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Angelo DI MARIO: “Creta Minoica” di Giulio M. Facchetti e Mario Negri.

Un libro che contiene un’immensa mole di memoria; tra le loro memorie e quelle a cui si riferiscono, si potrebbe riempire una estesa biblioteca; la cultura è ricca, alta, particolareggiata, confermata, necessaria; ma appartiene tutta all’intelligenza mnemonica, cioè al ricordo di quanto è stato appreso nel corso degli studi, dei contatti, della vita; non riguarda l’intelligenza creativa, che fruga tra le nozioni apprese, e ve ne scopre di nuove; si discute di nozioni acquisite, riferite, credute, apprezzate, reciproche; sostenute dall’ammirazione, dalla fiducia nelle intuizioni degli altri, ma non sufficientemente portate davanti al dubbio.

In questo libro, ciò che mi ha maggiormente meravigliato, sono state le illazioni sulle iscrizioni minoiche ‘non amministrative’; in particolare il Negri suppone di demolire quanto da alcuni altri era stato asserito con certezza sulla divinità detta jasasarame/asasarame < *AS-a-ra-we; ne nega l’evidenza, con una procedura contorta e inammissibile; ora questo nome, parte dall’eteo washa ‘dio/signore’, gli Ittiti dicevano ishi.

Prima constatazione: qui ha perso iniziale F > w; quindi ne può fare a meno anche un suo derivato; la doppia ss, per una scrittura monosillabica, comporta la resa -sa-sa, dal che ne deriva la stesura (j)a-sa-sa-ra, anziché Assara; ma questo non ci dice che la parola contenesse né la doppia, né la h, come vorrebbe il Negri; quindi andrebbe meglio scriverla Asara, ciò perché molte testimonianze conservano quest’uso; elenchiamole: eteo HA-su-s-ras ‘Signora > regina’ (P. Meriggi, Manuale di eteo geroglifico, MEG, Testi); bilingue lidio-greca AS-ni-L/ ATHenaíEi ‘ad ASena/ ATena’ < *AS-ni-Si/ *ATH-e-na-Si (J. Friedrich, decifrazione delle scritture scomparse, DDS), iranico As-sa-ra, As-u-ra, Ah-u-ra, av. Ah-u-ro, osco AS-a-nas, lac. As-á-nas, As-a-n(a)-ân = Ath-e-n(a)-ôn < *AS-e-na-(S/O)os/n (LIA), gr. Athenâ < *Ashena > *as-na/ *ath-na.

Come si fa a negare tanta evidenza; ma la radice KAS ‘Luce > Signore’ ( > W-ASH/ ASH/ AS), da cui veramente discende, si evolve anche altrimenti con > B-AS > P-AS ‘signore’, oltre a considerare che tale gratificazione, a quei tempi, significava prima di tutto ‘dio’; ecco allora che possiamo capire le varianze della radice, comprendere il gr. BAS-i-leÚs < *WASH-i-seFs ‘il vice del dio/ signore’ (s > l; F > U, infisso), variato in lidio PAL-Mlul (o QAL-Mlul), da *FAS-Fsus (F > M, infisso, s > l), mentre in etrusco divenne MAR-u ‘signore’ < *Washu (F > W > m; s > r), ed il suo vice si disse MAR-u-nuch, ossia il *Wash-u-nus/ *Wash-u-lus > ‘marone/ barone’ (F > m > b). Fantasie?

Tutte le mie analisi sono attraversate continuamente dalla fonetica, non dall’omofonia; ecco un esempio, che i fruitori dell’omofonia dovrebbero imparare a recepire: la radice SEL ‘luce > SOLe’, in gr. viene detta SÉL-a-s ‘luce / splendore’, ma il suo sviluppo passa attraverso il luvio, qualcuno l’avrà articolata in *SEL-a-s-sa, e dopo altro tempo altri anatolici la pronunciarono SEL-á-n-na (Saffo), proprio con la doppia -n-n dei lici (bilingue licio-greca: Tlanna ‘di T()loo’, gr. Tloeús < *t()l-o-Fe-sus (DSS) ); semplificata divenne SEL-á-()-na, ma dobbiamo ricordarcene che lo sviluppo prevede ss > nn > n; seguiamone ancora lo sviluppo: SEL-é-()-ne > ()EL-é-()-ne ‘-(n)-na/ quella della luce (notturna) > EL-e-na > LU-na’.

