentodocumento