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CAMPI FLEGREI (Na): Un’area straordinaria a nord-ovest di Napoli. Campi Flegrei, sogni di resurrezione fra tesori e degrado.

Se lo sport nazionale è lanciare bottigliette e rifiuti, noi che ci possiamo fare? E’ un sussurro di rabbia, cui segue la raccomandazione: niente nomi, per carità. Regola di agosto. I soprintendenti ai Beni archeologici sono in ferie, e gli altri a cascata, non sono autorizzati a rilasciare dichiarazioni.

Ma questa è, in sintesi, la risposta che si ottiene avvicinando gli addetti ai lavori e mostrando loro il taccuino, dopo aver girato per gli imponenti siti disseminati nella zona dei Campi Flegrei, a nord-ovest di Napoli, tra Pozzuoli e Cuma, Baia, il lago Averno, luoghi delle primissime colonie greche, luoghi mitici dove Virgilio fece sbarcare Ulisse atteso dalla Sibilla Cumana.

E’ come un’altra Pompei, vastissima e per molti versi malnota, spesso nascosta da cortine di case sorte come funghi dagli anni Cinquanta, con decine di siti in qualche caso affidati a custodi “onorari” che, come avviene alla “Piscina mirabile” aprono i cancelli solo se non c’è troppo da fare nella loro salumeria. Tesori straordinari tra le ferite del degrado.

Uno, il più bello, è visitabile solo il sabato e la domenica, ma per ragioni legate a un imponente cantiere di restauro. E’ nel ventre di Pozzuoli: scavando nella stratificazione dei secoli, sotto il “Rione Terra” svuotato dai bradisismo degli Anni Settanta e Ottanta, è comparsa una città romana su più strati, quindi una serie di città, dai greci fino all’età imperiale. Ora sono sotterranee, ma proprio il fatto di essersi riempite nella storia di detriti le ha conservate benissimo, proprio come l’eruzione ha fatto per la zona a Sud Est di Napoli. Qui si è depositata l’eruzione della storia. Si percorrono sull’antico selciato il cardo e il decumano, ci si affaccia nelle botteghe, nelle abitazioni, nei tempietti ancora affrescati, o nei bordelli dalle stanzette talmente anguste che in un primo tempo si era pensato fossero celle di prigione, “ergastula”.

Si scopre anche un remoto caso di abuso edilizio: i muri con cui un fornaio sbarrò la strada verso il tempio per allargare la propria bottega. Chissà le risse. Visitare questo mondo ora sotterraneo è un’esperienza esaltante, anche se riservata a pochi: tra le sette e le ottocento persone al sabato e la domenica. Noi la facciamo guidati da un cicerone appassionato, l’assessore all’Ambiente di Pozzuoli, Antonio Buonaiuto. Fa parte di una giunta che ha ereditato un’impresa ciclopica: non solo i lavori di scavo e sistemazione archeologica, di cui è responsabile la Soprintendenza, ma direttamente il rinnovamento del centro secentesco, che è poi il “coperchio” di questo tesoro romano.

Si stanno restaurando tutti i palazzi abbandonati e in rovina, che saranno destinati in parte al Comune, alla Curia e per il resto ad attività turistiche di alto livello. Hanno cominciato nel ’93, le prime facciate già brillano al sole, ma il cantiere richiederà molto tempo, due legislature secondo Buonaiuto. Si tratta di ricostruire una piccola città.

La Pozzuoli del futuro si sogna snodo turistico per tutta la costiera, verso Bagnoli da una parte e verso Ischia dall’altra. Ma intanto i visitatori dei Campi Flegrei arrancano, alla spicciolata, saltando dalla metropolitana a un bus, da un bus a un taxi, sperando che non sia di natura esoso o non lo diventi per la lentezza del traffico.

Davanti al grande anfiteatro, fra i più imponenti, qualcuno ci rimane particolarmente male quando gli spiegano che per motivi di sicurezza e per carenza di personale non è possibile visitarlo liberamente, ma bisogna aspettare un giro guidato. Sotto, al livello del mare, c’è il bellissimo tempio di Serapide, chiuso perché ci stanno lavorando.