Il cammino della SEL, però non è finito; ecco perché non ci si può fermare al linguaggio codificato, o quasi lì; la radice perde l’iniziale S, così passa a F > FAL/ FEL > VAL/ VEL/ VIL > BOL/ POL; in seguito perde anche questa uscita intermedia, per arrivare a AL/ EL/ IL/ OL/ UL, persino a FuFl, etr. FuFl-u-ns < *FUL-u-s-s(e) ‘(dio) Solare = ULisse’, FUL-gi-do < *FUL-ki-to, FUL-mi-ne…; al re ittita SuPPiliuluMas < *suFFil-ju-nuFs > < *SUL-ju-nuFs > ‘SOL-o-ne’.

Detto ciò, ora possiamo conoscerne l’evoluzione progressiva: *SEL-a-s-sa > SEL-á-n-na…; FAL-e-ria; FEL-s-na, FEL-z-nei…; VAL-e-ria; VEL ‘Sole’, VEL-i-a, VEL-u-s, VEL-u-(s)-sa, VEL-u-s-la < *VEL-u-s-sa,…; VIL-ia, VIL-i-na; UIL-u-siia, VIL-u-(s)-sja, VIL-u-sa (O. R. Gurney, Gli Ittiti, p. 86), > FÍL-i-os(-sa)/ FÍL-i-on(-na) ‘IL-io’; BOL-se-na, BOL-o-gna, VOL-si-nium; POL-io-ch-ni (Lemno), POL-i-ch-na (presso il fiume AES-e-pus ‘del Cavallo’, eteo asuwa ‘cavallo’, MEG) < *VOL-i-s-sa,…; cret. VEL-cha-ns/ VUL-ca-no; OL-é-ne ‘(S/F/V-)OLene’, ‘quello del paese chiamato Trjmmisn/ Licia’, dove esisteva una seconda Ilio, presso il fiume Xanthos (v. Iliade, VIII, 555/565; e la Trilingue di Xanthos (TITUS Texts): eke Trjmmisn xssathrapazate Pigesere “Quando in *TriFFisse/ Licia *satrapazava/ faceva il satrapo Pigesere…”); e poi leggiamo ancora ÁL-ios/ ÉL-ios ‘sole’, …; e ancora aFélios, aBélios (non semita) ‘Sole = Abele’, che lotta contro CA-i-no ‘il Fuoco’, gr. KA-í-o,…; infine le etr. aVil/ aVils < *aFil-s-s ‘a/ di Soli > anni’, aVle/ aUle < *aFle ‘Aulo/ Sole’, aPlu > *aFe(l)lu > ‘Apo(l)lo = Sole’ (in ogni analisi va scoperto, eliminato sempre l’invasivo F > b, f, m, p, mp, ph, mph, v, u, w: DEL-phús < *Thel-Fus, gr. THÊL-u-s, etr. ThuFl-thas < gr. THEL-ú-tes ‘(dio) del sesso femminile’, a cui si rivolgevano le donne).

Termino con IL-u ‘dio (sole)’, anch’esso non semitico, perché, può sembrare temerario, antistorico, ecc., ma le civiltà di Susa e di Aratta, come leggo su certi libri stranieri, per la ricchezza e raffinatezza dei loro prodotti artistici, precedettero quella sumerica; e quella semitica; nonostante le tavolette, conservate dal fuoco della guerra, testimonino per il contrario.

