Il Museo Civico di Manerbio è ospitato in alcuni dei locali – un tempo adibiti a Foresteria – dell’ala seicentesca dello storico Palazzo Luzzago, attuale sede municipale.
Il primo allestimento, approntato a coronamento di una serie di mostre temporanee realizzate per pubblicizzare le attività di ricerca realizzate dal locale Gruppo Storico Archeologico, è stato inaugurato nel 1985 ed occupava un vasto salone del pianterreno; ora invece, dopo una temporanea chiusura dovuta all’adeguamento delle attuali norme di sicurezza dei nuovi locali concessi dal Comune, il Museo dispone di due ampi saloni con una superficie complessiva di circa 500 mq. oltre ad ambienti adibiti ad un laboratorio didattico per le scolaresche, un ufficio per il personale del Museo – dotato di biblioteca specializzata – e depositi per lo smistamento dei reperti ed il loro immagazzinaggio.
La riorganizzazione del percorso espositivo, progettata dall’ architetto Andrea Perin e curata dalla dottoressa Brunella Portulano coadiuvata dalla dottoressa Silvia Odone, è stata realizzata in modo da permettere la massima mobilità sia dei materiali esposti che dell’apparato didattico: vetrine su ruote, pannelli su leggeri supporti che scorrono lungo binari fissati alle pareti, pubblicazioni didattiche inerenti l’allestimento di volta in volta visitabile.
Una delle due grandi sale è organizzata in varie sezioni disposte in ordine cronologico, ciascuna caratterizzata da un logo e da un colore specifico stampati sui relativi pannelli, all’interno delle quali i materiali provenienti da singoli complessi insediativi vengono utilizzati per creare un percorso diacronico sulla storia umana del territorio esaminato.
La seconda sala, invece, è riservata a mostre temporanee, sempre di argomento storico-archeologico, promosse dal Museo stesso o realizzate in collaborazione con altre realtà museali e finalizzate ad inquadrare singole situazioni locali entro ambiti più vasti.
I reperti che periodicamente si alterneranno nelle esposizioni, frutto di ricerche e scavi archeologici effettuati a partire dal 1983 dai volontari del Gruppo Storico Archeologico di Manerbio sotto la direzione della Soprintendenza Archeologica della Lombardia, sono rappresentativi della frequentazione umana del territorio della Bassa Bresciana centrale, con epicentro nel Comune di Manerbio, a partire dal periodo mesolitico (IV millennio a.C) fino al XVIII secolo della nostra era.
Neolitico
La frequentazione del territorio di Manerbio durante il Neolitico è attestata fin dai momenti più antichi, come dimostra l’insediamento del Vallone di Offlaga. I materiali lì rinvenuti consentono di inquadrare il ritrovamento nell’ambito della cultura del Vhò di Piadena (datata a partire dalla metà del VI millennio a.C.).
Il primo Neolitico dell’Italia settentrionale si caratterizza come un mosaico di culture, alcune delle quali adottarono precocemente l’economia di produzione, mentre altre restarono più a lungo legate alla tradizione mesolitica, sia per l’alta incidenza della caccia nel quadro delle attività economiche, sia per le modalità di lavorazione della selce, con il persistere del ritocco erto.
Una cuspide foliata a faccia piana testimonia la frequentazione del sito anche nel Neolitico medio, momento di diffusione della cultura dei Vasi a Bocca Quadrata. Tale fenomeno culturale, documentato in tutta l’Italia settentrionale, fu vivo in alcune zone fino al 3400 a.C. Direttamente ad esso riporta un frammento di caso a bocca quadrata ritrovato sulle sponde dell’Oglio, nei pressi di Alfianello, dove il rinvenimento di numerosi manufatti preistorici induce a pensare che una deviazione del corso del fiume abbia potuto occultare uno o più abitati di cui non conosciamo l’ubicazione originaria.
La cuspide di freccia a tranciante trasversale, proveniente ancora dal Vallone, rimanda al Neoitico tardo e recente e rappresenta, per il momento, l’unica testimonianza dal territorio per questo periodo.
Età del Rame ed Età del Bronzo
Dall’insediamento della Cascina Remondina proviene un frammento di ugnale foliato di selce che, pur non potendo essere datato con precisione a causa della sua frammentarietà, è attribuibile all’età del Rame, che in Italia settentrionale ebbe inizio intorno al 3400-3200 a.C. Pugnali simili sono presenti nei corredi della necropoli di Remedello Sotto e appartenevano agli individui di sesso maschile, connotati come guerrieri dalla presenza di armi. In alcuni casi tali oggetti avevano una funzione di prestigio ed erano utilizzati come accessori del costume cerimoniale o deposti accanto al defunto come oggetti preziosi.
Le prime testimonianze della frequentazione della bassa pianura bresciana nell’antica età del Bronzo risalgono alla fase più recente (1800-1600 a.C.) per la quale i dati archeologici rivelano un’opera di colonizzazione lungo le principali direttrici fluviali, tra cui il corso dell’Oglio, del Mella e del Chiese. Risalgono a quest’epoca i ritrovamenti di Porzano di Leno, di Leno e di Milzanello.
L’insediamento mdella Cascina Remondina cominciò ad essere attivo nella fase recente dell’antica età del Bronzo e continuò all’inizio della media età del Bronzo (1600-1300 a.C.).
Nell’età del Bronzo recente (1300-1200 a.C.) cominciò probabilmente la sua vita un altro abitato rinvenuto in località Castellaro, nel comune di Milzanello. La scelta del sito, ancora oggi in posizione leggermente elevata rispetto alla pianura circostante, sembrerebbe rispecchiare una tendenza tipica della fine della media età del Bronzo e dell’inizio dell’età successiva quando, forse a causa di un peggioramento climatico, nelle scelte abitative si preferirono i luoghi elevati ed i dossi fluviali.
Appare certa la continuità dello stesso abitato nell’età del Bronzo finale (1200-900 a.C.), periodo in cui in Italia settentrionale si assistette al crollo del mondo palafitticolo-terramaricolo, n concomitanza con la crisi che investì il Mediterraneo orientale.
Età del Ferro
Alla fine del VI sec. a.C. gli Etruschi si stanziarono nella pianura a sud e a nord del Po sotto forma di piccoli gruppi di coloni, non più con il solo intento commerciale – come era avvenuto in precedenza (tra la fine del VII e nel corso del VI sec. a.C.) – ma a scopo agricolo e di controllo del territorio. A queso periodo risalgono gli insediamenti lungo il Mincio, al Forcello di Bagnolo San Vito (Mn), e il Chiese, a Leno (Bs) ed a Casalmoro (Mn).
A Leno, nei pressi del corso del Mella, sono stati indagati due abitati risalenti alla fine del VI – inizio del V sec. a.C., non lontano dalle cascine Fornasetta e Madonna della Stalla. I reperti ceramici qui rinvenuti appartennero inequivocabilmente a genti etrusche: molto abbondante è la ceramica nera, per la maggior parte ciotole, foggiata ad imitazione del bucchero etrusco, anche grandi recipienti con il corpo decorato da cordoni, detti dolii, rimandano alla tradizione dell’Etruria settentrionale e dell’Emilia ed erano utilizzati per la conservazione delle derrate elementari. La vocazione di questi due abitati fu prettamente agricola e domestica, come attesta anche il ritrovamento di strumenti per la filatura e la tessitura.
All’inizio del IV sec. a.C. popolazioni galliche di civiltà La Tène, di provenienza transalpina, migrarono nell’Italia settentrionale: nell’area della pianura bresciana si stanziò la tribù dei Cenomani. Gli abitati non sono noti, ma, sulla base dei resti funerari, è possibile dedurre che l’insediamento fosse caratterizzato da piccoli nuclei sparsi nella campagna. Nel territorio bresciano, ricche di reperti celtici sono le regioni dell’anfiteatro morenico del Garda e la porzione di pianura tra la confluenza dei fiumi Mella e Chiese nell’Oglio. Gli importanti ritrovamenti avvenuti nel territorio di Manerbio sono tutti di carattere sporadico.
nEL 1927, nel campo Vigna Vecchia presso la Cascina Remondina, fu scoperto un ripostiglio di manufatti d’argento interpretati come elementi della bardatura di un cavallo: 14 fàlere di lamina d’argento lavorata a sbalzo e altri elementi di guarnizione. Di notevole importanza anche il ripostiglio di circa 4000 monete d’argento (dracme padane) rinvenute nel 1955 in località Gavrine Nuove, databili tra l’inizio del II ed il I sec. a.C., che rappresentò forse il tesoro di un santuario o di un gruppo di tribù confederate.
Infine, al 1957 risale il ritrovamento isolato, in località Roncagnà, di una spada di ferro forse pertinente ad una sepoltura maschile.
Età Romana
Situata in posizione intermedia sulla strada che congiungeva Brescia a Cremona, è probabile che in età romana nei pressi dell’odierna Manerbio vi fosse la sede di una stazione di sosta, utilizzata dai viaggiatori per un breve riposo ed il cambio dei cavalli, della quale tuttavia non ci è giunta finora alcuna specifica testimonianza archeologica. Soltanto alcune epigrafi, rinvenute qui ed in altre zone del Bresciano, avvalorano l’ipotesi dell’esistenza di un vicus Minervius, cioè di un’unità territoriale – forse già di fondazione preromana – autonoma dal punto di vista finanziario, amministrativo e religioso.
Numerose sono, invece, le tracce di piccoli edifici più o meno isolati nelle campagne circostanti, come quelli individuati presso campo Sturla, via Cigole e la Cascina Bagnano. Molti degli appezzamenti coltivati dovevano far capo a ville rustiche, le cui tracce sono state rinvenute vicino alla cascina Casella, in località Betturina, alle cascine Monasterino e Colombaia Gazzoldi ed a Manerbio in via Betturina.