Nell’attesa, si tenta un salto alle terme di Baia, imponente complesso d’epoca imperiale, e qui, nel Comune di Bacoli, la coppia di americani cui si accompagna casualmente il cronista riesce ad avere un’esperienza goethiana. Da “Grand Tour”, per intenderci, quando i giovani aristocratici del Nord venivano in Italia ad ammirare la poesia di rovine per così dire incontaminate, ossia immerse nella natura selvaggia. Le grandi terrazze delle terme sono infatti una distesa di sterpaglia. Erbacce dovunque, meno male che il biglietto dura due giorni, è economico e dà il diritto di visitare altri siti e musei. Sulle scalinate non mancano i mozziconi di sigaretta, le carte di qualche merendina. Intorno case, e anche all’interno dell’area degli scavi si nota un piccolo cantiere con betoniera, di incerta origine. Squallore e abbandono hanno un che di struggente e forse filosofico, soprattutto se si pensa che il bel museo nel castello aragonese, sempre di Baia, è invece tenuto benissimo. Nello spazio denominato “Terme di Mercurio” un enorme fico che “cresce” dall’alto in basso, a perpendicolo, con le radici infisse al culmine di una grande volta ad arco e le fronde a sfiorare il terreno, pare il simbolo del mondo alla rovescia. Per arrivarci, tuttavia, bisogna faticare: non proprio come nella giungla, ma quasi. Qui i signori Bennet, già piuttosto provati, sono incerti se entusiasmarsi per la situazione tra il bizzarro e l’assurdo o abbandonarsi allo sconforto.

I giovani verdi di Napoli invece si sono indignati: hanno pubblicato una denuncia, con fotografie, chiedendosi se valga la pena di tenerle aperte al pubblico, queste bellezze. Silvia Vacca, laureanda con una tesi sui Campi Flegrei, li ha percorsi in lungo e in largo. Ha scovato anche un po’ di materassi buttati intorno all’anfiteatro romano di Pozzuoli. Oggi non ci sono più, appartenevano all’ultima emergenza rifiuti, che qui si abbatte come un periodico temporale o un bradisismo.

“L’abbiamo rischiata anche qualche giorno fa – mi racconta l’assessore Buonaiuto, anche lui, fra l’altro, esponente dei Verdi -. Pozzuoli risente come tutta l’area di Napoli di questo problema gravissimo. E quando si manifesta, non si salva nessuno”. Nemmeno i monumenti. Ma, aggiunge, noi cerchiamo in ogni modo di tenerli puliti. “E’ una città difficile anche se prospera, con grandi centri di vendita all’ingrosso e la più alta concentrazione di ristoranti per abitante d’Europa, forse nel mondo. Siamo un centro residenziale molto ricercato e una gloria gastronomica, tutti vengono a mangiare qui. E’ una bella risorsa, ma vuole anche dire una quantità di rifiuti”.

D’accordo, ma è il caso di buttarli nei monumenti? Il Comune non ha competenza sui siti archeologici e museali, ma sta avviando un accordo per potersi dedicare alla manutenzione di quelli minori e minimi, visto che ce n’è un po’ dappertutto.

Sforzo titanico, strada lunga. Sempre la detective verde ha scovato, a Baia, persino dei bidé. La grandezza convive col degrado, i progetti ambiziosi con una quotidianità difficile.

A Pompei, certo, è andata meglio, almeno non c’è stata edilizia selvaggia. Là si rovesciano oltre due milioni di visitatori l’anno, qui, nei Campi Flegrei, saranno duecentomila, con fortissima componente di gite scolastiche: in una delle zone più ricche di storia e di capolavori che ci siano al mondo.

Forse lo snodo è proprio a Pozzuoli, dove il Rione Terra attende il futuro, come una grande promessa. Se riescono a mantenerla, sarà la resurrezione dei Campi Flegrei. In caso contrario, un posto in più, bello comodo, dove dedicarsi allo “sport nazionale”.

Fonte: La Stampa 12/08/05
Autore: Mario Baudino
Cronologia: Arch. Romana

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