Tanto per accennare al pericolo rappresentato dalla onnipresente Fata Morgana, detta Omofonia, con SAL, e con qualsiasi altra radice, è facile incontrare gli omofoni: SALa, SALa, SALe, SALe, SALe, SAL-ma, SAL-ve, SEL-va, SIL-a, SOL-do, SUOL-a…l’hurrico SALa ‘figlia’, l’urateo SILa ‘figlia’,…; perciò la SOLa cosa da fare è evitarla ad ogni passo, accettarla solo con riserva, conservare il dubbio che menta; altrimenti ci conduce a qualunque interpretazione, improprio completamento; guidati da essa, tutti, infatti, possono riuscire a tradurre l’etrusco…, basta orecchiare qualche consonanza.

Non vorrei dilungarmi troppo, ma qualcosa devo ancora dire: in un mio libro spiego, e ripeto spesso in diversi lavori, come qui ora, che la desinenza verbale delle terze pers. sing. e plu. é la stessa del dativo: -si// -s-si, per il presente; il passato ridetermina questo schema, -si-si-si/-si-s-si// -si-si-si-si/ -si-si-s-si; ciò perché l’uomo primitivo non possedeva che pochi monosillabi, da impiegare uno dietro l’altro per usi pratici. Con il tempo li desinenzò, per il verbo non usò altro che il presente, in seguito vi aggiunse il passato, e con gli anni tutte quelle variazioni che incontriamo nel verbo europeo.

Se scorriamo l’inglese, si affida appena a qualche cenno, senza l’apporto invasivo indoeuropeo sarebbe rimasta una inimitabile lingua quasi monosillabica; così, per capire meglio, dovremmo accontentarci per il presente di *AM-a-si ‘ama’, *AM-a-s-si ‘amano’, e per un passato di *AM-a-si-s-si ‘amò’, *AM-a-si-si-s-si ‘amarono’.

Ora se noi vi scorgiamo le innumerevoli evoluzioni dettate dal parlante, ecco che possiamo rideterminarle attraverso quello che ci è rimasto dei testi antichi: l’osco TER-e-m-na-t-te-n-s (LIA) cela il modello *TER-mi-na-Fe-se-se-si, al pari del latino TER-mi-na-Ve-ru-n-t(i) < *TER-mi-na-Fe-su-si-si; su questo spunto possiamo allinearvi TER-mi-na-ve-rA-n-t(), TER-mi-na-ve-rI-n-t(), piccoli ritocchi per cambiare il senso, ma ci si adatta anche il tanto lontano urarteo qaBq-a-r-suu-la-la-ni, ossia *KAK-a-ru=suu-sa-sa-si, radice SUK > KUK ‘rotondità (COCco, CECe, CUCco…; gr. SÚK-o-s/ *KUK-o-s > FICo, s > k > F) > KÚK-los ‘rotondità/ CIC-lo’, per indicare che i soldati *CIC-lo-sa-Ve-ra-ro-no/ CIR-co=n-da-ro-no quella città; l’evidenza qual è, che la S è passata a L, N, R, T…; è presente nel gr. DEÍK-nu-Si, ma caduta nel gr. PAID-eú-Ei < *PAID-eu-Si.

Ecco perché non si deve procedere a parlare di qualunque parola senza averla prima spogliata, sottoposta alla riscoperta del modello, delle uscite fondamentali.

Questo brevissimo cenno, proprio per proporre l’analisi di una iscrizione in lineare A, relativa alle “Tavole di libagione”; si vedrà che hanno parlato senza intuizione, senza analisi doverosa, guidati da preconcetti.

