Ancora una volta il Friuli si conferma un territorio dalle grandi ricchezze archeologiche grazie anche alle straordinarie scoperte fatte recentemente in comune di Verzegnis. E’ ormai un dato di fatto che le leggende vanno ben oltre la semplice fantasia popolare, e non c’è da stupirsi se per l’ennesima volta, dietro a quelle che potrebbero sembrare favole della “buona notte”, si nasconde un fondo di verità.
C’è chi parla del diavolo seduto sopra un tesoro, chi di una bella ragazza che piange tutto il giorno perché tenuta prigioniera in una torre da un principe tedesco e poi, come se non bastasse, in paese c’è una via che si chiama Sottocastello, ma di castelli in giro non se ne vedono… Semplici coincidenze? Forse, ma tutto lascia supporre che su quel colle, alle cui pendici sorge l’abitato di Chiaulis, e dalla cui cima si ammira lo splendido panorama della valle del But che confluisce in quella del Tagliamento, sia nascosto qualche cosa; è a questo punto che la dottoressa Gloria Vannacci della Società friulana di archeologia, comincia a guardarsi in giro.Esaminando quella che è la storia antica riferita a questa zona, tenendo conto della presenza ai piedi del colle di una piccola mainetta collocata sull’incrocio fra quattro importanti vie di comunicazione del passato (Val d’Arzino, valle del Tagliamento, Julium Carnicum e la pianura friulana) e dei ritrovamenti effettuati in altre località della Carnia centrale, tutto porta a pensare che lì sopra possa trovarsi un altro pezzo di quell’enorme puzzle che è la storia antica della nostra regione.
Sulla base di queste “intuizioni”, nel 1989 e nel 1990 la dottoressa Vannacci conduce le prime due campagne di scavi, interamente finanziate dal Comune di Verzegnis (ente concessionario dello scavo), che portano alla luce la parte più superficiale dei muri portanti di una torre, fatti risalire a un’epoca tardo-romana, ma ben altre sorprese avrebbero riservato il territorio circostante al mastio e le sue fondamenta.
Per circa dieci anni le ricerche sono sospese e la zona rimane alla mercé degli appassionati che, armati di metal detector, individuano vari oggetti che permettono di formulare nuove teorie sull’importanza del colle anche in età pre-romana; si tratta di un ripostiglio di bronzi dell’XI-X sec. a.C., di una laminetta bronzea votiva e di un coltello di ferro con iscrizioni venetiche (elementi tipici dei luoghi di culto della seconda età del ferro), di due armille in bronzo (VI-V sec. a.C.), di un paraguance di elmo celtico (III sec. a.C.), e poi varie fibule, coltelli, monete celtiche, ecc.
Le ricerche, riprese nell’autunno del 2000, sempre grazie al finanziamento del Comune, hanno permesso di individuare nuovi particolari sulla storia della torre collocata sulla sommità del colle. Durante lo scavo all’interno dell’edificio (vedi foto), si è trovato uno strato combusto dovuto all’incendio che ha distrutto le strutture lignee provocando il conseguente crollo dei muri. Dallo strato sono stati prelevati resti di cariossidi di panico (specie di graminacea con un alto contenuto di lipidi) che, sottoposti all’esame col carbonio 14, hanno permesso di datare l’incendio tra il 1150 e il 1270 d.C.
Sempre nello stesso periodo si è tentata, con ottimi risultati, un’esplorazione della cinta muraria ai bordi del pianoro collocato sotto il versante meridionale della torre. Sulla base del ritrovamento di una fibula celtica del II sec a.C., è credibile che la cinta in pietra abbia subito una ristrutturazione nell’età del bronzo finale.
Tra il 13 agosto e il 4 settembre 2001 si è svolta la quarta campagna di scavi all’interno del “Progetto Celti-Provincia di Udine” per conto della Comunità montana della Carnia. I lavori sono stati coordinati sul campo dal dottor Luca Villa e si sono avvalsi dell’indispensabile partecipazione di studenti e laureati delle università di Udine e Milano e di volontari della Società Friulana di Archeologia.
“L’obiettivo che ci si era posti – racconta la dottoressa Vannacci – era quello di approfondire le potenzialità della stratificazione archeologica all’interno della cinta muraria, e infatti sono stati raccolti dati estremamente interessanti per la più antica storia del colle”.Nell’ambiente di età romana adiacente alla cinta in pietra, sono state individuate due strutture murarie che vi si appoggiano, e una soglia di accesso formata da tre grosse pietre finemente lavorate costituite da un conglomerato molto fine e compatto. Vicino alla soglia sono state inoltre rinvenute monete e ceramica che ipotizzano la ristrutturazione di un ambiente preesistente in età tardo- romana. Soltanto con ulteriori studi e ricerche si potranno individuare gli strati più antichi di questa struttura e la sua funzione all’interno dell’insediamento. Ricordiamo che, sulla base dei ritrovamenti e della posizione, l’edificio non soltanto era adibito a funzioni militari e religiose, ma era abitato anche da donne, vista la presenza di un pettine per cardare la lana, di un porta-profumi in vetro e di una macina.
Fin dall’anno scorso il raggio esplorativo era stato ampliato lungo la cinta muraria individuata per un centinaio di metri, e durante gli ultimi scavi è emerso anche un livello adagiato sulla roccia naturale di base e collocato sotto il piano di posa della recinzione, accompagnato da numerosi frammenti di una ceramica a impasto grossolano di colore bruno e spesso ornati con decorazioni plastiche inquadrabili anch’essi tra l’XI e il X secolo a.C. Mentre all’interno della cinta muraria il materiale trovato (recipienti da trasporto e da cucina, molta ceramica, anfore di produzione adriatico-padana, olle, ciotole, eccetera) è ascrivibile tra l’età tardo-repubblicana e i primi decenni dell’impero romano (X sec. d.C.).
Ma ciò che ha destato più emozione e stupore è stato il ritrovamento in una fossa costituita da uno strato di limo nocciola con pietre e ciottoli, di quattro reperti in selce scheggiata di età eneolitica (terzo millennio a.C.). Si tratta di una lama di pugnale ogivale a foglia di lauro, in selce di colore grigio-nocciola; di una punta di freccia a forma di amigdala, in selce di colore rosato; due punte di freccia a tranciante trasversale, in selce rispettivamente di colore grigio e grigio nocciola. Questo tipo di oggetti normalmente forma il corredo per le sepolture degli inumati nell’età del rame, ma finora in questo luogo sono stati ritrovati soltanto resti ossei di animali, avanzi di pasti.
Le ricerche riprenderanno il prossimo anno ed è prevista anche l’acquisizione da parte del Comune di Verzegnis di tutta l’area del colle allo scopo di favorire i lavori e la creazione di un vero e proprio parco archeologico accessibile a tutti (già adesso è possibile giungere fino a circa un centinaio di metri dagli scavi percorrendo una strada asfaltata).
“Non ci limiteremo – afferma la dottoressa Lunazzi – a mettere in luce le fasi più antiche dell’ambiente di età romana adiacente alla cinta, e il momento della ristrutturazione di quest’ultima, ma faremo luce anche su questo nuovo aspetto della vita preistorica a Verzegnis, rappresentato dall’inatteso ritrovamento dell’armamento di un cacciatore eneolitico, fatto eccezionale perché avvenuto per la prima volta in Friuli, nel corso di uno scavo stratigrafico”.
Fonte: Il Friuli 28/11/03
Autore: Simona De Stefano
Cronologia: Protostoria