La precoce presenza romana nel territorio di Manerbio è testimoniata da un gruppo di tombe rinvenute presso villa Brandini, databili tra la fine del II e gli inizi del I sec. a.C.
In questo stesso ambito dovrebbe collocarsi una sepoltura, che doveva trovarsi vicino alle sponde del fiume Oglio – nel Comune di Alfianello – del corredo della quale si è conservata soltanto un’olpe in ceramica comune, che presenta sulla spalla un’iscrizione graffita con il nome del defunto.
Anche la necropoli di località Quintane, della quale sono state individuate e scavate ventiquattro sepolture e che è databile tra gli inizi del I sec. d.C. e la prima metà del III, era probabilmente in relazione ad un insediamento.
Una conferma del fatto che i cimiteri d’età romana si estendessero generalmente fuori del centro abitato, lungo le vie di comunicazione, è infine fornita dal recupero di una ventina di sepolture ad inumazione di età tardo romana presso la cascina Vinaccesa, poco distante dal tracciato della strada Brixia – Cremona, da cui proviene anche un piccolo cippo utilizzato come segnacolo di un recinto funerario familiare.
Alto Medioevo
Nel Bresciano gli abitati databili all’Alto Medioevo documentati archeologicamente, oltre a Brescia e Sirmione, si localizzano: a Leno, che ha restituito strutture edilizie lignee e tre grandi aree cimiteriali; a Manerbio, con un insediamento a edifici in legno ed una necropoli coeva; a Calvisano, con resti di un abitato fortificato e numerosi sepolcreti nel circondario.
L’insediamento altomedievale portato alla luce durante gli scavi del 1986 e del 1991 in piazza Bianchi a Manerbio era costituito da case con struttura portante di robusti pali in legno, con pavimentazioni in terra battuta e pareti presumibilmente di assi lignee o vimini intrecciati rivestiti d’arglla; le coperture dovettero essere in paglia o laterizi. L’abitato si estendeva sul dosso alluvionale fiancheggiato dalla strada romana Brixia-Cremona in prossimità del fiume Mella; la sua datazione tra seconda metà VI e VII sec. d.C. è stata determinata dalla presenza di manufatti d’uso comune in ceramica decorata a stralucido, in ceramica invetriata e grezza di produzione altomedievale e in pietra ollare di tipologie tipiche dello stesso periodo. Questa cronologia è avvalorata anche dal ritrovamento, in uno dei livelli d’uso della prima fase di costruzioni in legno, di una moneta in argento de re longobardo Ariperto I (653-661 d.C.); attualmente l’unico esemplare in Italia msicuramente attribuibile a quel sovrano.
Nel medesimo contesto sono state individuate anche sei sepolture di individui adulti, con orientamento est-ovest e prive di corredo. Costituite da semplici fosse di sagoma trapezoidale o antropoide, sono contemporanee all’insediamento e facevano sicuramente parte del cimitero della pieve antica, scarsi resti delle cui murature perimetrali sono stati rinvenuti nel 1985 sotto l’attuale Parrocchiale di Manerbio.
Post Medioevo
Dal XV secolo l’area dell’abitato medievalem adiacente il fianco nord della pieve viene occupata progressivamente da edifici in muratura di laterizi, abitati dai canonici della pieve stessa e della chiesa di S. Martino. Di questo complesso, demolito tra il 1960 ed il 1991, gli scavi archeologici hanno rimesso in luce le fondazioni, le cantine, le fosse biologiche ed i pozzi, la cui costruzione aveva in buona parte asportato la stratigrafia medievale.
Per quanto riguarda i complessi produttivi, l’esistenza a Manerbio di botteghe di boccalari dalla fine del XV a tutto il XVII secolo, come testimoniato da alcuni documenti d’archivio, ha trovato conferma nel 1987 con il ritrovamento, nel riempimento di un tratto di uno dei canali artificiali che alimentavano i vecchi mulini della città, di una vasta discarica di più di 4000 frammenti ceramici. Molti di essi appartengono sicuramente ad esemplari scartati durante le diverse fasi di produzione.
Il repertorio delle forme ceramiche e delle decorazioni rappresentato nella discarica dell’ex roggia Marianna è molto vasto e comprende manufatti databili ad un arco cronologico di circa tre secoli a partire dall’inizio del ‘400 e probabilmente riferibili ad una o più officine.
Le classi ceramiche attestate vanno dalla graffita arcaica padana all’invetriata, all’ingobbiata monocroma, alla graffita rinascimentale alla più pregiata e tarda maiolica. Prevalgono le forme aperte, quali ciotole, tazze, piatti e bacinelle di varie dimensioni, ma non mancano anche boccali e piccoli bricchi per contenere e servire cibi liquidi e bevande.
Info:
Palazzo Luzzago, piazza Cesare Battisti, 2 – 25025 Manerbio (Bs)
Tel.030 9387297, 9387298; fax 030 9387287;
Orario: martedì, mercoledì, giovedì 9-12,30; 14,30-16,30;
venerdì 9-12,30; domenica 16-19;
apertura serale: giovedì 20,30-22,30.
Laboratorio didattico.