Riscrivendo quello che è stato detto, specie dai grandi Luminari, guai a rintuzzarli; essa è tratta da TMT, opera anche del Negri, PK Za 11:

atai()wae adikitete ()da piteri akoane asasarame unarukanati ipinamina siru(te) inajapaqa

ANALISI:

atai(s)wae: gr. étis án, ó ti án ‘chicchessia’, etisoûn, otiûn ‘chiunque’;

adikitete < *a-DIK-i-se-se ‘(pres. danneggiano) pass. ha danneggiato’, gr. a-DIK-é-o ‘danneggio, commetto empietà’;

()da, gr. ó-de, ô-de, eteo i ‘questo’, quindi *i-da ‘anche’;

piteri < *pi-de-si > *pi-te-si < *ki-te-si, gr. pédon ‘terra’, ‘atterrato’;

akoane, radice SAK ‘luce > vedere > occhi’ , lat. (S)OC-u-lus, eteo SAKuwa ‘occhi’ (MEG), SAKuwassa ‘(dio) degli occhi’ > AK…, gr. eikóna ‘-na/ quella del (s)eik/ vedere > immagine’; etr. AUK-é-los ‘quella della luce > Aurora’ (TLE, 815);

Asasarame, radice KAS ‘luce/ fuoco’ > FAS > AS…, significa ‘della luce/ dea > Signora’ (persino ‘regina’, su MEG, Parte II, Testi, 2 e 3 Serie, pag. 254: a-wa wa-x-URU-i 187 KUR-na-sa GAL.SAL.LUGAL ha-su-s-ras “e la “grande.donna.del.re” Regina della Terra….s-cacci i….”); la radice KAS è molto ricca: gr. KÁS-tor ‘(dio) della Luce-quello’, etr. CAS-t-ra ‘KAS-á-(n)d-ra’ < mic. KAS-a-ta-ra (N infisso), VES-pe-ro, VES-ia ‘Lucia’, VES-ta ‘quella del fuoco’, VES-u-vio, etr. VES-ti-ri-ci-na-la < *FES-ti-ti-si-s-sa ‘(dono *estiaterenso, ossia) per l’accoglienza nell’estía/ nel focolare domestico’, dal gr. (K > F >)ES-thi-a-thé-so-mai; ()AS-ia ‘(paese) del Sole’; *(k)IS-tar > ISH-tar (non semita), gr. ES-tía ‘fuoco’, lat. AES-tas…, éPHais-tos < *ES-tos ‘Efesto’ (F > PH, infisso),….; ma vi entra anche la città di KIZz-u-Fa-t-na < *KIS-uFa-s-sa ‘(città dedicata) al dio KIS/ Luce > *KIS-u-s-sa > *KIS-u-s-na/ *KIS-u-t-na/ *KIS-u-t-ra’/ *KIS-t-ra…; infine *(KA)S-the-ru-la ‘piccola (I)S-ta-r/ lucina/ solicello/ (–)S-te-l-la’, spa. (-)ES-t-re-lla;

unarukanati < *unatu-ka-na-si, prep. unatu/ *antu/ *atu…; eteo ata; itt. ku-e-n-zi ‘uccide’ (F. Imparati, Le leggi ittite, I Serie, § 1 (I i): takku…..sullallaz kuiski kuenzi “Se……per una disputa qualcuno uccide”);

ipinamina < *ipi-na-mi-s-sa, gr. epi-né-mo ‘taglio’; etr. XII na-per ‘XII parti’, *na-mer ‘numero/ parte’;

siru, sirute, per la valenza s > k (v. eteo suwana ‘cane’, surna ‘corno’…, MEG; min. saq-e < *sak ‘lucente > bronzo’ (TMT), mic. kak-o ‘lucente > bronzo’, gr. chaLk-ó-s < *sakos (s > k/ch, L infisso…), quindi sir-u, sir-u-te > *kir-u > *kir-u-te, av. sar-h-, aind. sir-a-s ‘testa’…, gr. kár-a ‘testa’, kár-e-ti < *kar-e-si;

inajapaqa, miceneo anija-pi ‘con le corde > redini’ ( J. Chadwick, LINEARE B), gr. enía ‘corde > redini’, -pi ‘con’, Omero -phi; il -qa equivale ad ‘e, oppure’; quindi possiamo allineare i termini così: anija-pi, enía-phi, inaja-pa(-qa); come è facile controllare, esiste solo la differenza tra lingue simili divise dallo spazio e dal tempo.

Il senso è dunque il seguente:

“Chiunque ha danneggiato, oppure rovesciato a terra l’icona di Asara (*Asna, Athena), si uccida con il taglio della testa, o con la corda.”

Il Negri analizza anche la voce più complessa derivata da a-dik-i-, cioè a-dik-i-te-te-du-bu-re (TMT, PK Za 15); con il mio sistema analitico scopro subito *a-DIK-i-se-se-su-Fu-se ‘hanno/ abbiano offeso/ danneggiato/ commesso empietà’; invece lo studioso stacca le due desinenze ultime e ne fa nome, il *dubure < *duFure, per giunta difettivo, rispetto a ciò che vorrebbe significasse; come pare, altri lo allungano e accomunano al mic. da-bu-ri-to, ricavandone Dabúrinthos/ Labúrinthos ‘il Labiri(nto)’; parola che non ha niente a che fare con quella voce, anzi con la porzione delle sole due desinenze finali, separate dall’infisso F > B; e nemmeno collima con la favola che ci narra la tradizione; perché il labirinto significa altra cosa.

Per maggiore chiarezza, eccone tradotte altre due, tratte sempre da TMT:

TL Za 1: a-ta-i-jo-wa-ja o-su-q2a-re ja-sa-sa-ra-me u-na-ka-na-si i-pi-na-mi-na si-ru-te
“Chicchessia non rispetti Assara si uccida con il taglio della testa.”

SY Za 2: a-ta-i-jo-wa-ja ja-su-ma-tu OLIV u-na-ka-na-si OLE
“Chi ruba le OLIVE si uccida con l’OLIO.”

Il greco non è stata una lingua originale, ma, come ognuna, come tutte le altre, il frutto di complessa evoluzione, di aggregazioni, e varianti riconducibili all’anatolico in generale, né più né meno del miceneo; qui scopriamo che parlavano una lingua tra il futuro greco ed il presente anatolico, inaccettabile per gli studiosi; tuttavia bisogna considerarli già in parte Elleni; non gente incomprensibile.

Poi, come potevano non essere anatolici, la cui civiltà era diffusa non solo in Medio Oriente, fino al Caucaso, e nell’Ellade, ma sbarcò persino qui in Italia, come possiamo constatare attraverso qualche palese residuo: ICH-noû(s-sa), PI-the-koû(s-sa), LAMP-e-du-sa < *LAF-tu-s-sa/ *LAK-e-tu-s-sa…; OD-u-s-seÚs *UT-u-s-sus/ UL-i-s-se ‘(figlio) del dio *S-UTu > UTu ‘Fuoco/ Luce’, del gr. ÉT-o-s ‘*AT-no > AN-no > (tempo) di UTu’, varianza della radice SAT/ SET/ SUT > MAT > ATH/ ETH/ ITH, di *SAT-u-s-sus > SAT-u-r-nus ‘(dio della rinascita) del Fuoco/ Sole’, il Natale antico, a dicembre, etr. SETH-re ‘Fuoco’, SETH-u-Msal ‘del dio SETHusa’, M-IT-ra, ET-na < *SET-na ‘(dio) del Fuoco’, IT-a-ca < *SIT-a-ka ‘(terra/ isola) di Fuoco’, IT-a-lia < *S-IT-a-s-sja ‘(terra/ isola) del fuoco’, forse anche l’etnico *ET-u-su-s-si/ *ET-u-lu-s-si > *ET-u-ru-s-ki apparteneva all’idea di ‘abitanti nella terra del fuoco/ dei vulcani’, gr. AITH-é-r, AITH-ó-s, AÍTH-o ‘cielo, ardore, accendo’ (lo stesso significato intrinseco lo conservano i toponimi *SIK-a-s-sia > *SIK-a-n-nja > SIC-a-nía, *SIK-e-s-sja > *SIK-e-l-lja > SIK-e-lía ‘(terra) del Fuoco’, SCH-e-ría < *SAK-e-s-sja, S()C-ia-ra ‘fiamma’, derivati tutti dalla radice SAK / SEK/ SIK > FUK > MUK/ MOP > AK/ OK > OP ‘Fuoco/ Luce > vedere > occhio’…; ted. SEH-e-n < *SEK-e-n ‘vedere’, (S)AUG-e-n(e) ‘occhi’, eteo M-UK-a-s-s-n E-na-a ‘di MOK-so/ MOP-so (Fuoco/ Sole) casa’, MEG, Testi; gr. ()ÓS-se < *()OK-sje/ *()OP-sje ‘()occhi’).

Erano certamente solo un po’ diversi dalle genti dell’Asia.

Ma gli esempi potrebbero indurre a dubitare sui troppi ‘Fuochi’ qui posti in evidenza; basta un po’ di fantasia: ogni guerra rimescola uomini e civiltà, più popoli guerreggiano, più vengono scambiate parole e strumenti; ognuno indica un suo ‘luce/dio’, un proprio ‘fuoco-sole-divini’, secondo l’uso della propria etnia; per questo ne incontriamo poi così tanti.
Inoltre i nostri concetti non si debbono sovrapporre a lingue così antiche, il loro fuoco/luce/sole/dio s’identificava con una donna, o uomo sacro; concetti che non s’incontrano affatto con le nostre concezioni cosmologiche; non toccano nemmeno un qualunque stato oggettivo.

Quindi le informazioni appartengono ad altre civiltà, rimescolate in mille modi; le parole, tutte, si differenziarono sempre, di continuo: etr. SAN-s ‘dio del SAN > AN/ Fuoco=Cielo’, SIAN-s, itt. SIUN-, lidio SAN-tas, il re cario SYENn-e-sis ‘(dio) del Fuoco’, marito di EP-i-a-s-sa (Anabasi), etr. EP-iu-r() ‘Fuoco/ Cielo’; e via con FAN > MAN > VAN > AN/ EN/ IN, sempre ‘luce/fuoco/ cielo…’: VEN-u-s < *FEN-u-sa/ MIN-e-rVa < *FEN-e-sFa ‘dee del cielo’, divinità asianiche, tirsene/ velsinie, non etrusche o latine, infine la radice si riduce nel dio AN ‘cielo/ aria’, il cui significato ancora è vivo: AN-e-lo, AN-i-ma, AN-sia ‘quel cielo/ aria’ che ci fa vivere, che esce con l’AN-i-ma, fatta ‘di AN/ aria’…

Altra nota, per concludere, la riserbo alla pedissequa sequela di riscrittura su quanto è stato detto e stradetto intorno al Disco di Festo; tutte le stesse medesime supposizioni; ma si osservi per bene quel reperto, ci si limiti unicamente ad una percezione fisica, spaziale, si guardi attentamente con il lato destro del cervello, ossia con la cognizione dello spazio.
Se si trattasse di una spirale da seguire, di procedere in salita intorno ad un colle, partendo dalle sbarre messe alla fine del documento, l’uomo avanza, volgendosi sempre a destra; se invece parte dal centro, dalla vetta, scende, si accorge, non solo di incontrare facce e disegni in armonia con il suo senso di marcia, tutte volte in avanti, come lui, ma gira sempre a sinistra, al pari della scrittura.
Non si può capire un reperto leggendolo al contrario, solo perché ne ha scritto gente, certamente colma di estrema cultura, personalmente rispettabile, ma non credo che ognuno di loro abbia certamente preteso che fosse seguito acriticamente da tutti quanti senza il minimo dubbio.


Mail: adimario2@yahoo.it
Autore: Angelo Di Mario
Link: http://www.etruschi-tirseni-velsini.it

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